Bari in Jazz: Sade Mangiaracina e Francesco Bearzatti

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Sade Mangiaracina

Bari in Jazz: Sade Mangiaracina & Francesco Bearzatti

Sade Mangiaracina, pianoforte

Francesco Bearzatti, sassofono tenore, clarinetto

Bari, auditorium La Vallisa, 6 giugno 2016

di Alceste Ayroldi

Fiato alle trombe per Bari in Jazz, edizione contrassegnata dalla direzione artistica di Luca Aquino che disegna un programma di particolare interesse e pregio, epurandolo dai soliti nomi e dal brodo riscaldato che s’ascolta un po’ in ogni dove dello Stivale. La macchina organizzativa è sempre guidata dall’associazione Abusuan e, come da tradizione, l’apertura ufficiale del festival spetta allo storico auditorium diocesano La Vallisa (un tempo chiesa della purificazione), con la sua buona percentuale di umidità acquisita dalla vicinissima zona portuale e dalle spesse mura cinquecentesche. Dopo la parentesi «Kids» del 3 giugno con la Jordanian Orchestra e quella folk con gli Ziganamana, il festival barese entra nel vivo con una novità assoluta: l’incontro artistico tra la pianista siciliana Sade Mangiaracina e il sassofonista e clarinettista Francesco Bearzatti. L’occasione è la presentazione del nuovo disco della Mangiaracina che sarà pubblicato tra un paio di mesi. Incontro al buio, perché i due musicisti non avevano mai collaborato prima d’ora, e parterre al gran completo.

La scena s’illumina della sola pianista di Castelvetrano, che da sola scompone la tradizione sicula incastonata in Ciuri Ciuri: il tema in vista viene frammentato con un incedere ritmico sfavillante, che sostiene l’energica improvvisazione tenuta a bada dal gioco ostinato della mano sinistra. Il fraseggio della Mangiaracina gioca sulle sfumature che mettono pace tra i costrutti della classica, gli imperiosi dettami del dialetto musicale siciliano e il pianismo jazz moderno che tiene a mente il migliore passato. La cantabilità dei brani ne rende ancor più appetitosa l’esecuzione: perfetta per dizione e vigoria, così come in La fuddia di Archimede, tra forte e piano, note che si scavalcano lasciando sempre respirare la vermiglia melodia. Il lirismo di My Sicily sottolinea la purezza compositiva della pianista, rimarcando anche le sue frasi dense di ponderatezza e di misura, attente alle nuances di una dedica appassionata. L’intro di Etna – omen nomen – ha quella bruma scura accentata dai registri gravi del pianoforte, con un incedere marziale e altero. Branko, Branko, Branko di George Sareski è l’unico brano fuori dal sacco personale, ma che Mangiaracina rende patrimonio personale con un’interpretazione particolarmente apprezzabile per alcune variazioni armoniche. E’ tempo di Bearzatti: il suo soffiato, vibrante e accorato, mette il sigillo a Sugnu tutta pi tia. E viaggia all’unisono nei grappoli di note legate di Ballarò, che porta con sé tutta la storia e le voci del famoso mercato di Palermo. Bearzatti forgia note di argento vivo, incantando il pubblico, che non lesina applausi alle sferzanti sortite di entrambi i musicisti. Mandorli in fiore ha il passo giusto, per dolcezza e tempi, per condurre alla fuga de La terra dei ciclopi, con i raddoppi di tempo, le sovrapposizioni i  seducenti glissando del clarinetto di Bearzatti. C’è tempo per un bis e per assimilare meglio quanto Bearzatti sia stato perfettamente a suo agio negli abiti scarlatti orditi da Sade Mangiaracina, che ha tessuto con tecnica raffinata un mantello di emozioni.

Alceste Ayroldi