«Intermezzo». Intervista ad Alessandro Presti

Botta e risposta con il trombettista siciliano, fresco Nuovo Talento per la sua attività da leader ma già ben conosciuto dagli appassionati.

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Alessandro, complimenti per il riconoscimento nel nostro Top Jazz. Quanto hai dovuto faticare per raggiungere questo traguardo?
Grazie mille! Ho dovuto faticare non poco. Sicuramente dal 2016, anno di uscita del mio primo disco, mi sono preso un tempo piuttosto lungo in cui riflettere e fare tanta esperienza, suonando in diversi gruppi che mi hanno fatto crescere molto. Forse la forza di quest’ultimo lavoro, che artisticamente considero il primo vero lavoro è proprio questa. La libertà di cercare qualcosa senza avere fretta.

Secondo te, cosa è piaciuto di più del tuo lavoro e della tua tecnica?
Inizierei dicendo che la cosa che mi gratifica di più di questo premio è il fatto che sia riferito agli artisti che hanno pubblicato un disco nell’anno precedente. Quindi si premia la musica, le composizioni, i gruppi e tutto il lavoro che c’è a monte e che tante volte non si vede. Quindi per me è una «vittoria» corale di tutto il mio gruppo, che ringrazio ancora una volta.

Questa vittoria ti costringe a rivedere i tuoi piani o rimane tutto come prima?
Spero possa essere un motivo di interesse nei confronti della mia musica e del mio gruppo. Per me questo premio è un punto di partenza. La strada è lunga. Adesso posso contare su  un team di persone che lavora con me, Francesco Cammalleri, Fabio Rizzo della 800A records, che ringrazio.

Se avessi avuto l’opportunità di votare al Top Jazz, a chi sarebbe andato il tuo voto?
È molto difficile rispondere a questa domanda. Un musicista che stimo e che mi ha regalato le note di copertina del disco è Enrico Rava. Voterei lui per la sua artisticità e per tutto quello che ha dato alla musica. Ci sono davvero tanti talenti in Italia e per molti di loro ho una stima particolare. Alcuni di questi suonano nel mio gruppo.

Parliamo del tuo nuovo disco. In realtà, la cosa che mi ha subito colpito, prima ancora della musica, è stata la circostanza che sulla prima di copertina non si fa menzione alcuna del titolo. Immagino sia una scelta e non una svista. Perché?
E’ una scelta che abbiamo preso insieme al grafico e al produttore, mettendo così in risalto l’opera di Rori Palazzo. Prima di prendere questa decisione, che potrebbe sembrare piuttosto azzardata per un disco jazz in Italia, abbiamo fatto un lavoro di ricerca sulle uscite discografiche degli ultimi anni, dalla classica contemporanea alla musica sperimentale al Jazz. Scoprendo che tanti artisti hanno preferito lasciare la copertina senza nome e titolo.

Poi, scartandolo e aprendo il digipack, scopro che il cd reca il titolo che, dovrebbe essere «Intermezzo». E allora non mi spiego l’immagine in copertina, che evoca film horror d’alta scuola e del passato il cui titolo è Isola di Rori Palazzo. Che nesso c’è tra copertina, titolo e musica?
Ho scelto il titolo “Intermezzo” per descrivere un momento della mia vita. Un momento di sospensione. Per la prima volta ho composto cercando di essere quanto più “sincero” possibile nei confronti delle mie origini musicali. Cercando di non cadere in cliché. Riscoprendo nella mia scrittura una forte matrice mediterranea ed europea. Nell’opera di Rori Palazzo ci sono tanti elementi che mi rappresentano, c’è una porta. mi piacerebbe vedere cosa c’è al di là della stessa.

Hai messo su un super gruppo: ce ne vorresti parlare?
Sono musicisti con cui collaboro da anni. La musica di questo disco è stata composta pensando alle loro caratteristiche, penso sia questa una delle chiavi della buona riuscita di questo lavoro. Con Alessandro Lanzoni suoniamo insieme da otto anni nel quartetto di Roberto Gatto, abbiamo registrato insieme il mio primo disco, «Halaesa». Conosco il suo grande amore nei confronti della musica classica ed il suo nobilissimo background musicale. Questo mi ha permesso di liberare ancor di più la mia mente durante la fase di scrittura. Daniele Tittarelli è un musicista che stimo infinitamente, anche lui presente nel mio primo disco. Amo il suo suono e penso che in questo lavoro abbiamo trovato un bellissimo equilibrio timbrico e dinamico.
Gabriele Evangelista è un musicista coltissimo. In questo disco ha delle parti solistiche con l’arco che sono state composte proprio per lui. Suonate divinamente.
Enrico Morello è entrato a far parte di questo gruppo nel 2019. il suo ingresso nella band mi ha fatto subito capire che potevo spingermi oltre, soprattutto nella scrittura. in questo disco è il musicista che ha avuto il compito più difficile. Essendo una musica molto strutturata e composta, l’unico strumento senza una parte realmente scritta era la batteria. Lui ha fatto un lavoro di ricerca attraverso le parti degli altri strumenti, riuscendo ad orchestrare magnificamente la sua di parte.

Le musiche sono tutte a tua firma. Le hai concepite tutte per questo disco, oppure le hai composte nel corso del tempo?
Ho composto quasi tutto nei due mesi precedenti alla data di registrazione. Una full immersion. Ho anche attinto da idee, molte incompiute, che avevo scritto nei due anni prima della registrazione. Alcune di queste idee sono diventate dei preludi di alcuni brani presenti nel disco. Il lavoro di arrangiamento e orchestrazione è stato fondamentale.

Sei un siciliano doc. Nella tua musica c’è spazio per la Sicilia?
Sono legatissimo alla mia terra, la amo follemente. Mio padre è il maestro della banda musicale del suo paese d’origine, lo è dal 1992, sono cresciuto in mezzo agli strumenti a fiato. Anche adesso quando posso suono con la banda, mi riporta indietro nel tempo, una bella sensazione. Amo l’opera grazie alla banda. Ero un quattordicenne quando mi imbattevo nella Cavatina di Rosina e in molte arie d’opera. Tutto questo è riapparso in questo disco prepotentemente in questo disco. Adesso sto portando avanti un lavoro di ricerca sui canti di lavoro, popolari della Sicilia, scoprendo delle perle rare.

Il jazz che declini è contemporaneo, orientato verso gli Stati Uniti, ma anche con sospensioni e pause tipiche del jazz di marca scandinava. La tua impronta è chiara. Comunque, chi o cosa ha provocato questo disco?
In questo lavoro discografico sento più un ritorno alle mie origini. Certamente la scena musicale americana degli ultimi venti anni mi ha influenzato molto ma come dicevo prima per la prima volta ho cercato di comporre ispirandomi alle mie origini.

Hai tenuto fede alla tua terra anche affidandoti a una casa discografica siciliana, la 800a. E’ la tua prima esperienza con loro?
Con Fabio Rizzo e la 800A collaboro da tanti anni come arrangiatore e trombettista/contrabbassista. è una bellissima realtà e mi reputo fortunato ad avere una così  bella realtà nella mia città.

Quali sono i canali di distribuzione che hai utilizzato?
Distribuzione fisica con Audioglobe, distribuzione digitale su tutte le piattaforme disponibili, curata da Fuga Distribution.

Cosa pensi degli NFT e del c.d. Metaverso?
Non sono ancora molto ferrato in materia, purtroppo.

Alessandro, qual è il tuo rapporto con l’elettronica, con le tecnologie e i social?
Direi che ancora non ho approfondito il mio rapporto con l’elettronica ma mi piacerebbe farlo nel prossimo futuro. Il mio rapporto coi social sta migliorando molto nell’ultimo periodo, sto cercando di promuovere la mia musica. In questo devo ringraziare la 800A ed il suo team.

Quali sono le tue esperienze artistiche che ritieni maggiormente significative?
Sicuramente suonare da otto anni con un musicista come Roberto Gatto mi ha dato e continua a darmi tantissimo. è un grandissimo conoscitore della musica in generale e mi ha insegnato tanto, credendo in me fin da subito. L’incontro fortunato nel 2011 con Eddie Gomez, devo assolutamente ringraziare Toti Cannistraro, e le tournée negli anni successivi col suo gruppo mi hanno fatto capire che potevo fare della musica la mia vita. L’esperienza a New York nel 2013 mi ha fatto conoscere da vicino questa musica meravigliosa. L’aver formato e diretto la Tatum Art Orchestra mi ha dato la possibilità di scrivere tanto e approfondire l’arte dell’arrangiamento. Avere a disposizione un gruppo di musicisti e amici che suonano la mia musica, anche questa è un’esperienza bellissima.

Alessandro, è difficile essere un musicista in Italia?
E’ difficile stare al passo coi tempi, tutto è più veloce, a tratti frenetico, sarebbe bello se tutti ci ritagliassimo più tempo per l’arte, per la bellezza. La musica rimane la colonna sonora del mondo e noi dobbiamo fare di tutto per farla vivere. In Italia c’è una bella scena musicale, i talenti non mancano. Mi piacerebbe vedere all’interno delle programmazioni dei grandi festival degli spazi dedicati ai giovani compositori. ce ne sono tanti. Tirando le somme penso che sia un bel momento per fare il musicista.

Quali sono i tuoi prossimi impegni e i tuoi obiettivi?
Portare in giro «Intermezzo» e scrivere altra musica da registrare presto, viaggiare.
Alceste Ayroldi