Voci femminili, tra etno-jazz, mainstream e il ritorno del cool

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Voci femminili - Mina Agossi «UrbAfrika»

Mina Agossi «UrbAfrika» Jazz Family, distr. IRD

La palma d’oro per l’originalità spetta a Mina Agossi. All’undicesimo disco la vulcanica cantante franco-beninese (apprezzata da Archie Shepp e reduce dalla collaborazione con Ahmad Jamal per l’album «Marseille») celebra, attraverso una manciata di brani originali, il patrimonio della propria terra di origine. «UrbAfrika» si muove tra avanguardia (sia pure moderata) e tradizione etnica, ritmi urbani e pulsazioni del Continente Nero, raffinate citazioni europee e fremiti caraibici. Cantato per metà in inglese e per metà in francese, il disco è impreziosito da tre pezzi in cui compare – anche in veste di vocalist – Paco Séry, il percussionista ivoriano già complice di Manu Dibango e Joe Zawinul. Un progetto ricco di idee e di energia positiva.

Voci femminili - Sarah McKenzie «Paris In The Rain»

Sarah McKenzie «Paris In The Rain» Impulse, distr. Universal

Preferite godervi l’insostenibile leggerezza dell’essere? Allora «Paris in the Rain» di Sarah McKenzie è il disco che fa per voi. Ideale per una cena tra amici, swingante quanto basta e rétro come va di moda di questi tempi. Ben prodotto e suonato (ci sono, tra gli altri, Ralph Moore al sax tenore, Mark Whitfield e Romero Lubambo allle chitarre e Greg Hutchinson alla batteria), il secondo lavoro dell’eterea pianista e vocalist australiana naviga tra evergreens (Tea For Two ripresa su tempo medio-veloce, Triste di Jobim molto anni Sessanta) e canzoni composte da lei. E il pensiero corre a Diana Krall e a Stacey Kent. Anche se la fanciulla – pur essendo giovane, carina e sosfisticata – deve farne ancora di strada per arrivare al loro livello.

Allegra Levy «Cities Between Us»

Allegra Levy «Cities Between Us» SteepleChase, distr. IRD

Meno glamour e à la page della McKenzie, ma forse più di sostanza, è Allegra Levy. Accompagnata da un quintetto rodato e solido, in cui spicca la batteria di Billy Drummond, il secondo progetto solista della cantante del Connecticut – che oggi vive a New York – ne mette in luce l’indole cool e il timbro fumoso, un po’ alla Chris Connor. E questo sia quando si cimenta con gli standard (Yesterdays, Soy Califa di Dexter Gordon per cui lei stessa ha scritto il testo) sia quando propone brani suoi. Un’artista seria e autorevole, da seguire.

Voci femminili - Patrice Williamson & Jon Wheatley «Comes Love»

Patrice Williamson & Jon Wheatley «Comes Love» River Lily, riverlily.com

Voci femminili - Polly Gibbons «Is It Me…?»

Polly Gibbons «Is It Me…?» Resonance, distr. IRD

E se l’americana Patrice Williamson da Watertown, Massachusetts, rende un garbato omaggio in coppia col chitarrista Jon Wheatley agli storici duetti tra Ella Fitzgerald e Joe Pass, l’inglese Polly Gibbons sceglie un approccio diverso. Al secondo album dopo «My Own Company» del 2014 e ben sostenuta dalla sua orchestra, la cantante (molto amata da Van Morrison e Joss Stone) mescola Swing e pop, r&b e soul. Stile tosto e grintoso, Polly si destreggia bene tra le proprie composizioni e gli standard (Basin Street Blues e Wild Is The Wind, logico omaggio a Nina Simone). In scaletta trova posto anche la ripresa di Dr. Feelgood, superclassico di Aretha Franklin, senza dubbio uno dei punti di riferimento artistici della Gibbons.

Franchi

[da Musica Jazz, novembre 2017]