AUTORE
Black Art Jazz Collective
TITOLO DEL DISCO
«Armor Of Pride»
ETICHETTA
HighNote
Negli Stati Uniti c’è stato chi è rimasto perplesso dal nome scelto da questo supergruppo, in quanto il jazz non andrebbe considerato secondo categorie etniche, mentre sia le note di copertina sia la citazione di Langston Hughes rimarcano l’orgoglio nero. Va detto, comunque, che non c’è musica che possa fregiarsi a buon diritto di blackness più di quella proposta da questo gruppo: cioè lo hard bop, corrente nella quale la presenza di «caucasici» e asiatici è stata scarsa e comunque ininfluente. Come i Cookers e gli One For All, il collettivo è impegnato a declinare il bop di terza generazione, quindi utilizzando impianti modali. La front line a tre fiati non può non ricordare l’edizione più evoluta dei Jazz Messengers (Hubbard, Shorter, Fuller) sia per la perfezione cercata in assolo di natura muscolare, sia per la complessità della scrittura, alla quale contribuiscono quasi tutti i membri del sestetto. Sul piano dell’improvvisazione la classica marcia in più è rappresentata da Escoffery. In un vero corpo a corpo con le armonie, il tenorista costruisce assolo costantemente imprevedibili (Armor Of Pride e il lento Awuraa Amma), in questo mostrando la sua filiazione da Coltrane e Shorter. A lui si deve anche il pezzo più coraggioso, lo stravinskiano Black Art. Rispetto a Escoffery gli altri restano un passo indietro, ma la loro energia e la loro sensibilità bastano per fare del disco un eccezionale esempio di hard bop.
Piacentino
[da Musica Jazz, gennaio 2019]
DISTRIBUTORE
IRD
FORMAZIONE
Jeremy Pelt (tr.), James Burton II (trne), Wayne Escoffery (ten.), Xavier Davis (p.), Vicente Archer (cb.), Jonathan Blake (batt.).
DATA REGISTRAZIONE
New York, 11 e 12-2-18.