Marco Valente: con Auand amo il rischio

Il fondatore della etichetta discografica Auand traccia un bilancio di quindici anni di attività ( e sette vittorie nel Top Jazz!).

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marco valente Auand
Marco Valente - foto Roberto Cifarelli

E’ la settima volta che un musicista di Auand vince il Top Jazz. Qual è il tuo segreto?
Un risultato eccezionale in soli quindici anni di storia. Nessun segreto e nessuna ricetta particolare. Deriva dalla mia curiosità, dal prediligere il rischio per le cose nuove alla comodità del già sentito, dalla voglia di ascoltare e curiosare e di cercare di dare una mano concreta ai ragazzi meritevoli di attenzione.

In base alla tua esperienza, quanto incide in termini di visibilità per un musicista vincere il Top Jazz?
Riguardando la lista dei vincitori possiamo facilmente trovare chi ne ha tratto vantaggio e chi non è riuscito ad approfittarne. Penso che dipenda dalla personalità del singolo musicista, non solo dalle sue qualità artistiche. Il Top Jazz è (e deve rimanere) un’indicazione per appassionati e addetti ai lavori. Sarà la storia a dirci cosa ha un valore assoluto.

Come hai conosciuto Vignato?
Filippo faceva parte di MOF, un quintetto con base a Ferrara e nato tra studenti di quel conservatorio, che nel 2013 ha pubblicato «Fried Generation» per Auand. I brani erano scritti da lui, da Frank Martino (il cui nuovo lavoro, «Revert», è stato pubblicato lo scorso novembre) e Stefano Dallaporta. Poi, nel 2015, lo abbiamo coinvolto negli Auanders (un collettivo modulare sorto dalle ceneri di A10A10, a sua volta nato in occasione di «Auand Meets NYC» nel 2011). Ha partecipato alla data di Catania e, in quella circostanza, abbiamo avuto modo di apprezzare ancora di più le sue qualità artistiche e umane. Dopo l’esperienza con MOF Filippo ha avuto modo di studiare all’estero e incontrare musicisti di diverse estrazioni.

Plastic Breath Filippo Vignato
La copertina dell’album di Filippo Vignato Plastic Breath

Dopo Napster, altri siti peer2peer, free download, oggi fare un disco assume un significato diverso?
Auand ha solo quindici anni di vita e mi sembra che sia cambiato molto. Questo non mi scoraggia ma mi costringe a ripensare sempre tutto per evitare di assopire i riflessi. Non è certamente un momento facile, questo è evidente. Dobbiamo (tutti assieme) essere bravi a trovare un sistema che possa avere un proprio equilibrio. Senza di esso rischiamo che i musicisti creativi smettano di produrre e fare ricerca. E questo mondo non può permetterselo! Ha sempre bisogno di nuova e bella musica.

Quanto costa fare un disco oggi?
Oggi può costare da zero a centomila euro. La tecnologia ci mette a disposizione strumenti per fare un disco in casa, se si ha voglia di smanettare e far funzionare le orecchie. Così come ha indubbiamente fascino andare nel migliore degli studi, con le migliori strumentazioni. Il problema è che oggi non è più possibile rientrare in quel tipo di costi, almeno non nel nostro settore di nicchia, soprattutto se si investe solo sui giovani.

In relazione alle vendite, la tendenza è positiva o negativa?
Le vendite nei negozi sono scarse. Del digitale non parliamo neanche. Ancora si vende qualcosa ai concerti.

Dagli albori di Auand cosa è cambiato nella tua filosofia editoriale?
Credo sia cambiata la musica, ma è normale visto che sono cambiati i tempi. Ed è cambiato tanto altro, ma non la filosofia di base.

Per il tuo attento orecchio musicale, che cosa c’è di buono in giro?
Sono fermamente convinto che stiamo vivendo uno dei momenti più interessanti per la nostra scena. Le nuove generazioni sono assai preparate e creative. Il livello tecnico è altissimo e le proposte sono molto interessanti. C’è tanto di buono, ma anche tanta confusione nella comunicazione. L’ascoltatore medio viene bombardato da troppa informazione e si perde facilmente. Per certi versi è meglio così: questo sistema costringe l’utente a informarsi più a fondo. Il problema è che informarsi ha un costo elevato, di tempo. Bisogna essere estremamente curiosi per «cercare». E va a finire che spesso vince chi comunica di più.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ogni tanto mi metto nei guai da solo. La prossima follia sarà Auand Days, una residenza artistica di una settimana a Bisceglie, dove ha sede Auand. Un manipolo di creativi radunati nello stesso posto per una settimana a mangiare (bene), dormire, creare, discutere, suonare. Non sarà una passeggiata ma è certamente un modo per «fare» anziché aspettare.

Alceste Ayroldi