Insegnare il jazz: come e perché

di Alceste Ayroldi

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Insegnare il jazz - Siena Jazz

L’offerta formativa italiana in ambito jazzistico

Si può insegnare il jazz? L’eterna domanda sulla quale ogni jazzista è caduto in polemica qui non ci compete. Anzi, la mettiamo in un angolo, dando per scontato la risposta visto anche il gran numero di scuole di musica che impartiscono lezioni di musica afro-americana.

L’utenza, spesso, sceglie in base alla toponomastica: la scuola più vicina è la migliore. Sappiamo bene che così non è. Almeno, non sempre. Il jazz si è fatto strada a fatica nei conservatori di musica: e a tutt’oggi molti divari con la musica cosiddetta eurocolta non sono stati superati. Tra mille difficoltà, però, alcuni dipartimenti di jazz si sono fatti strada grazie alla professionalità di docenti ben motivati, che consentono di raggiungere standard qualitativi di particolare spessore. E anche certi conservatori, che magari non ne avevano intenzione, hanno capitolato di fronte a una pressante domanda di jazz istituendo l’apposito corso di laurea. E, di fatto, diventando rivali sul campo economico con le scuole private che, da sempre, avevano nel loro carniere l’insegnamento della musica di Charlie Parker e sodali. Il greve fardello classico, però, tiene a bada i dipartimenti di jazz, che appaiono ancora – in più di una situazione – delle cenerentole rispetto all’insegnamento della musica classica.

Le scuole di musica private, si diceva, abbondano nel nostro territorio. La mappa geografica è vasta e ricca di rivoli che toccano ogni – o quasi – singola località. Piccole, piccolissime alcune; altre, medie e grandi, assicurano un buon rapporto tra prezzo e qualità ma non sempre riescono a fornire tutti gli elementi idonei alla formazione di un professionista. Ecco, il punto è quello di conferire professionalità alla tecnica, qualità non sempre tenuta in debito conto nell’offerta formativa. Per questo, alcune istituzioni private si sono attrezzate allestendo percorsi formativi ben strutturati, con insegnamenti «complementari» quali teoria, armonia, storia del jazz, marketing, movimento scenico, lingua inglese, dizione e così via. La grande differenza tra i primi e le seconde la fa il famigerato «pezzo di carta»: il diploma di laurea che i conservatori – istituzionalmente – sono deputati a conferire agli studenti che portano a termine il ciclo di studi; le seconde, al più, potranno rilasciare certificati di frequenza, attestati, benemerenze o, nelle ipotesi più felici, certificati aventi titolo come qualifica professionale regionale, là dove le Regioni lo consentano.

L’impianto formativo dei conservatori deve rispettare quanto stabilito dall’Unione Europea sia nell’ambito del Trattato di Lisbona sia nella Dichiarazione di Bologna del 1999: il rispetto di standard minimi comuni e una valutazione omogenea per un insegnamento trasparente e comparabile, che possa anche favorire scambi e migrazioni paritetiche fra gli studenti europei.

Siena Jazz University è stata la prima istituzione non statale italiana a ottenere da parte del MIUR, Ministero dell’istruzione e dell’università e della ricerca, con DM 10 novembre 2011 n.193, l’autorizzazione a rilasciare titoli di alta formazione artistica per il conseguimento del diploma accademico di primo livello in: basso elettrico, chitarra jazz, contrabbasso jazz, clarinetto jazz, sassofono jazz, tromba jazz, trombone jazz, pianoforte jazz, batteria e percussioni jazz, canto jazz. Il riconoscimento ministeriale consente di essere parificati ai conservatori, secondo quanto previsto dalla L. 21/12/1999 n. 508, e quindi di rilasciare titoli aventi valore legale equiparati alla laurea universitaria.

Siena Jazz - Insegnare il jazz

Accademia Siena Jazz e i corsi universitari

Il 2017 segna un importante genetliaco per l’istituzione storica della didattica jazzistica: quarant’anni portati con gran vigore. Un passato sottolineato da numeri importanti: più di diciottomila musicisti, in questi quarant’anni di attività, sono passati a più riprese e per un periodo più o meno lungo da Siena Jazz. Ma l’offerta formativa è rimasta stabile, inossidabile da tempo: praticamente non è cambiata dal 1989, quando a Siena Jazz si organizzavano dei veri e propri corsi di alta formazione a intervalli quindicinali per otto mesi l’anno. Logica prosecuzione fu il frequentatissimo InJam, ovvero l’International Jazz Master Program in Improvisation Techniques, tutt’ora ritenuto il master biennale (2008-2010) più interessante mai effettuato a livello internazionale da un’istituzione del settore. Nel master furono impiegati sessanta docenti per cinquantaquattro studenti. Vennero chiamati docenti del calibro di Steve Kuhn, Danilo Perez, John Abercrombie, Eddie Gomez, Billy Hart, John Riley, Steve Turre, Bobby Watson, George Garzone, Eddie Henderson, Rufus Reid, Tim Berne, Donald Friedman, Marc Ducret e Adam Nussbaum, oltre agli italiani Franco d’Andrea, Enrico Pieranunzi, Paolo Fresu, Enrico Rava, Paolino Dalla Porta, Furio Di Castri, Roberto Gatto, Giancarlo Schiaffini, Gianluigi Trovesi, Maurizio Giammarco, Achille Succi e tanti altri. L’idea di master a questi livelli non aveva paragoni: e non solo in Italia, ma se la giocava molto bene anche in Europa. Un master felice a metà, perché deambulava male; causa di tale zoppia era la mancanza di un titolo idoneo riconosciuto dall’ente statale. L’arrivo del riconoscimento ha dato quell’ulteriore dignità «burocratica» a un percorso che, dal punto di vista qualitativo e quantitativo, di certo, non ne aveva bisogno. Oggi Siena Jazz può rilasciare titoli aventi valore legale. I corsi sono strutturati in modo da stimolare gli studenti a raggiungere la migliore preparazione possibile per aiutarli a entrare nel difficile mondo del lavoro musicale odierno. Ma competenza e abilità da sole non servono a raggiungere la meta; per ottenere risultati di pregio, occorre riuscire a indirizzare lo studente verso la ricerca della creatività, del proprio percorso personale. Per fare ciò, S.J.U. tiene l’asticella dei livelli dei criteri di entrata abbastanza alta; una scrematura dolorosa ma inevitabile se si vogliono raggiungere gli obiettivi dell’alta formazione (argomento scottante e imbarazzante, questo, in un epoca in cui molte istituzioni pubbliche, pur di raccogliere iscritti, fanno una campagna pubblicitaria da ipermercato). L’obiettivo di S.J.U. non è quello di implementare il numero degli iscritti ma di dedicarsi a un ristretto numero di studenti con elevate potenzialità e motivazione. E i numeri parlano chiaro: negli esami di ammissione viene accolto circa il quaranta per cento delle richieste, ma gli studenti si trovano davanti a un’offerta didattica unica in Europa per qualità e quantità di docenti, per organizzazione e tutoraggio, per strutture e strumentazione dedicate, per numero di aule e possibilità di studio giornaliero (le aule sono a disposizione tutti i giorni, domenica inclusa, dalle 09.00 alle 24.00), con una curatissima e selettiva mobilità Erasmus e con la possibilità di suonare in tre locali; il tutto in una città splendida, piccola e vivibile per qualità della popolazione e per sicurezza ambientale.

L’offerta formativa dei corsi SJU – Siena Jazz University

L’offerta formativa che Siena Jazz ha attivato per i corsi triennali di Diploma accademico di primo livello si basa concettualmente sulla volontà di offrire un’esperienza musicale di gruppo intensa e ristretta. Intensa, perché si basa su quattrocento ore complessive di lezione per ogni anno accademico; ristretta, perché la musica d’insieme, intesa come materia predominante, è organizzata in modo che le formazioni dei vari gruppi siano composte al massimo da quattro o cinque studenti, oltre il docente, senza la presenza di due o più studenti di uno stesso strumento; questo porta a elaborare lezioni capaci di entrare con più facilità e profondità nei problemi armonici, melodici, improvvisativi, estetici, concentrandosi sui parametri delle sinergie musicali di un interplay rodato, condiviso e possibilmente fuori dagli schemi degli standard esecutivi. Le lezioni sono basate soprattutto sullo svolgimento della pratica musicale intesa come fondamento della crescita esecutiva e interpretativa di un musicista. L’esibizione in gruppo è quindi fondamentale e si basa principalmente sullo svolgimento di sessantaquattro ore annuali di musica d’insieme divise in due discipline, ciascuna con il proprio docente, che svolge il programma della sua materia in trentadue ore di lezione. In ciascuna delle due materie di musica d’insieme il docente insegna suonando direttamente nel gruppo come leader della formazione. Senza dubbio è un’esperienza molto stimolante per uno studente che si trova a creare musica insieme a un artista di prestigio internazionale, che lo dirige, lo consiglia, lo addestra con l’obiettivo di far uscire tutta la musicalità possibile da ogni singolo esponente del gruppo. A ciò si va ad aggiungere l’altra materia fondamentale, lo studio dello strumento individuale per trentadue ore, diviso anch’esso in due discipline, con due docenti diversi, ognuno impegnato con un programma personale di sedici ore. L’analisi delle aule disponibili e dei gruppi musicali attivabili nelle aule determina il numero massimo di studenti che possono essere accettati nel corso; tutto è funzionale, quindi, alle formazioni ottimali delle musiche d’insieme e al numero delle aule contemporaneamente disponibili.

Attualmente i gruppi di musica d’insieme previsti sono ventitré; dato che ogni studente deve frequentare due gruppi, il numero complessivo delle formazioni è di quarantasei. A queste si aggiungono l’orchestra e il laboratorio corale, ciascuno composto da non più di venticinque elementi. I docenti sono scelti appositamente con caratteristiche strumentali e didattiche diverse e complementari, dando allo studente un’offerta intensa e diversificata, che mira a non suggerire di accogliere uno dei due modi di fare musica, ma tende a stimolare nello studente la creazione di un terzo modo di suonare, quello personale, arricchito dalle esperienze dei due docenti/artisti. Ciò porta all’assimilazione di una grande quantità di informazioni, punto di partenza per sperimentare nuove ipotesi stilistiche.

Altra lezione pratica è quella dei laboratori di improvvisazione musicale, in cui due formazioni si alternano e si mischiano sotto la guida del docente, in trentadue lezioni mirate a imparare e approfondire le tecniche improvvisative esistenti fuori dagli schemi dei principali linguaggi storici del jazz. A oggi, i partecipanti in totale sono 461, di cui cinquanta frequentano i corsi pre-accademici, e 115 sono gli iscritti ai corsi di diploma accademico di primo livello, dieci dei quali provenienti dall’estero.

Forse, comunque, bisogna sgomberare il campo da un dubbio che potrà essere sorto. Siena Jazz non è in rotta di collisione con i conservatori: al contrario, con alcuni di essi collabora già da tempo, anche perché – in altissima percentuale – i musicisti che si sono formati all’interno della fortezza medicea sono oggi docenti di conservatorio oltre che concertisti, dirigenti di istituzioni musicali, insegnanti di musica nelle scuole dell’obbligo, organizzatori, manager e quant’altro. Siena sta cercando di attivare collaborazioni con più istituzioni possibili e, anche se la difficoltà della crisi economica sembra non rendere facili tali sinergie, esse a maggior ragione sono indispensabili per qualificare l’ambiente musicale del settore. Attualmente le collaborazioni sono con quattro conservatori italiani, quello di Bologna, Rovigo, Trento e Napoli, ma entro un anno il numero dovrebbe raddoppiare. Più consistente è il numero delle collaborazioni con istituzioni internazionali, dato che sono cominciate nel 2003 e comprendono in Europa, al di fuori dei rapporti Erasmus, i conservatori di Amsterdam, Parigi, Rotterdam, Maastricht, Amburgo, Birmingham, Barcellona. Fuori dall’Europa, invece, con il Berklee Global Jazz Institute, il Dipartimento di Jazz della New York University, il conservatorio di Tiblisi in Georgia e il Nyack College di New York.

Siena Jazz - Insegnare il jazz

La struttura

Siena Jazz alloggia in una fortezza medicea particolarmente suggestiva, costruita tra il 1561 e il 1563 su ordine del duca di Firenze Cosimo I de’ Medici. La struttura è composta da 1.100 mq disposti su due piani, e ha venti aule insonorizzate e completamente attrezzate con strumentazione musicale, elettronica e informatica, continuamente controllata e aggiornata. Tutte le aule, libere dalle lezioni, sono disponibili per lo studio individuale e di gruppo. E, se ciò non bastasse, per consentire la possibilità di esercitarsi le aule sono disponibili per tutti e sette i giorni della settimana, domeniche incluse, dalle 09.00 alle 24.00, su prenotazione online. Una possibilità didattica che, al momento, è unica in tutta Europa.

Siena Jazz: i seminari estivi

Si diceva prima che i seminari estivi, da sempre, costituiscono il fiore all’occhiello dell’offerta formativa senese. Dal punto di vista dei contenuti didattici costituiscono una realtà a parte rispetto ai corsi d’ordinamento. Una realtà che risponde alle caratteristiche dell’offerta dei più importanti corsi intensivi internazionali, quali i corsi di Stanford (Stati Uniti), di Banff (Canada), di Langnau (Svizzera). L’offerta senese si concentra, comunque, sulla musica d’insieme e sulle tecniche dell’improvvisazione. Agli iscritti viene assicurata la partecipazione a quattro gruppi musicali diversi e con quattro diversi docenti; anche le lezioni di tecniche dell’improvvisazione si svolgono con quattro docenti diversi. La partecipazione degli studenti è a numero chiuso, mai più di 120, uditori inclusi (massimo dodici). Gli studenti provengono per oltre il quaranta per cento dall’estero in rappresentanza di tutti e cinque i continenti. I docenti sono in totale trentaquattro, equamente divisi fra italiani e stranieri. A proposito dei docenti, sia per i seminari estivi sia per i corsi d’ordinamento, Siena Jazz non si affida a bandi, perché la qualifica professionale è difficilmente inquadrabile e non facilmente inscatolabile in un avviso pubblico. Vengono scelti a chiamata diretta fra liberi professionisti e, comunque, tra musicisti con attività concertistica in essere. A ogni buon conto, sono allo studio dei vertici didattici delle caratteristiche misurabili che permettano la costruzione di bandi specifici adatti alle peculiarità didattiche dell’istituzione.

Le attività seminariali fanno il paio con i laboratori permanenti di ricerca musicale, idea ordita da Stefano Battaglia e dallo stesso diretta. Infatti, è lui a scegliere i giovani musicisti interessati, mai più di venticinque, massimo trenta ogni anno. Gli incontri si svolgono in otto appuntamenti, uno al mese, ciascuno di sei ore giornaliere. Sono programmi personalizzati attraverso progetti specifici, condivisi con gli studenti selezionati, la cui unica particolarità è di andare oltre le codifiche, non avere un linguaggio unico, soprattutto essere pronti a non avere un linguaggio così come viene tradizionalmente concepito.

Siena Jazz e le produzioni artistiche

è sicuramente una delle finalità dell’istituzione toscana, anche perché sarebbe il giusto completamento di un’attività didattica di alto profilo, che chiuderebbe il cerchio della filiera produttiva artistica. L’accademia ha promosso rassegne e festival di richiamo internazionale e si è dotata di un’etichetta discografica, la Siena Jazz Records, per la produzione di progetti musicali inediti e le Edizioni Siena Jazz per la pubblicazione di materiale didattico e di ricerca. Dopo la crisi i grandi eventi sono stati ridimensionati, incentrando l’attività sulla formazione. Ciò non significa che le attività concertistiche degli studenti si siano fermante, anzi: gli allievi e i docenti fanno moltissimi concerti (gruppi di musica d’insieme lavorano su di un progetto). Ventitré gruppi di musica d’insieme che realizzano altrettante produzioni, anche all’estero. L’accademia collabora con alcuni festival promossi da Europe Jazz Network e i-Jazz. Durante il seminario estivo vengono organizzate oltre cento esibizioni di gruppi e ci sono formazioni che sono nate proprio all’interno dei seminari. L’accademia si è aggiudicata il bando SIAE «Sillumina», che prevede masterclasses con Glenn Ferris e Logan Richardson. Ed è anche tra i vincitori del bando promosso dal MiBACT, che permette agli studenti di fare esperienze in ambito concertistico in cinque istituti europei: Barcellona, Amsterdam, Parigi, Birmingham e Amburgo nonché quattro conservatori italiani: Trento, Rovigo, Bologna e Napoli. Questa esperienza è in fase di ampliamento e prevede il coinvolgimento di altri 4 conservatori, tra cui quelli di Bari e di Roma. Inoltre sono previste esibizioni nei festival e/o rassegne di Oslo, Budapest, Novara e Ferrara.

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Chi «comanda» a Siena Jazz?

La parola d’ordine, più che altro, è collaborazione; una collaborazione democratica, perché l’obiettivo è comune e condiviso: quello di formare dei valenti jazzisti e di dare un volto nuovo all’offerta didattica. Certo, come è d’obbligo per ogni organizzazione, vi è un equipaggio che governa la nave. Al vertice, con tutte le responsabilità che questa carica richiede, vi è Franco Caroni che è anche il papà di Siena Jazz. A fiancheggiare il direttore c’è un docente «storico» di Siena Jazz, Alessandro Giachero. Gli altri componenti di questo roccioso staff sono il direttore amministrativo Roberto Bazzani; l’intero gruppo della segreteria, ovvero: Riccardo Buti (consulente informatico), Caterina Di Perri (che storicamente segue la parte didattica), Evelin Bonazza (consulente amministrativo); Luca Nardi; Massimo Biliorsi, Luca Mercurio e Jacopo Guidi; a tutti loro si è aggiunta Marina Vermiglio con il ruolo di responsabile organizzativa della segreteria. Una menzione a parte merita il centro di ricerca nonché archivio Arrigo Polillo, affidato alle sapienti cure di Francesco Martinelli (anche docente di storia del jazz) col sostegno di Claudio Palagini. Il Centro Studi è nato il 21 maggio 1989, grazie alla generosa donazione della famiglia Polillo che ha conferito a Siena Jazz la raccolta di incisioni e materiale cartaceo creata in decenni di attività dallo scomparso direttore di Musica Jazz. A quell’iniziale donazione se ne sono aggiunte parecchie altre che consentono agli studenti – ma anche agli appassionati o studiosi esterni – di poter consultare oltre tremila tomi e approfondire temi difficilmente indagabili altrove. Il sistema di scannerizzazione, inoltre, consente la consultazione a distanza. Così come la possibilità di consultare l’intera collezione di Musica Jazz, grazie alla perfetta indicizzazione: tutti i nomi, i luoghi, i festival, e i dischi citati in ciascun numero sono inseriti in un database consultabile online che è diventato un insostituibile strumento di ricerca sul jazz italiano e sul jazz in Italia. Il più che corposo archivio sonoro, la ricercata videoteca e l’archivio immagini completano l’arsenale a disposizione del centro Polillo.

Sarà anche per la vocazione della bella cittadina toscana per la musica, ma Siena Jazz e la città hanno un ottimo rapporto. Tant’è che Caroni e sodali hanno organizzato corsi introduttivi per appassionati e per bambini, giovani e adulti, incentrati sull’avviamento alla musica e sulla formazione del pubblico. Sono state attivate, inoltre, collaborazioni con le scuole medie inferiori e superiori del territorio, con attività formative pomeridiane che si svolgono direttamente nelle scuole e con l’adesione al progetto di tirocinio formazione e orientamento relativo all’alternanza scuola-lavoro e formazione con il locale liceo musicale.

Un capitolo a parte è Monte dei Paschi di Siena. Alla domanda rivolta a Franco Caroni se e quanto avesse inciso l’affaire Monte dei Paschi nelle vicende di Siena Jazz, il direttore così risponde: «In modo determinante, obbligandoci a ridurre molte attività, concentrandole soprattutto sull’alta formazione, sia annuale sia intensiva in estate, e a cercare interventi più pressanti soprattutto con le istituzioni pubbliche, Comune di Siena, Regione Toscana e MiBACT (anche con l’accesso al FUS). Abbiamo dovuto assimilare un nuovo modo di concepire e utilizzare il sostegno pubblico, e soprattutto di recepire i fondi necessari alle attività sia partecipando a bandi nazionali ed europei, sia ricercando partenariati con privati. I costi delle iscrizioni logicamente sono aumentati, ma ciò è potuto avvenire con successo solo aumentando la qualità e la quantità dell’offerta formativa e potenziando i nostri parametri di struttura d’eccellenza». A ogni buon conto, finanziamenti – pubblici o privati – a parte, vi è una certezza: studiare jazz a Siena consente di approfittare di un’esperienza quarantennale, di professionisti seri e preparati e di una struttura che ha ben pochi rivali in Europa.

Alceste Ayroldi