La parola alle associazioni: intervista a Pino Ninfa e Luciano Rossetti

Prosegue la serie di interviste con i responsabili delle diverse associazioni che in Italia radunano buona parte degli operatori d'ambito jazzistico. Oggi parliamo con i responsabili dell'AFIJ, associazione fotografi italiani di jazz.

10974

Come e quando è nata l’Associazione Fotografi Italiani di Jazz?
L.R. AFIJ è nata a Bergamo davanti al notaio l’8 febbraio 2019.Dodici i soci fondatori: Giuseppe Arcamone, Antonio Baiano, Giuseppe Cardoni, Riccardo Crimi, Luca d’Agostino, Umberto Germinale, Pino Ninfa, Andrea Palmucci, Luciano Rossetti, Andrea Rotili, Domenico Scali, Paolo Soriani.Fin dall’estate 2017, sollecitati da alcuni dei responsabili delle altre Associazioni del mondo del Jazz che già esistevano ed erano entrate a far parte della Federazione del Jazz nata nel 2018, in particolar modo da Corrado Beldì di I-Jazz, io e un gruppo di fotografi avevamo cominciato a discutere per gettare le basi per la costituzione dell’Associazione Fotografi.

Quali sono gli obiettivi che si propone?
L.R. Alla costituzione dell’associazione ci siamo dati un Codice Etico prendendo spunto dal Codice Etico che si erano dati i Fotografi Francesi di Jazz tempo fa. Codice Etico che ogni nuovo fotografo che chiede di entrare in Associazione deve condividere e sottoscrivere. La filosofia che il Codice Etico sottende è: “… ridare dignità alla figura professionale del fotografo di jazz …”, questo perché siamo fortemente convinti che questo riconoscimento professionale sia andato scemando negli ultimi anni, per tanti motivi. Noi siamo convinti che tanti fotografi sappiano muoversi oltre che in modo professionale, con capacità progettuali che vanno oltre il semplice clic sottopalco. Cosa importante: il Codice Etico non fa distinzione tra fotografi professionisti e amatori, ma si rivolge ai fotografi che lavorano in modo professionale e rispettoso nei confronti di tutti gli attori che fanno parte del mondo del jazz, non ultimo il pubblico.

Luciano Rossetti.
Foto Luca A. d’Agostino /Phocus Agency © 2017

Quanti sono gli iscritti?
L.R. In questo momento siamo trenta soci, che coprono quasi tutte le regioni d’Italia.

Chi sono gli altri membri del consiglio direttivo?
L.R. Il consiglio direttivo è composto da: Pino Ninfa, presidente; Maurizio Magnetta, vice presidente; Luca d’Agostino, tesoriere; Luciano Rossetti, segretario, Matteo Pantalone, consigliere.

Quali attività ha fino ad ora svolto?
P.N. Nel 2019 un concorso per giovani fotografi in ambito jazz, con in palio una borsa di studio per il miglior lavoro e una mostra dei migliori lavori presentati al Blue Note a Milano, rimandata pochi giorni prima dell’inaugurazione causa Covid. La riprenderemo in futuro. A L’Aquila, una mostra sul festival Il Jazz Italiano per le Terre del Sisma, commissionando reportage nella stessa sede ad alcuni fotografi. Una mostra collettiva soci AFIJ sull’identità musicale a Trapani Fotografia e nella stessa sede una del nostro socio Rotili che grazie ad AFIJ ha esposto il suo lavoro sul Festival Jazz di Tunisi. Così cerchiamo di promuovere anche i singoli soli soci con lavori interessanti. Nel 2020, invece, al Photofestival di Milano abbiamo realizzato una mostra particolare dal titolo: Jazz, l’energia del sorriso e dell’amicizia che girerà poi per l’Italia. La mostra è esposta alla Galleria Civica di Monza insieme ad un lavoro realizzato dall’Accademia della Scala sulle loro attività,. Fra queste un mio corso all’Accademia ha dato il suo contributo per la loro mostra. Questo a testimoniare che la musica non ha confini di generi e stili. Abbiamo in programma altri progetti e borse di studio per sviluppare meglio il ruolo della fotografia in ambito musicale.

Quali sono i prossimi impegni in programma?
P.N. Fare girare la nostra mostra in sedi importanti e prestigiose con cui siamo in contatto. Riprendere la borsa di studio per giovani fotografi. Organizzare incontri sul valore della fotografia.

Come si colloca all’interno della Federazione Nazionale Il Jazz Italiano?
P.N. Interagiamo con le altre associazioni, con alcune è più semplice con altre meno.

Cito attingendo dal vostro codice etico: «Questa Associazione si sente di dover chiedere come primo punto il rispetto del proprio ruolo e della propria dignità lavorativa». Ritenete che la vostra figura professionale venga non rispettata?
P.N. Non è solo una mancanza di rispetto. È un problema culturale. Da una parte il fotografo troppo spesso è concentrato sul fornire una foto e basta che sia sul proprio sito, per un festival o altro. Dall’altra le possibili committenze interagiscono con noi con le stesse modalità. Non si è creato un asse virtuoso in cui al fotografo venga riconosciuto un ruolo professionale e lavorativo. Ti immagini se tutti i musicisti ai festival suonassero gratis? Di cosa vivrebbero?

Pino Ninfa

Quali sono le vostre proposte per poter cambiare lo stato delle cose e, quindi, ottenere il rispetto del vostro ruolo?
P.N. Che si inizi a riconoscere la professionalità di un fotografo, così come un musicista non suona gratis perché deve farlo un fotografo?  E poi, manca la sistematicità di poter lavorare su un progetto anziché sulla singola foto.

Ci sono rapporti tra l’AIFJ e le altre associazioni di categoria (non solo di ambito jazzistico)?
P.N. Ci sono rapporti che ci hanno portati a fare mostre all’interno di festival fotografici e non solo musicali, uscendo dal solito percorso legato alla musica e offrendo ai nostri iscritti la possibilità di confrontarsi con altri generi fotografici senza rimanere all’interno del contesto legato al jazz. La fotografia è anche un modo per crescere sia come fotografi che come persone. Dirò una cosa che non piacerà: Il jazz non è solo musica, è anche tutto quello che gli ruota intorno e che spesso insieme alla musica lo fa diventare speciale”.

C’è qualche intervento di tipo legislativo che avete intenzione di proporre per migliorare lo stato delle cose, anche in merito al diritto d’autore, per esempio?
P.N. Che dire. La fotografia a livello mondiale è in crisi, alcune grandi agenzie hanno chiuso e altre resistono con mille difficoltà. Il diritto di autore è calpestato in ogni dove incluso la musica. Per quanto ci riguarda, quando ci troviamo in casi acclamati di frode sull’uso dell’immagine, di solito basta una lettera di un buon avvocato sui diritti di immagine e la cosa si sistema in un attimo. Se pensi che gli artisti rock spesso usano le foto dei fans per la loro pubblicità, abbiamo detto tutto. Dovremmo poi aprire un capitolo importante sul diritto di autore esercitato dal professionista che paga le tasse e che sta dentro una categoria ben precisa e fra chi si trova nel vedere una sua foto usata senza permesso. Di solito questi ultimi non ricorrono all’avvocato così chi usa le foto immagino senza malafede per essere buoni, continua a farlo.

Sempre attingendo dal vostro codice etico: «Il socio si astiene dal concedere la pubblicazione gratuita su testate cartacee e cerca di ridurre al minimo la cessione gratuita delle fotografie per il web». Ritenete il mercato della gratuità particolarmente nocivo per la vostra attività?
P.N. La gratuità non aiuta a sviluppare nulla. Molti amatori che inizialmente regalano le foto poi vorrebbero essere pagati ma a quel punto scoprono che chi le aveva avute gratis, piuttosto che riconoscere loro un compenso cerca un altro amatore che le fornisca gratis. Poi ci sono casi paradossali come un fotografo che a L’Aquila quest’anno ci offrì i suoi servizi gratuiti per internet, giornali ecc. e quando noi come AFIJ gli abbiamo risposto che non ci sembrava giusto lavorare gratis, lui rispose che faceva fare delle donazioni ai festival per cui lavorava. Gli abbiamo chiesto di mandarci quali erano le associazioni che aveva aiutato col suo lavoro? Non ci ha più risposto. Questa è l’Italia in ambito fotografi legati al jazz ma non solo che girano per Festival, spero che AFIJ possa aiutare a creare percorsi virtuosi, aiutare giovani che studiano fotografia e investono economie per questo.

Come sono i vostri rapporti con gli organizzatori dei concerti?
P.N. Sono buoni, la nostra idea è di non creare conflitti ma aperture al dialogo.

Vi ponete anche degli obiettivi economici finalizzati a migliorare le condizioni della categoria?
P.N. Vale quello che ho detto prima in parte. Posso aggiungere che ci piace parlare di futuro sia legato ai giovani che a chi fa il fotografo da anni. Riconoscere il nostro ruolo potrebbe essere il punto di partenza per iniziare a parlare di economie.

Quali sono i vostri rapporti con le istituzioni statali?
P.N. Per adesso li tiene la Federazione del Jazz all’interno della quale poi le varie associazioni incluso la nostra portano idee e progetti.
Alceste Ayroldi