Arnaldo Antunes, l’autore brasiliano membro dei Tribalistas con Marisa Monte e Carlinhos Brown, ci parla del suo nuovo, singolare album.
Per spiegare il titolo criptico del disco «RSTUVXZ» non possiamo che affidarci alle parole del suo autore, Arnaldo Antunes. Capirne il contenuto, invece, è decisamente più semplice. Bastano i primi brani per rendersi conto di come quello che ci si appresta ad ascoltare sia un episodio del tutto inedito nella carriera dell’artista paulistano. Da sempre legato all’universo pop-rock brasiliano, dai Titãs ai Tribalistas, Arnaldo Antunes propone oggi per la prima volta un lavoro che si colloca a metà strada tra rock e samba. A chi guarda a questo lavoro con scetticismo per il passato rockettaro di Arnaldo, va ricordato che l’artista ha flirtato più volte con con le sonorità care ad Adoniran Barbosa, Cartola o Dorival Caymmi, pur trattandosi sempre di episodi isolati. Questa volta, invece, è tutt’altra cosa. «RSTUVXZ» è un vero e proprio tuffo nel samba, nelle sue sonorità e declinazioni, che nel lavoro di Antunes si specchiano con l’universo rock in un’alternanza metodica e raffinata. Per ogni samba un rock, come due facce della stessa medaglia. Attenzione però a non confondere questo lavoro con l’ennesimo disco di samba-rock. No, in «RSTUVXZ» i due universi si limitano a scivolare l’uno sull’altro. E dai loro contrasti, da quell’attrito inevitabile che si apprezza nei cambi di mano, si riesce ad apprezzare la vera anima di questo lavoro in cui pandeiro e batteria, cavaquinho e chitarra elettrica giocano sullo stesso piano pur mantenendo una certa individualità strutturale. In questo senso, Arnaldo Antunes, con la produzione di un musicista raffinatissimo come Curumin – esponente di spicco della nuova generazione di musicisti paulistani – si dimostra capace di dominare questi due universi come pochi altri nel panorama nazionale.
Il repertorio del disco, formato da dieci brani, è composto per quasi la sua totalità da pezzi inediti, quasi tutti a firma di Arnaldo Antunes in collaborazione con artisti del calibro di Marisa Monte, Cézar Mendes, Pretinho da Serrinha, Carminho, Pedro Baby, Carlinhos Brown, André Lima, Paulo Miklos e Brás Antunes e Marcelo Fromer. Unica eccezione è Pense duas vezes, che uno dei suoi autori (Marcelo Jeneci) incluse nel suo disco d’esordio «Feito Pra Acabar» nel 2010.
Come nasce l’idea di creare un disco che unisce il rock al samba?
Nella mia carriera mi sono già cimentato con alcuni classici del samba riproponendoli in versione rock. Mi riferisco a brani come Alegria, Só Solidão e alcuni altri samba che ho composto nel corso del tempo. Si è sempre trattato, però, di momenti isolati esattamente come è avvenuto per il rock durante il periodo con i Titãs. Non mi sento legato a nessun genere musicale in particolare. Per quel che riguarda il disco, l’idea è nata recentemente per varie ragioni. La prima è che in tutta la mia carriera ho composto molti samba eppure non riesco proprio ad immaginarmi nel registrare un disco monotematico. Allo stesso tempo non mi sentirei a mio agio nel tornare a fare un lavoro che riproponga il rock duro. Mi sento attratto, invece, dalla convivenza di questi due generi che in un certo modo mi appartengono. Mi affascina l’idea di poter esplorare il contrasto, l’attrito che esiste due realtà cosi apparentemente diverse. A ogni modo, ti accorgerai che in questo lavoro filtro i due generi attraverso il mio personalissimo modo di fare musica, avvalendomi della collaborazione della stessa band che mi accompagna ormai da anni.
Il titolo del disco può embrare parecchio criptico. Ce lo spiegheresti?
A dirti la verità, a me sin dall’inizio questo titolo è sempre sembrato molto diretto e chiaro. Solo in un secondo momento mi sono reso conto che, effettivamente, non lo era! Trovo comunque molto interessante questa esitazione collettiva di fronte al titolo. Per rispondere alla tua domanda, la R sta per rock, la S per samba e le lettere che seguono indicano tutte le contaminazioni musicali che permeano l’intero album.
All’inizio pensavi di utilizzare un altro titolo, «Bipolar». Sbaglio?
In realtà questa era un’idea che avevo avuto tempo fa e non per questo disco. Quello che volevo fare era un disco che contenesse su un lato i samba e sull’altro il rock. Alla fine non ne ho fatto più di niente. Quando, recentemente, ho ripensato di riprendere in mano quella vecchia idea, ho preferito alternare i brani in modo sistematico.
Ho trovato molto interessante il fatto che i brani sfumino l’uno nell’altro e che il passaggio dal rock al samba sia quasi naturale, come se si trattasse di due facce della stessa canzone. Tutto questo è intenzionale?
Si è trattato di stata una ricerca della quale si è occupato principalmente Curumin. A lui si deve il passaggio organico tra un brano e l’altro, tanto da sembrare che una traccia continui nella successiva, annullando le differenze che esistono tra i due generi. In questo modo, se da un lato si evidenzia lo scontro tra un genere e l’altro, dall’altro abbiamo reso lo shock più accettabile.
Parlaci del brano Precavê, che arriva da lontano.
Quasi tutti i brani contenuti nell’album sono abbastanza recenti, tranne questo che citi e che risale agli anni Ottanta. L’ho scritta a quattro mani con Marcelo Fromer, ex membro dei Titãs scomparso prematuramente negli anni Novanta. Ho scritto molte canzoni con lui, e le ho sempre conservate in quello che Carlinhos Brown chiama scherzosamente il «baule delle buone occasioni». Ecco, Precavê è stata pescata in questo baule e si colloca perfettamente nel concetto di base di questo primo album. Allora perché non registrarla?
Mi ha incuriosito molto il primo brano del disco, intitolato A Samba. Normalmente in Italia ci si riferisce al samba usando il genere femminile. In Brasile è l’esatto contrario. Qual è la ragione di questo titolo?
Non sapevo che all’estero si usasse il femminile per identificare il samba, ma è assolutamente comprensibile se si pensa al fatto che il sostantivo termina con la lettera A. Comunque il testo di questo brano offre la chiave di lettura corretta per capirne il titolo. Si tratta di un omaggio alla presenza femminile nel mondo del samba. Recentemente ci ha lasciato Dona Ivone Lara, una sambista eccezionale che ha dovuto lottare molto per affermarsi in un universo musicale estremamente maschilista. A ogni modo, quando ho iniziato a scrivere il testo avevo in mente la figura di una donna capace di incarnare questo tema, come avevo fatto nel brano Nela Ninguém Manda. Durante il processo compositivo, però, il brano si è aperto a un intero versante femminile che oggi, in Brasile, è in grado di rappresentare il samba.
Nel disco emerge un altro mondo che ti appartiene, quello dei Tribalistas. Mi riferisco al brano Serenata de Domingo. Perché questo brano è finito nel tuo disco e non in quello dei Tribalistas?
Perchè per il secondo disco dei Tribalistas io, Carlinhos Brown e Marisa Monte abbiamo composto circa venti brani e, di conseguenza, alcuni di questi sono rimasti fuori dalla tracklist finale. Uno di questi è appunto Serenata de Domingo. Ma ce ne sono altri, come De Trem, de Carro ou a Pé. Carlinhos Brown ne ha registrato un altro ancora nel suo ultimo disco. Serenata de Domingo, comunque, non è propriamente un samba ma piuttosto un brano più pop. Certo è che il samba è un genere sconfinato che raccoglie varie declinazioni.
Abbiamo parlato del secondo disco dei Tribalistas. Come ti muoverai con la programmazione delle due tournée?
Dovrò alternarmi. Ora ho dei concerti per la promozione di questo disco, poi alla fine di luglio dovrò fermarmi per la tournée dei Tribalistas.
Pietro Scaramuzzo
[da Musica Jazz, settembre 2018]