Frank Martino: Level 2 Chaotic Swing

di Alceste Ayroldi

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Frank Martino (foto di Silvana Soffia)
Frank Martino (foto di Silvana Soffia)

«L’impatto che la musica contemporanea avrà sul futuro è molto difficile da valutare, e il rischio di farsi un’opinione sbagliata è altissimo; il rifugio forzato tra i giganti del passato, per quanto normale e appagante, è spesso una scelta troppo comoda.» (Frank Martino)

Frank, partirei da qualche dato anagrafico. Dove sei nato e dove vivi ora?
Sono nato a Messina ma adesso vivo a Vicenza.

Un’altra domanda a bruciapelo: ti senti un jazzista?
Il jazz è la musica che ho approfondito e studiato per più tempo; nella sua essenza contiene una visione rivoluzionaria e spinge a ricercare un legame viscerale con il proprio strumento, che difficilmente si raggiunge in altri modi. Dunque si, mi sento un jazzista anche se potrebbe non sembrare, ma è solo una fase.

Qual è la tua formazione culturale e musicale?
Ho iniziato a suonare chitarra rock-progressive durante il liceo, poi, dopo una «breve» parentesi di studi di medicina ho deciso di dedicarmi allo studio dello strumento iscrivendomi al conservatorio di Ferrara, dipartimento di jazz. Da sempre sono stato attratto da qualsiasi cultura musicale e dalla possibile mescolanza di idee e stilemi distanti spesso, in apparenza, contrastanti.

L’elettronica è per te un elemento fondamentale, tanto quanto la tua chitarra?
Sono arrivato tardi all’utilizzo di laptop e sintetizzatori e ho passato un lungo periodo a studiarli, volutamente da autodidatta, mettendo un po’ da parte la chitarra. Oggi ricoprono un ruolo complementare alla chitarra e permettono di esprimere una parte di me che diversamente non avrebbe voce. L’influenza dell’elettronica non ha a che vedere necessariamente con l’uso di effetti o synth, ma è molto radicata ed emerge anche nella modalità di scrittura o improvvisazione. Ultimamente tendo a dividere molto i due ambiti, concentrando la musica elettronica in un progetto specifico che si chiama Ylyne e spingendo invece maggiormente verso il jazz il mio gruppo.

Frank Martino (foto di Fabio Marcoleoni)
Frank Martino (foto di Fabio Marcoleoni)

Parliamo del tuo ultimo lavoro discografico «Level 2 Chaotic Swing», e iniziamo dal titolo. Ce ne spiegheresti il significato?
Il titolo è ispirato dal concetto di livello dei sistemi caotici, spiegato da Y.N. Harari nel suo libro Sapiens. A grandi linee, quello di primo livello è un sistema caotico che non viene influenzato dalle previsioni, dunque più facile da prevedere. Per esempio, il meteo può essere previsto con grande precisione, anche perché esso procede nella sua direzione a prescindere dalla nostra previsione, di cui non può essere al corrente e alla quale non risponde. Quello di secondo livello è invece un sistema che reagisce alle previsioni: se un politico prevede una rivolta popolare può prevenirla cambiando strategia, evitando il verificarsi della rivolta. La musica, in particolare quella basata sull’improvvisazione, segue la legge del sistema caotico di secondo livello, in quanto ogni previsione o aspettativa può modificarne sensibilmente la direzione compositiva e esecutiva. Ironicamente, ho sostituito la parola System con Swing, che rimanda alla musica da ballo e al jazz, dunque «Level 2 Chaotic Swing». Tutto questo per dire che se le prove col gruppo vanno bene, si generano delle aspettative molto alte per il concerto, che possono causare tensione e degenerare in una distastrosa esibizione dal vivo. Adesso abbiamo una spiegazione scientifica per i vari: «Scusate, ma alle prove ci veniva sempre bene…»!

D’altro canto, meriterebbe una spiegazione anche il nome del gruppo: Frank Martino Disorgan Trio. È vero che non c’è l’organo, ma era proprio necessario sottolinearlo?
L’organ trio (chitarra, Hammond e batteria) è una delle formazioni jazz classiche che preferisco e originariamente avevo contattato i ragazzi per costituirne uno. Poi abbiamo deciso di fare tutt’altro, ma in realtà il concetto è identico: il basso synth ha sostituito i bassi dell’organo, mentre il piano Fender Rhodes ne ricopre il ruolo armonico e melodico. Il prefisso dis- indica alterazione o malfunzionamento, quindi quale migliore occasione per inserirlo?

Il groove che utilizzi è ipnotico, hip-hop…
In generale l’andamento ritmico è il centro della mia scrittura musicale, dunque la batteria ha, nel suono e nello stile, un ruolo cruciale. Per quanto il concetto di base sia di stampo jazzistico, soprattutto nelle poliritmie e polimetrie, l’influenza della musica elettronica e della moderna black music (rap, hip-hop, trap eccetera) mi porta spesso a pensare in moduli ripetitivi e ciclici.

Disorgan Trio
Frank Martino Disorgan Trio

Sette brani con anche la tua firma e Waltz For Debby di Bill Evans. Perché hai scelto proprio questo brano come standard?
Ho lavorato molto su quel brano ai tempi del osservatorio e avevo scritto questo arrangiamento anni fa, senza mai registrarlo. Ho concesso all’improvvisazione solo un’intro di piano/elettronica e una breve coda; poi, ci siamo concentrati sull’aspetto melodico e compositivo del pezzo. Non è stato facile confrontarsi con materiale del genere, ma il risultato finale credo si integri bene all’interno del suono del disco.

Poi, troviamo la bella Magnificent Stumble v2 di Aaron Funk, alias Venetian Snares, che appartiene al vocabolario musicale della Synthesizer Music. Premesso che ritengo le barriere di genere musicale un pretesto meramente linguistico, qual è la tua idea in merito?
Magnificent Stumble è uscita qualche anno fa e il disco da cui è tratta mi ha ispirato tantissimo; ho trascritto il brano interamente e adattato le parti sintetiche all’organico del trio. Credo che la possibilità di accedere alle informazioni in modo quasi illimitato, anche se dispersivo, sia una grandissima opportunità che la società di oggi concede. Come musicista nel 2019 sento quasi il «dovere» di offrire, a chi mi ascolta, una sintesi che tenga conto non solo di quanto ci ha preceduto ma anche di ciò che sta attualmente avvenendo. L’impatto che la musica contemporanea avrà sul futuro è molto difficile da valutare, e il rischio di farsi un’opinione sbagliata è altissimo; al contempo, ritengo che il rifugio forzato tra i giganti del passato, per quanto normale e appagante, sia spesso una scelta troppo comoda.

Frank Martino (foto di Massimo Russo)
Frank Martino (foto di Massimo Russo)

See Double ci proietta in un universo algido, ambient, dolcemente inquieto. Si distacca dal resto dei brani dell’album. Qual è la storia di questo brano?
Credo di averlo scritto nell’estate del 2017; da pochi mesi ero diventato padre e la dolce inquietudine penso fosse dovuta al fatto che avessimo avuto due gemelline. È stata un’estate algida.

Psychosamba, invece, mi ha ricordato la prosa di uno scrittore come Irvine Welsh. Potrei sbagliarmi, ma in alcuni brani mi sembra che ci sia più uno scrittore di riferimento, che un musicista. Mi sbaglio?
Per quanto non sia Welsh un mio riferimento, sicuramente non ti sbagli e, come si vede dal titolo del disco, le letture mi influenzano parecchio, però il processo non è quasi mai consapevole.

Rispetto al tuo precedente disco, hai cambiato completamente la formazione. Vorresti parlarci del come e perché hai scelto Claudio Vignali e Niccolò Romanin?
Il rapporto con Claudio è cominciato in conservatorio. Abbiamo vissuto a stretto contatto per molti anni e condiviso tantissime esperienze musicali e umane; oltre alla padronanza strepitosa del piano classico e jazz, ha sviluppato un suono unico combinando Fender Rhodes e Korg MS-20. Niccolò ha una solida padronanza del linguaggio jazzistico che combina ad un altrettanto profonda conoscenza dei linguaggi della musica elettronica, schemi e incastri ritmici rielaborati da drum machines o campionatori. Musicalmente condividiamo una visione basata sull’apertura totale e il confronto continuo: quando siamo in giro è possibile sentirci discutere di Young Signorino con la stessa serietà con cui due minuti prima parlavamo della Missa Papae Marcelli di Palestrina…

YLNE (foto di Giuseppe De Francesco)
YLNE (foto di Giuseppe De Francesco)

Come compositore, a chi ti senti più vicino?
I miei riferimenti sono coloro che riescono ad esprimere le proprie esigenze arrivando al pubblico in modo libero e senza piegarsi a vincoli esterni imposti. Penso sia l’obiettivo più alto a cui possiamo mirare, in tutti gli ambiti, nei limiti delle nostre possibilità.

Tu sei stato anche l’artefice dei Mof: che fine hanno fatto?
I Mof sono stati un’esperienza umana e musicale molto importante per me, e con loro ho pubblicato il mio primo disco per Auand. I gruppi collaborativi sono spesso complicati da gestire, ma non è escluso che in futuro si possa produrre nuova musica.

E di cosa si occupa il tuo progetto Ylyne?
In Ylyne confluiscono le mie esigenze relative alla musica elettronica, dal dj set al live set di brani originali fino all’improvvisazione totale. Ho pubblicato con questo nome tre album, tra cui l’ultimo, «26», ha inaugurato la sezione elettronica del catalogo Auand, Auand Beats. Sto lavorando su un nuovo disco che dovrebbe vedere la luce entro fine 2019. Se da un lato i brani in studio sono strutturati al millimetro, dal vivo utilizzo soltanto synths e drum machines, che mi permettono di improvvisare notevolmente durante il set, dialogando tanto con la parte visiva curata da Luca Scapellato. Anche per questo mi sento un jazzista.

Frank Martino Disorgan Trio «Level 2 Chaotic Swing»
Frank Martino Disorgan Trio «Level 2 Chaotic Swing»

Quali sono i tuoi futuri progetti?
Sto attualmente lavorando sul nuovo disco del Disorgan, che dovrebbe uscire nel 2020 e sarà in quartetto: da inizio anno abbiamo aggiunto in organico Massimiliano Milesi al sax tenore, che ha spostato l’assetto in una direzione più jazzistica, pur rimanendo noi ancorati al consueto sound.

Alceste Ayroldi

[da Musica Jazz, settembre 2019]

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