Marilena Paradisi & Kirk Lightsey «Some Place Called Where» Losen, losenrecords.no
Kate Lindsey / Baptiste Trotignon «Thousands of Miles» Alpha, distr. Self
Sette voci femminili, anche piuttosto diverse, impegnate a vario titolo in altrettanti cd, a loro volta alquanto eterogenei, ma con un possibile percorso abbastanza preciso a legarli: ecco cosa ci propone il menu di oggi. Partendo da due cd piano e voce, già diversi come di più sarebbe arduo immaginare. Il primo fotografa il duo Paradisi/Lightsey, all’epoca fresco ottantenne (15 febbraio 1937: l’incisione è del maggio 2017), lungo otto pezzi di chiara marca jazzistica (Mingus, Shorter, Waldron, Ron Carter, ma anche Bernstein e Caymmi, tra le firme), per un album ben impaginato, rassicurante e un po’ scontato che non intende certo disturbare i sonni di nessuno. Non così, se vogliamo, l’altro duo, fra il mezzosoprano di Richmond Kate Lindsey e Trotignon, anche arrangiatore di tutto il materiale (Weill, prevalente, e poi Alma Mahler, moglie di Gustav, Korngold e Zemlinsky, tutti attivi nella prima metà del Novecento). L’impianto, qui, è eminentemente lirico-liederistico, con momenti un po’ pomposi e altri, invece, in cui una sana «drammaturgia cantata» smorza certi toni impettiti in favore di una dialogicità largamente apprezzabile.
Simona Colonna «Masca vola via» MRM, distr. IRD
«Masca vola via» (masca, figura diciamo mitologica tipica del Piemonte: Pavese ne parlava spesso) della cantautrice-violoncellista Simona Colonna è appunto tutto in piemontese. Solo cinque canzoni, diciotto minuti, densi e stuzzicanti. Eleganti, anche, trascendendo in qualche modo un certo riflesso condizionato che accompagna la canzone dialettale. Assai originale, quindi, il tutto, con un cello che non lascia scampo a chi potrebbe pensare a una proposta troppo scarna (di fatto un auto-duo, se vogliamo dir così), rigoglioso e onnipresente com’è.
Naomi Berrill «To the Sky» Sonzogno, distr. Egea
Cantante, autrice e violoncellista (nonché chitarrista e organettista, concertina, per l’esattezza) è pure l’irlandese Naomi Berrill, che però si avvale qua e là dei servigi di clarinetto, tromba e piano (Simone Graziano). Dieci i pezzi, tutti suoi, di regola soffici (apollinei?) e ben torniti, con episodiche sovraincisioni e un humus non poco classicheggiante specie nei prevalenti brani al violoncello.
Giuni Russo «Armstrong» Edel, distr. Edel.
Sempre un binomio (voce/chitarra) sta alla base di un cd (doppio, pur della durata di un singolo) un po’ speciale, che chiede qualche riga di più. Ne è intestataria, a tredici anni dalla morte, Giuni Russo (lo si deve come sempre a Maria Antonietta Sisini, compagna di una vita, privata e artistica, della cantante). Sono sette provini (più uno) del 1980, quindi fra l’esordio, «Love Is a Woman» (1975), ancora come Junie Russo (dopo gli anni come Giusy Romeo, decollati con la vittoria a Castrocaro 67), tutto in inglese e con dentro (non accreditato) Enrico Rava, ed «Energie» (1981), già con canzoni di Battiato (Un’estate al mare è dell’82), firmati Russo/Sisini e rimasti fin qui inediti (e come tali noti solo a qualche collezionista) appunto per sole voce e chitarra (la stessa Sisini) oggi rivestiti di un abito strumentale ad hoc (primo cd), ma offerti anche in versione originale (secondo cd). Cosa ci regala, tutto ciò? Certo un’artista ancora acerba, forse incerta sulla direzione da prendere (l’incontro con Battiato fu in tal senso basilare), ma già con doti indubbie, pur se non ancora espresse attraverso gli strumenti (leggi composizioni, ma anche convinzione) più idonei a farle risaltare in toto. Andrà aggiunto che il titolo, «Armstrong» (cd e brano omonimo), deriva dall’incontro avuto da una Giuni Russo sedicenne col grande Satchmo, che, a Sanremo ’68, le regalò un bocchino la cui foto campeggia nel booklet del disco (splendida copertina, fra l’altro).
AA.VV. «Secondo» Incipit, distr. Egea
Un altro omaggio, più articolato e strettamente musicale, ci arriva da «Secondo», con la voce di Luisa Cottifogli (ex-Quintorigo eccetera) inserita in un settetto i cui vertici sono Claudio Zappi e Alessandro Petrillo (ma c’è pure Simone Zanchini), arrangiatori di tutto il materiale, dovuto alla penna di Secondo (appunto) Casadei. La rilettura è rispettosa e libera insieme, elegante e vitale, di tratto popolare ma anche jazzistico, qua e là – per così dire – etnico-cameristico-sperimentale. Gran bel lavoro, quindi, degno di analoghe riletture di Riccardo Tesi e figure di analoga statura.
Ani Di Franco «Binary» Aveline,/Righteous Babe, distr. Audioglobe
E chiudiamo con Ani Di Franco, il cui recente «Binary» è grosso modo il quarantesimo album (a quarantasette anni di età!). Album per più versi spiazzante, sovraffollato, un imbuto in cui vanno a infilarsi agglomerati non sempre adeguatamente calibrati, troppo saturi, ridondanti, ed episodi, invece, più sorvegliati, anche eleganti, evocativi (e magari, a tratti, anche un po’ epidermici). Un disco riuscito a metà, quindi (Zizzing, Alrighty, Sasquatch, magari un altro paio di cose), che un po’ smagrito, senza perdere in messa a fuoco e scavo, ne avrebbe verosimilmente guadagnato.
Bazzurro
[da Musica Jazz, dicembre 2017]