A metà anni Settanta una seconda generazione di improvvisatori britannici scese in campo affiancando i pionieri già in azione da una decina d’anni. Si presentò forte di un ricco e singolare armamentario strumentale, che includeva oggetti non certo concepiti per fare musica e manipolati alla bisogna. Inoltre si mostrò subito meglio organizzata grazie ad alcune pubblicazioni periodiche, tra cui spiccava per autorevolezza e solidità la rivista Musics, ma soprattutto dando vita a una serie di etichette indipendenti, strumenti preziosi per garantire un minimo di diffusione alla musica che nel frattempo sorgeva in un contesto quanto mai effervescente. Le grandi case discografiche, in primis EMI, CBS e Decca, che avevano fiutato un possibile business anche nella nicchia delle nuove musiche in qualche modo riconducibili a un genuino jazz inglese e più in generale europeo, avevano smesso di crederci. Al tempo stesso per i musicisti le condizioni (im)poste non erano certo tra […]
Gioie e dolori dell’autogestione: «Groups In Front Of People»
Da Guus Janssen a Evan Parker, passando per Maarten Altena, Günter Christmann, Paul Lovens, Terry Day, Peter Cusack, Paul Termos e Paul Lytton
