Efg London Jazz Festival, 22-23 novembre 2019

di Michele Manzotti

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Efg London Jazz Festival - Art Ensemble of Chicago
Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan)

Efg London Jazz Festival: Royal Festival Hall, Union Chapel, Barbican. Londra, novembre 2019

L’approccio con l’Efg London Jazz Festival è con un nome importante. Rhiannon Giddens, cantante, banjoista e violinista di alto livello è stata indiscutibile regina della Royal Festival Hall in una serata che resterà nella memoria di molti spettatori. L’artista in concerto ha mostrato il suo talento immenso ma anche l’intelligenza di un repertorio tra folk, blues e jazz. In questo è supportata dal pianista-fisarmonicista- percussionista (autonominatosi alchimista) Francesco Turrisi, una colonna musicale imprescindibile ma anche un coprotagonista che sa ritagliarsi i suoi spazi con intelligenza. Sul palco anche il contrabbassista Jason Sypher oltre al trombettista Alphonso Horne in alcuni brani. Il programma è principalmente basato sul repertorio dell’ultimo disco There is no Other. Un viaggio attraverso le radici della musica americana tra standard e originali, sulle orme dei minstrel shows e delle origini del jazz. Ma la musica di Oltreoceano si sposa con altre culture, quella araba, quella mediterranea, quella brasiliana, quella delle isole britanniche a sua volta contaminata in America. Ten Thousand Voices apre il disco e il concerto, arrivando fino a I’m on My Way, fresca di nomina al Grammy e all’inno conclusivo He will See You Through. In mezzo c’è di tutto: dal tradizionale Wayfairing Stranger, dallo strumentale anglo-brasiliano Briggs’ Forro, alla Pizzica di San Vito in cui Giddens canta in pugliese (dicendo anche “grazie” a fine brano). Turrisi è inoltre protagonista di un assolo di tamburello (dove compare addirittura una melodia dei Queen), mentre Giddens si lancia nello standard irlandese Molly Brannigan con grande virtuosismo vocale. Pubblico in piedi a fine serata e dopo i bis. Non poteva essere altrimenti.

Francesco Turrisi e Rhiannon Giddens (foto di Wade Payne)
Francesco Turrisi e Rhiannon Giddens (foto di Wade Payne)

I concerti Daylight Music che tradizionalmente vengono ospitati alla Union Chapel ogni sabato mattina sono stati dedicati ad artisti del Efg London Jazz Festival durante i giorni della manifestazione. Musicisti giovani, ma non esordienti e alcuni di essi già con molta esperienza e dischi a proprio nome. Tre i set del 23 novembre, il primo dei quali di Rosie Frater-Taylor e dei suoi musicisti. Rosie è cantante, suona chitarra e ukulele, e la sua scrittura è un buon mix tra cantautorato e prassi jazzistica. La sua voce non punta sulla potenza quanto sul gioco tra melodia e improvvisazione, la cui linea musicale viene spesso doppiata con la chitarra. Due voci di supporto, basso e percussioni completano la sonorità di Frater-Taylor, che l’anno scorso ha inciso l’album Out of Dream e che si propone come realtà di grande interesse con la possibilità di migliorare ulteriormente. 

Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan) - Efg London Jazz Festival
Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan)

Molto diverso il lavoro del tenorista Robert Stillman che insieme al chitarrista danese Anders Holst ha dato vita a un set composto da un unico brano. Stillman ha raccontato di essere stato colpito dalla visione nitida di un arcobaleno all’uscita della metropolitana di Highbury & Islington: nessuno, visto che erano tutti chinati sullo smartphone, aveva condiviso con lui quel momento particolare. Così lo ha messo in musica scegliendo un linguaggio legato a sonorità tenui in un flusso creativo continuo evidenziato dai due strumenti.

A chiudere la mattinata è stato il compositore, arrangiatore e polistrumentista Jherek Bischoff, di base a Los Angeles. La sua tenuta rockabilly può trarre in inganno, perché Bischoff punta su sonorità orchestrali e su musiche ambient come da lui stesso detto a inizio concerto. Affiancato da un quartetto d’archi. imbracciando il basso e suonando poche note al pianoforte, Bischoff ha dato vita a un set di ottimo livello creativo, una caratteristica che lo ha portato a essere richiesto come autore di colonne sonore.

Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan)
Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan)

Il Barbican, nella stessa sera che avrebbe poi visto il concerto dell’Art Ensemble of Chicago, ha ospitato il FreeStage, ovvero appuntamenti gratuiti nell’ambito dell’intero festival. L’esibizione era dedicata al collettivo Lume con due set nello spirito del free jazz. Abbiamo ascoltato il secondo, quello dei Deemer + 1, ovvero Dee Byrne al sax alto e agli effetti, Merijn Royaards all’elettronica con il batterista Johnny Hunter come ospite. Un esempio molto efficace per scoprire le nuove frontiere del free.

Uno degli appuntamenti più attesi dell’Efg London Jazz Festival, ovvero la celebrazione dei 50 anni dell’Art Ensemble of Chicago, è stato un successo annunciato. Quattordici strumentisti hanno dato vita sul palco a un’ora e mezza consecutiva di musica, ripercorrendo l’approccio all’avanguardia e alla sperimentazione che la formazione ha sviluppato nel corso della propria attività. In questo la figura di Roscoe Mitchell è stata centrale durante tutta l’esecuzione. In mezzo alla scena Mitchell ha dato il via al concerto con un tocco di percussione, come in una sorta di rito. Ha diretto poi i musicisti, non mancando di riprenderli muovendosi verso di loro impartendo istruzioni. Spesso, nei momenti di improvvisazione, è rimasto seduto a capo chino come un professore che ascoltava gli allievi. Ovviamente è stato anche protagonista magistrale ai sax soprano e contralto, al flauto e alle piccole percussioni.

Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan) - Efg London Jazz Festival
Art Ensemble of Chicago (foto di Mark Allan)

Attorno a lui va citato innanzitutto l’altro senatore Famoudou Don Moye alla batteria e percussioni, Shabaka Hutchings ospite al sax tenore, Abel Selacoe altro ospito a violoncello e voce, la tromba di Hugh Ragin, Simon Sieger a trombone e basso tuba e l’italiana Silvia Bolognesi nella sezione dei tre contrabbassi. Il concerto è cominciato con un’unica nota all’unisono dell’orchestra sviluppando nel corso del concerto una serie continua di improvvisazioni che coinvolgevano i vari solisti o piccoli gruppi di strumenti. Generalmente veniva eseguita una breve cellula di note che si facevano sempre più numerose e veloci. Prassi che ha coinvolto tutti i musicisti per celebrare non solo un repertorio, ma una prassi esecutiva.  Nella scaletta della serata ci sono statr varie composizioni di Roscoe Mitchell come Cyp Cards, Card in the Faces of RosesThe Flow of Things e Odwalla, particolarmente festeggiata dal pubblico, ma anche Tutankhamun di Malachi Favors e brani di Donald Moye come Saturday Morning e DancerFunky Aeco ha concluso la celebrazione sul palco con un particolare tributo di consensi a Mitchell e alla storia che rappresenta ancora oggi.

Michele Manzotti