La sottile linea tra fatti e leggenda: torna il live alla Massey Hall

La nuova edizione del «più grande concerto di tutti i tempi» ci offre l’occasione per sollevare un po’ il tappeto della Storia e setacciare la polvere che vi è finita sotto

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«When the legend becomes fact, print the legend» dice il reporter Maxwell Scott al senatore Ranse Stoddard, interpretato da James Stewart, nell’Uomo che uccise Liberty Valance di John Ford.

E così è andata per questo celeberrimo incontro di giganti. Nato fin dall’inizio sotto una cattiva stella, organizzato male e terminato peggio, quello che in occasione della ristampa Fantasy del 1962 fu ribattezzato «The greatest jazz concert ever» festeggia oggi il settantesimo anniversario con questa bella edizione in doppio cd o triplo vinile che, rimasterizzata di fresco, riporta sia la versione originale del set del quintetto sia quella «manipolata» in seguito da Mingus.

I problemi erano cominciati fin da subito. Dick Wattam, presidente della New Jazz Society di Toronto e organizzatore della serata, avrebbe voluto Lennie Tristano e Oscar Pettiford, che però si chiamarono fuori, e solo l’intervento di Mingus – che si assunse l’onere di gestire le non facili trattative coi colleghi, già probabilmente attirato dall’idea di pubblicare il concerto sull’etichetta (la Debut) da lui gestita assieme a Roach e che non navigava in buone acque – parve risolvere la situazione. In quelle settimane Mingus suonava al Birdland assieme a Bud Powell, da poco dimesso dall’ospedale psichiatrico e affidato alla tutela legale di Oscar Goodstein,  suo manager ma anche gestore del club a copertura del losco Morris Levy. Fu così che il pianista si ritrovò coinvolto nella vicenda, con la promessa di un compenso superiore a quello degli altri quattro a fronte di un breve set in trio che separasse i due tempi del quintetto. 

La cifra totale in ballo non era irrisoria: 1450 dollari dell’epoca, una somma che corrisponde a quasi 17.000 dollari di oggi e che fa ben capire la fama di cui già allora godevano i nostri eroi. Ma l’unico a riuscire a tornarsene in patria con i soldi in tasca fu Parker, che apparentemente era stato anche il solo ad aver ricevuto e incassato un anticipo; Mingus aveva convinto il socio Roach ad accettare 150 dollari a testa (a fronte del concerto registrato; e che ci fosse un accordo pregresso tra Mingus e la NJS lo dimostra il fatto che il contrabbassista e Roach si presentarono a Toronto con una scorta di nastri vergini, da loro appositamente acquistati), il pagamento di Powell fu rimandato all’uscita del suo disco per la Debut ma Mingus non tirò mai fuori un dollaro, mentre il povero Gillespie ricevette dai canadesi un assegno che non sarebbe mai riuscito a incassare.

Dopo di che, le cose iniziarono ad andare a rotoli sul serio. La Massey Hall era ed è in grado di ospitare circa 2800 spettatori, ma quel venerdì sera del maggio 1953 se ne fecero vivi appena 600; e sì che ai tempi Toronto aveva già più di un milione di abitanti (oggi ne ha circa il triplo). Purtroppo per lui, Wattam commise due gravi errori. Da un lato – era un tipo particolarmente testardo, ci dicono le cronache dell’epoca – si illuse che il semplice passaparola sarebbe bastato a riempire il teatro e quindi non stanziò un solo centesimo per fare pubblicità all’avvenimento (alla fine, vista la mala parata, farà uscire un inutile trafiletto sui quotidiani il giorno stesso del concerto). Dall’altro, sottovalutò il fatto che quella stessa sera radio e tv avrebbero coperto in diretta l’incontro di pugilato che doveva svolgersi a Chicago tra il campione in carica Rocky Marciano e Jersey Joe Walcott per il titolo mondiale del pesi massimi. In pratica il concerto fu un fiasco annunciato, anche se poi Marciano vinse per KO addirittura al primo round; ma ormai la gente era rimasta a casa e il danno era fatto.

Ed è da qui in avanti che, per qualche decennio, i fatti spariscono davvero e si stampa la leggenda. Su quanto accadde sul palco della Massey Hall e nelle immediate vicinanze (il bar di fronte, per esempio, nel quale pare si sia consumato un autentico psicodramma alcolico con protagonista Powell) abbiamo testimonianze contrastanti, anche da parte degli stessi testimoni oculari. Il guaio è che molta cattiva letteratura sulla serata venne fatta, con grande spreco di immaginazione, da chi al concerto non c’era proprio, come il giornalista di Metronome Bill Coss, che ebbe da Mingus – suo intimo amico – l’incarico di scrivere le note di copertina del primo dei tre 10 pollici Debut e poi della prima ristampa in 33 giri, e le cui ardite ipotesi su quanto successo sopra e dietro il palco furono pedissequamente riprese nel 1973 da quel bel tomo di Ross Russell nella sua sciagurata biografia di Charlie Parker. 

Con l’aria di chi la sa lunga e in un tripudio di purple prose, Coss rapsodizza senza dire sostanzialmente nulla, soprattutto su Parker («A strange God. A creature wanting and suggesting self-destruction; a familiar of every evil by his own admission; a companion of quantities of good, for what reason he could never fathom») ma anche su Powell («Only the final tragedy is missing; he is still alive») e inizia a creare le basi per la mitizzazione della serata, calcando non poco la mano su tutta una serie di asides, per usare il suo termine, «digressioni» che in quel contesto hanno più il significato di «punzecchiature» tra Parker e Gillespie, tra Parker e Powell, le quali finiscono per dare l’impressione che il sassofonista avesse accettato quell’ingaggio soprattutto per saldare qualche conto in sospeso con gli altri due, mentre chi tra i presenti rammentava un Bird particolarmente allegro e sorridente (forse per il triplo whiskey ingollato al bar di fronte) ha sempre smentito.

Così come suona assai fasulla la leggenda che Parker si fosse presentato a Toronto privo di sassofono e avesse dovuto ricorrere a uno strumento di plastica gentilmente fornito da qualcuno (il famoso Grafton bianco che per un certo periodo, anni dopo, utilizzerà anche Ornette Coleman). Al di là del fatto che è ormai accertato che quel sassofono di plastica fosse di proprietà di Bird (si trattava di un regalo da lui ricevuto tempo addietro), la serata alla Massey Hall fu aperta, per motivi di carattere sindacale che richiedevano l’impiego di musicisti locali a fronte di colleghi stranieri, da una big band di 17 elementi, nell’occasione denominata CBC All Stars e composta da professionisti che suonavano regolarmente per l’ente nazionale radiofonico canadese (nella foto a fianco sono ben visibili sedie e leggii utilizzati per la big band). Difficile, se non impossibile, credere che tra di loro non ci fosse un sassofonista disposto a prestare lo strumento a uno dei jazzisti più famosi del mondo; più ovvio pensare che Parker si fosse portato in trasferta il Grafton perché pesava molto meno.

Comunque sia, quando tutti ebbero scosso la polvere dai calzari (come avrebbe detto P.G. Wodehouse) e furono rientrati in patria, sebbene a tasche prevalentemente vuote, pare che Bird avesse subito abbordato Norman Granz, col quale era sotto contratto, per proporgli la vendita dei nastri alla demenziale somma di 100.000 dollari, ovvero un milione e 150.000 dollari odierni. Sarà vero? La cosa ci è sempre parsa ben poco credibile (non figura in nessuno del paio di volumi biografici scritti in anni recenti sull’impresario), e peraltro i nastri erano saldamente nelle mani di Mingus, il quale si era sbilanciato non poco per convincere tutti ad andare a Toronto e che dai colleghi era oramai ritenuto responsabile dei mancati pagamenti. Quindi, il 21 maggio 1953, i cinque  musicisti firmarono un accordo per consentire alla Debut di pubblicare il concerto su due dischi da 10 pollici, stipulando di dividere in parti uguali il 90 per cento dei ricavi (il restante 10 avrebbe coperto le spese della casa discografica).

Così, qualche settimana dopo, Mingus – che già alle tre del mattino successivo al concerto era andato ad ascoltare i nastri, assieme a Wattam, nella sede di una stazione radio di Toronto scoprendo che il contrabbasso si sentiva poco e male – decise di sovraincidere la sua parte. Secondo alcune fonti, si recò da Rudy Van Gelder assieme a Roach (che ha sempre negato il suo coinvolgimento nella vicenda) e al pianista Billy Taylor, cosa che riterremmo improbabile perché Mingus e RVG si detestavano neanche tanto cordialmente e quindi la Debut non si serviva mai del soggiorno di casa Van Gelder; secondo lo stesso Taylor (che invece era presente) riuscì non si sa come a ottenere l’utilizzo della Carnegie Hall in un giorno di chiusura. A quel punto, Mingus volle incidere anche quattro takes di una sua composizione (Bass-ically Speaking) che non è chiaro se fosse stata suonata a Toronto, oltre a un paio di minuti di un blues, rimasto senza titolo e finito in un cassetto da cui riemergerà solo a fine anni Ottanta. Camuffato con tanto di applausi posticci (e proprio per ottenere il riverbero della grande sala da concerto Mingus aveva pensato alla Carnegie Hall), Bass-ically Speaking sarà poi spacciato dal contrabbassista come proveniente dal concerto canadese e incluso nel disco dedicato al set di Bud Powell, assieme ad altre stranezze a tutt’oggi inspiegabili (vedi I’ve Got You Under My Skin, questa sì eseguita davvero a Toronto ma, chissà perché, mai apparsa sul disco a nome di Powell, e infilata assieme a Drum Conversation, il pezzo che Roach aveva eseguito in solitudine alla Massey Hall, sull’antologia Debut «Autobiography in Jazz»). Per non farsi mancare niente, il buon Mingus dette anche un’acceleratina alla velocità di almeno un paio di brani, cosa di cui ci si può rendere facilmente conto anche solo confrontando le durate: sul nastro non sovrainciso, Perdido dura 8:17 contro i 7:44 del master di Mingus, e allo stesso modo A Night in Tunisia dura 8:10 nell’originale e 7:32 nel nastro «manipolato».

Le sovraincisioni di Mingus, che vista l’epoca pionieristica e l’artigianalità della faccenda non sono neanche tecnicamente così brutali, finiscono comunque per produrre un singolare effetto straniante nell’unico brano in cui già nel nastro originale il contrabbasso si sentiva per davvero, quell’All the Things You Are in cui la sovrapposizione della nuova linea strumentale ci consente di ascoltare due Mingus che in pratica duettano tra di loro (e aguzzando l’orecchio, a meno che non si tratti di autosuggestione, si riescono a sentire anche due pianisti, ovvero Powell e Billy Taylor).

Insomma, tra leggende (tante) e fatti (pochi), questa complicata vicenda conserva ancora molti punti oscuri da esplorare e chiarire. Alla prossima puntata, quindi.

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