
Un gran ritorno in città, quello di Jeff Parker, che nel 2005 avevamo visto con Joshua Redman e nel 2014 con Joey Di Francesco. Il compositore e polistrumentista presenta infatti a Milano il suo ultimo disco, «Suite for Max Brown», una dedica alla madre che giunge al cuore nonché l’ennesimo bel colpo per l’etichetta International Anthem.
Ad accompagnarlo, un’eccezionale combinazione di musicisti: Paul Bryan al basso, che con Parker ha co-prodotto il disco, Jamire Williams alla batteria e Joshua Johnson a sax e piano elettrico.

Il musicista è seduto, imbracciando la sua Gibson ES-335 come fosse una naturale estensione delle sue braccia e, circondato dagli effetti che distinguono il suo stile, sembra godersi con i compagni la serata. E tutto questo lo si avverte, perché il live, intimo ed ipnotico, si lascia gustare dall’inizio alla fine.

È con Executive Life che si dà inizio alla serata. Tratto da «The New Breed», il precedente lavoro del chitarrista, appare come una perfetta introduzione al lungo viaggio in cui Parker ci vorrà trasportare. L’incanto è immediato e senza compromessi.
A questa è legata la breve Para Ha Tay, che funge anche da ponte alla successiva Here Comes Ezra, dal fascino mozzafiato. L’artista saluta il caloroso pubblico al microfono, introducendo i musicisti ed i brani e la successiva Visions, scritta negli anni Sessanta dal vibrafonista Bobby Hutcherson, «uno dei miei musicisti preferiti», precisa lui.



Intervallato da Jrifted, Cliché e Get Dressed, ancora dal precedente album, il blocco successivo è quasi completamente dedicato a Suite for Max Brown: la fortuna di vedere eseguito dal vivo un disco appena uscito, oltretutto di alto livello, è impagabile. Come gli spettatori, che osservo con curiosa attenzione: occhi e orecchi incollati al palco. Una connessione sensoriale e partecipata che restituisce alla musica la cura di cui essa necessita. La scaletta è proposta quasi per intero, passando da Go Away a Metamorphoses a Max Brown, 3 For L, Build A Nest, Fusion Swirl, Lydian Etc, Del Rio.


L’atmosfera è intrisa di colori e textures, l’ascolto è fluido e malleabile, è possibile spostare il focus in molteplici direzioni, punto di forza del chitarrista e della sua singolare impronta. Il suo jazz è naturalmente fuso con elementi di hip-hop, r&b ed elettronica tra samples e beats ad amplificare la potenza del generoso live set. Quando tradizione e sperimentazione sono trattate con tale maestria, il segno lasciato su di noi è evidente e duraturo.

Soukizy