Charles Mingus e Shakespeare – If Music Be The Food Of Love

Charles Mingus sembra abbia passato tutto il tempo delle riprese a suonare in jam session fuori dal set in compagnia di Harry Beckett, Joe Harriott e Harold McNair, ingaggiati come comparse.

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In All Night Long Mingus duetta con il vibrafono di Tubby Hayes (ben più noto come tenorsassofonista).

Conoscerete senz’altro il celeberrimo servizio fotografico in cui Charles Mingus appare travestito da businessman londinese: bombetta, guanti, ombrello e un incongruo paio di occhiali scuri. Scattate nel 1963 da Bob Thiele, queste istantanee chiudono la passeggera infatuazione del contrabbassista per all things British, legata a un’improbabile sortita in terra d’Albione tra il luglio e il settembre 1961 per partecipare alle riprese del film All Night Long.

La copertina del Dvd Network di All Night Long

Si tratta di una delle imprese mingusiane meno conosciute, soprattutto dalle nostre parti, visto che il film in questione (che vanta interpreti ben noti come Richard Attenborough, all’epoca non ancora baronetto, e Patrick McGoohan, destinato poi a ottenere popolarità mondiale con la serie Tv Il prigioniero) non è mai stato distribuito in Italia, né in sala né su dvd. Ci viene in aiuto l’edizione inglese della Network (2007), che purtroppo manca di sottotitoli anche in lingua originale, a differenza della ristampa statunitense della Criterion apparsa su un cofanetto dedicato al regista Basil Dearden. Ma come era stato coinvolto Mingus in questa strana faccenda?
Basato su un soggetto del californiano Paul Jarrico (ovvero Israel Shapiro, 1915-1997), sceneggiatore a Hollywood fin dal 1938 e attivo esponente del partito comunista americano, il film si proponeva di rivisitare l’Otello di Shakespeare in chiave contemporanea, ambientandolo nel mondo del jazz. Il Moro di Venezia diventa così un pianista afroamericano, i cui sidemen sono Cassio e il batterista Iago, mentre Desdemona si esibisce come cantante. Incapace di trovare finanziatori negli Stati Uniti, anche perché da tempo nella lista nera del maccartismo, Jarrico si era rivolto a una collega (Nel King) che l’aveva messo in contatto con la Rank, casa di produzione inglese molto attiva all’epoca.
Ad accordi stipulati era stata poi la King, appassionata di jazz, a insistere con la produzione perché fosse ingaggiato Mingus. Così fu, e per coinvolgere altri nomi in grado di richiamare il pubblico fu fatto venire dagli Stati Uniti anche Dave Brubeck (che conosceva i suoi polli e volle una clausola che lo esimesse dal suonare con Mingus…), convocando allo stesso tempo noti jazzisti britannici come Johnny Dankworth, Tubby Hayes, Allan Ganley e Kenny Napper.
Per saperne di più sulle avventure londinesi di Mingus – grottesche ed esilaranti, come raccontò poi il giovane Alexis Korner, testimone oculare delle vicende – si rinviano i lettori al vecchio volume di Brian Priestley (Mingus: A Critical Biography, 1982). Segnaliamo qui che Mingus, così come Brubeck, Hayes, Dankworth e tutti gli altri jazzisti, appare nel film anche in qualità di attore, come testimonia la lunga scena d’apertura in cui Attenborough entra nel magazzino dei docks londinesi nel quale è ambientato l’intero film e vi trova il contrabbassista intento a esercitarsi per la serata. I due si scambiano non poche battute di dialogo, e ben presto sulla scena arriva alla spicciolata il resto della truppa, da Dankworth a Hayes (che si esibisce al vibrafono accompagnato da Mingus).

Nella scena d’apertura di All Night Long, Mingus interpreta un contrabbassista in cui s’imbatte Richard Attenborough

Il film non è un capolavoro ma è invecchiato molto meno del previsto; offre la rappresentazione abbastanza esplicita di una storia d’amore interrazziale e una tolleranza verso gli stupefacenti – alcuni dei musicisti sono ripresi mentre fumano spinelli (veri) di dimensioni inaudite – che mai e poi mai sarebbero state permesse, a quei tempi, in una produzione americana.
Sotto l’aspetto musicale, di Mingus nel film non è rimasto poi molto: trentacinque secondi di un duo strappato a forza a Brubeck (la cui versione completa, Non-Sectarian Blues, resterà inedita su disco fino al 1971) e due pezzi con Hayes, uno dei quali – Noodlin’ – sarà pubblicato nella colonna sonora della Epic. Per il resto, come racconta Priestley, sembra che Mingus abbia passato tutto il tempo delle riprese a suonare in jam session fuori dal set in compagnia di Harry Beckett, Joe Harriott e Harold McNair, ingaggiati come comparse; e un frammento dell’esecuzione di Peggy’s Blue Skylight sarà poi usato nel film ma non nell’album della Epic perché il bassista, volubile e sospettoso come al solito, si era rifiutato di cederne i diritti di pubblicazione. Va ricordato, infine, che sarà proprio a Nel King che Mingus si rivolgerà, qualche anno dopo, per l’editing della sua torrenziale autobiografia Peggio di un bastardo.

Luca Conti

La copertina del disco contenente la colonna sonora.