Makaya McCraven Quartet – Milano – 11 novembre 2017

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Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 - foto Francesco Spezia
Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 - foto Francesco Spezia

Makaya McCraven Quartet – Biko, Milano – 11 novembre 2017

Come è ben noto esser figli d’arte non è garanzia di talento innato – anzi, spesso è più un’eredità scomoda – ma Makaya McCraven potrebbe essere un esempio emblematico del buon DNA creativo ereditato dal padre Stephen McCraven, batterista che a venti anni debuttò con Archie Shepp, e dalla madre folk singer.

Nel 2015 il suo album di debutto «In The Moment» attirò subito l’attenzione per l’originalità della concezione musicale, e significativamente entrò in molte delle classifiche jazz internazionali.

Proveniente da Chicago e in Europa per un tour, a pochissimi giorni dall’uscita del nuovo album «Highly Rare», McCraven approda a Milano con il suo collaudato quartetto composto da Ben Lamar Gay tromba, voce e synth,  Greg Ward al sax contralto, synth e voce e Junius Paul al basso.

Ben Lamar Gay - Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 - foto Francesco Spezia
Ben Lamar Gay – Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 – foto Francesco Spezia
Greg Ward - Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 - foto Francesco Spezia
Greg Ward – Makaya McCraven Quartet, JazzMi 2017 – foto Francesco Spezia

Il Biko ha un’atmosfera cosmopolita e un pubblico giovane giusti perché l’ambiente si surriscaldi fin dalle prime battute del concerto, e noi da un tavolino a poco più un metro dalla batteria e con un bicchiere di vino rosso ci riscaldiamo altrettanto velocemente.

Mc Craven, come testimoniano le sue collaborazioni con il chitarrista Jeff Parker e il trombettista Marquis Hill, è un batterista muscolare, inarrestabile e ineffabile che con tempi velocissimi e frasi circolari costruisce una trama densa seppur flessibile, stratificata e riprodotta in loop con un sampler.

Junius Paul e Makaya McCraven, JazzMi 2017
Junius Paul e Makaya McCraven, JazzMi 2017 – foto Monica Carretta

Il brano d’apertura, Above & Beyond, ci indica subito come la sezione ritmica sarà il cuore pulsante dell’abbondante ora e mezza del concerto. Si è avvolti da molte suggestioni, somma risultante dell’ibridazione tra hip-hop, groove, sperimentazioni e improvvisazioni, accenni di musiche tradizionali, lo spirito libero e gioioso dell’Art Ensemble Of Chicago, l’uso delle voci amplificate, distorte e sovrapposte, ritmi danzanti che impediscono di restare fermi: questa forte miscela è un’autentica espressione della Chicago underground.

Makaya McCraven ha una naturale capacità comunicativa, e coinvolge il pubblico con frasi assai significative riguardo al viaggio che stiamo percorrendo assieme, giorno per giorno, in questo crazy world.

Durante il concerto verranno proposti altri brani nuovi come R.F.J III o brani dell’album precedente come Three Fifth A Man, ma non manca la riproposta di There Comes A Time, storico brano di Tony Williams che Makaya dedica appunto al suo mentore.

La front line tromba-sassofono alterna assorti silenzi a contributi di forte impatto espressivo e alle voci che amplificano l’intensità emotiva.

Il bis rende omaggio a McCraven padre: è Song Of The Forest Boogaraboo tratto dall’omonimo album registrato con Archie Shepp nel 1995, e suggella un concerto profondamente radicato nella storia ma con un respiro libero e contemporaneo che, decontestualizzandola, sa ricostruirla rinnovata.

Nei saluti finali McCraven ringrazia il pubblico per la splendida e potente connessione che si è creata, e noi rimaniamo beatamente connessi anche sulla via del ritorno.

Testo e video di Monica Carretta

 

 

Makaya McCraven, JazzMi 2017
Makaya McCraven, JazzMi 2017 – foto Monica Carretta