Mike Westbrook Concert Band «The Last Night At The Old Place»

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Mike Westbrook Concert Band «The Last Night At The Old Place»

AUTORE

Mike Westbrook Concert Band

TITOLO DEL DISCO

«The Last Night At The Old Place»

ETICHETTA

Cadillac Music

 


 

Eccola di nuovo, la gloriosa Cadillac. Inaugurata nel 1973 da John Jack e Westbrook, prese il nome dalla band che quest’ultimo aveva all’epoca. E riprende le pubblicazioni dopo la scomparsa di Jack, lo scorso anno, grazie a Mike Gavin che ne ha ereditato i compiti. È un ritorno col botto: un inedito della Concert Band. È stato pubblicato proprio il 25 maggio, a cinquant’anni esatti dalla sera in cui si tenne il concerto nonché dell’allora compleanno di Jack, ed è dedicato a lui e ai tre grandi musicisti nel frattempo scomparsi: Osborne, Rutherford e Miller. La registrazione documenta l’ultima sera in cui rimase aperto il jazz club londinese, che venne chiamato Old Place quando il Ronnie Scott’s Jazz Club traslocò da Gerrard Street in Frith Street. C’erano però ancora ben diciotto mesi già pagati d’affitto, cosicché Scott (fondatore del club con Pete King) decise di donarli a gruppi jazz emergenti. Tra questi, il sestetto di Westbrook, (Surman, Osborne, Griffiths, Miller e Jackson) che prese a suonare lì tutti i sabati sera. In seguito Westbrook si aggiudicò anche il giovedì, ma suonando con degli improvvisatori che aveva incontrato al Little Theatre Club di John Stevens: «The Other Band», come decise di indicarla. Infine fuse insieme i due gruppi e con questa formazione allargata, nell’ultima sera dell’Old Place, suonò undici dei sedici brani dell’album che poi registrò in agosto per la Deram: «Release». Sul palco c’erano autentici talenti. A iniziare da quelli che non ci sono più, in particolare l’inarrestabile Osborne, che infila tutto d’un fiato prima Lover Man e poi Forever And A Day, un’accoppiata che trasuda di lirismo. C’è spazio anche per i borborigmi di Rutherford in Folk Song, intenso e poetico come poi sarebbe stata sua consuetudine, mentre Miller si mette in bella mostra nell’introdurre il vigoroso Who’s Who. E poi c’è Surman. È lui a fare la differenza. Giganteggia un po’ ovunque, specie nella sua lunga intro a Flying Home, ma è già in prima linea con il brano d’apertura, The Few, dove si impone con esuberanza e perizia, così come vola ardimentoso a grandi altezze nel citato Who’s Who. Da segnalare ancora, almeno, l’assolo bollente di Holdsworth in We Salute You, mentre un po’ penalizzato dal microfono è proprio il bandleader, il cui assolo in Sugar ne esce ovattato. C’è comunque la sua musica, soprattutto alcuni memorabili motivi a iniziare da Can’t Get It Out Of My Mind, qui assai estesa rispetto alla successiva versione in studio. Il tutto è molto trascinante e ricco di swing, e il calore del pubblico lo testimonia. Elegante la confezione digipack con fotografie estratte dall’archivio di Westbrook, oltre a testi suoi e del critico e giornalista Richard Williams.

Gennaro Fucile

[da Musica Jazz, settembre 2018]

 


 

DISTRIBUTORE

FORMAZIONE

Dave Holdsworth (tr.), Malcolm Griffiths, Paul Rutherford (trne.) Mike Osborne (alto), Bernie Living
(alto), George Khan (ten.), John Surman (bar.), Mike Westbrook (p.), Harry Miller (cb.), Alan Jackson (batt.).

DATA REGISTRAZIONE

Londra, 25-05-68.

Recensione
Voto globale