Vilnius Mama Jazz Festival 2025 – XXIV edizione, 22-25 maggio 2025

Dall'eredità di Esbjörn Svensson a Ganelin, da Bilal alle sperimentazioni baltiche: quattro giorni nella capitale del jazz del Nord

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La ventiquattresima edizione del Vilnius Mama Jazz Festival, in Lituania, s’è chiusa in bellezza col concerto-tributo all’Esbjörn Svensson Trio (e.s.t.), uno dei gruppi più rappresentavi del jazz del nord Europa il cui leader è morto tragicamente nel 2008 a quarantaquattro anni durante una immersione subacquea. Il cartellone recitava “30 Years e.s.t.”, anche se dal 1993, quando è stato fondato il gruppo, di anni ne sono passati trentadue, ma a Vilnius è stato replicato l’omaggio ideato e portato correttamente sulle scene nel 2023. Promotori dell’impresa sono proprio i due compagni che erano con Svensson nel trio: il batterista Magnus Öström e il contrabbassista Dan Berglund, che durante lo svolgimento del concerto hanno via via chiamato per ogni successivo brano un nuovo ospite, fino a formare un sestetto: in ordine di entrata il pianista Joel Lyssarides, il chitarrista Ulf Wakenius (che per undici anni fu nell’ultimo dei quartetti di Oscar Peterson), il sassofonista e flautista Frederik Ljungkvist e il trombettista Mathias Eick. Sono stati eseguiti brani del repertorio che fu dell’e.s.t., tutti composti da Svensson, rispettandone le peculiarità per il sostegno dato da Berglund con potente e rotonda cavata e da Öström con un drumming che può procedere semplice e disteso o aggrovigliarsi in complicati giochi di tamburi e piatti, come entrambi facevano con Svensson; e per il piano del giovane Lyssarides, con approccio più accademico e una precisione senza sbavature. L’aggiunta dei fiati e della chitarra ha invece allontanato la musica dallo spirito e dalla impostazione originale, spostando l’asse verso una forma ben regolata di jam session, dove i solisti hanno fatto bella mostra di sé con interventi pertinenti e pieni di pathos, spesso procedendo insieme e parallelamente in crescendo d’intensità: Wakenius s’è distinto in Seven Days Of Falling, Ljungkvist al flauto in Tuesday Wonderland, Eick in 800 Streets By Feet, Ljungkvist al sax tenore in Elevation Of Love, tutti in Good Morning Susie Soho dove si sono raggiunti accesi momenti di disarticolata libertà. Gioielli dal punto di vista compositivo, oltre che dell’improvvisazione, le ballad Waltz For The Lonely Ones e, eseguita come bis, Believe, Beleft, Below.

Dan Berglund
Dan Berglund
Magnus Ostrom
Magnus Ostrom

La manifestazione s’è svolta dal 22 al 26 maggio al Lithuanian National Drama Theatre, teatro bellissimo e moderno, lungo la via principale dello shopping, dotato di due sale concerto: nella principale, la new hall, c’è stata la rassegna ufficiale (Main Stage), con nomi internazionali, mentre nella small hall una rassegna parallela gratuita (Showcase Stage), con alcuni rilevanti esponenti del jazz lituano. Sono ventiquattro anni che Judita Bartoševičienė (è lei Mama Jazz) dirige la rassegna, diventata una delle più importanti del Nord Europa. Questa volta gli inviti a gruppi operanti negli Stati Uniti, a differenza delle edizioni precedenti (per esempio, nel 2024 erano stati chiamati Mark Dresser, Larry Ochs, Satoko Fujii, Rabih Abou-Khalil e Immanuel Wilkins), sono stati ridotti al solo cantante Bilal, che nella sua performance ha mescolato soul, R&B, funk e jazz delineando un hip hop futuristico attraverso una voce che spazia dai bassi profondi al falsetto (con fugaci passaggi alla James Brown e alla Prince), accompagnato da un eccellente trio con chitarra (il bravissimo Randy Runyon), basso e batteria.

Bilal
Bilal
Bilal
Il gruppo di Bilal

Gli hanno fatto il paio altri due cantanti, quelli del gruppo inglese Steam Down: Ahnansé, leader e anche sassofonista, e Afronaut Zu, accompagnati da Lorenz Okello alle tastiere e sinth e Nate Ricketts alla batteria. Per la musica considerata innovativa, la band ha avuto in carriera molti riconoscimenti, anche se sound, atmosfere e ritmi riportano indietro ai primi anni Novanta, ricordando la rave music inglese, con ritmi incalzanti, voci tenebrose e infervorati interventi al sax di Ahnansé, il tutto avvolto in una nuvola multicolore di suoni elettronici.

Sulla falsariga, sempre miscelando hip hop e musica elettronica, ma senza alcun intervento vocale, si sono mossi con maestria gli Y-Otis, con Otis Sandsjö al sax, clarinetto e synth, Petter Eldh al basso e synth, Dan Nicholls alle tastiere e synth, Jamie Peet alla batteria, che hanno messo insieme un programma zeppo di vigore e di suoni foschi e ritmi infervorati, senza dare spazio a pause: Sandsjö ha preso la scena con un solismo insistente, un po’ contorto, un po’ cantabile, spesso con brevi frasi ripetute in loop, usando anche la respirazione circolare e insinuandosi simbioticamente nel contesto generale che sembra derivare da un rave after-party di un club di Bristol.

Petter Eldh e Otis Sandsjo
Petter Eldh e Otis Sandsjo

Anche l’ottantenne pianista e compositore Vyacheslav Ganelin da tempo fa uso di tastiera elettrica e synth, ma in modo del tutto differente. Nel concerto del suo Alliance Trio, ha posto due piccole tastiere sopra il pianoforte, una che produce il suono dell’organo, l’altra effetti sonori campionati, suonandole alternativamente o contemporaneamente al piano, con misura, senza enfasi effettistiche, pienamente in accordo con la sontuosa ampia composizione presentata, una suite di quarantotto minuti che attraversa differenti situazioni musicali e che è stata, secondo il parere di chi scrive, il punto artisticamente più alto del festival. Il pianista russo, uno degli musicisti più importanti della scena jazz d’avanguardia europea negli anni Settanta e Ottanta, ha formato il trio Alliance unendosi a due affermati jazzisti lituani, il sassofonista Petras Vyšniauskas e il batterista Arkady Gotesman, procedendo insieme pariteticamente nell’eseguire e interpretare la sua complessa composizione,  che viene integrata e aumentata in piena sintonia espressiva e formale dall’improvvisazione, a cui viene dato ampio spazio. L’inizio è disteso e melodicamente bucolico, per poi avere numerose trasformazioni, vivacizzandosi sino a momenti di garbugli caotici, facendo emergere suoni d’organo dai toni profondi, con il piano che si torce in rapidi dissonanti fraseggi, la batteria che infittisce i suoi colpi e il sax che echeggia antiche melodie popolari interpretate attraverso la razionalità di Anthony Braxton, la libertà di Steve Lacy e la passionalità di John Coltrane; tutto confluisce in un maelstrom cupo ed elaborato, che media free jazz, musica dotta contemporanea e istanze folkloriche baltiche.

Ganelin
Ganelin
Ganelin Trio Alliance
Trio Alliance

S’è passati ad altro genere con il chitarrista norvegese Eivind Aarset, che s’è presentato con i due batteristi e percussionisti Wetle Holte ed Erland Dahlen, il bassista Audun Erlien e il musicista elettronico abile nel campionamento Sven Persson. Aarset continua a sperimentare i suoni, le atmosfere e le dinamiche che costruiscono una allucinatoria fusione di ambient, avant-rock e noise, con i brani che come comun denominatore hanno i lenti e costanti crescendo, i tempi dispari e i metri composti, l’uniformità delle sonorità (a parte l’aumento d’intensità e volume). Fra temperie di gotico americano, campionamenti spettrali e meccanicità robotiche, s’intravedono di lontano le trame sincopate di Bjork, i toni lugubri di Nick Cave, il minimalismo elettronico di Jon Hassell.

Eivind Aarset
Eivind Aarset
Eivind Aarset
Eivind Aarset Group

Sempre nel main stage sono stati inseriti altri due gruppi britannici: quello di Theon Cross e l’Ishmael Ensemble. Cross, che s’è fatto conoscere per la militanza nei Sons Of Kemet di Shabaka Hutchings, ha rimesso in auge nel jazz contemporaneo, assieme a Jose Davila, Oren Marshall e Jon Sass, il basso tuba, di cui è un virtuoso. Tutto il concerto del quartetto (Nikos Ziarkas alla chitarra, James Achers al sax, Nadav Schneerson alla batteria) è stato incentrato sul suo strumento, sia perché accompagna facendo le funzioni del basso, sia perché lungamente improvvisa senza evitare di ripetere le medesime rimbombanti figure melodiche, tanto da diventare alla lunga ridondante.

Theon Cross
Theon Cross

Synth onnipresenti anche con l’Ishmael Ensemble, guidato dal sassofonista, cantante e producer Pete Cunningham e formato dalla cantante Holysseus Fly, dal chitarrista Stephen Mullins, dal bassista Jake Spurgeon e dal batterista Rory O’Gorman. Il gruppo esplora territori dance e progressive house, con bassi pulsanti, ritmi dal passo incalzante arricchiti di inflessioni broken beat, che si alternano agli interventi vocali della Fly e a nuvole di suono lungamente sospese in aria che avvolgono tutto in lente spirali.

Ishmael Ensemble
Ishmael Ensemble

Per quello che riguarda il main stage, abbiamo lasciato in ultimo il Vilnius X-O del batterista Marijus Aleksa, perché formato da tre eccellenti musicisti lituani: oltre il leader, sono Paulius Kilbauskas alle elettroniche e Dominykas Vysniauskas alla tromba, flicorno e trombone. Aleksa, diventato punto di riferimento della scena del nu-jazz di Londra, dove è stato per oltre dieci anni, ha presentato una musica sui generis rispetto alle usuali combinazioni di jazz con elettronica, hip hop, dub, afro-beat e avant-rock (sulle quali il Mama Jazz Festival, abbiamo visto, ha focalizzato quest’anno l’attenzione): le elettroniche sono usate con parsimonia, la batteria è essenziale, non fragorosa perché suonata principalmente sui tamburi, poco sui piatti, e c’è l’inserimento non abituale della tromba (e in seconda istanza del trombone), una tromba che suona diretta e naturale, senza eccessive manipolazioni del suono, che spazia con fraseggi asciutti e tono squillante fra i ritmi arcigni della batteria e le puntualizzazioni elettroniche con naturalezza piena di pathos.

Sin dalla prima edizione uno degli scopi principali del festival è di supportare e far conoscere i jazzisti lituani oltre i confini, tanto che una parte importante del programma è lo Showcase Stage, inaugurato nel 2016. Si tratta di una piattaforma in cui artisti e gruppi jazz per la maggior parte lituani, giovani e meno giovani, accuratamente selezionati, hanno l’opportunità di presentarsi ai rappresentanti dell’industria jazz internazionale invitati a Vilnius: critici musicali, giornalisti, produttori e organizzatori di grandi e importanti festival jazz, rappresentanti di club e agenzie. Quest’anno sono state proposte nove validissime compagini dagli svariati indirizzi stilistici in due pomeriggi dalle 14,30 alle 18 nella small hall del Teatro.

Due di questi gruppi fanno perno su una figura importante del jazz baltico, il sassofonista e clarinettista Vytautas Labutis. Il primo in un duo col fisarmonicista Andrius Balachovičius, anch’egli un virtuoso, che hanno sciorinato in perfetta sintonia e con spavalda sicurezza brani di differenti ispirazioni, sia jazz che di musica classica e folk lituano, magistralmente amalgamate. Il secondo in un trio con un’altra affermata artista lituana, la cantante e flautista Neda Malūnavičiūtė, e con il giovane pianista Richard Banis d’impostazione classico-accademica: diverse attitudini che si sono compattamente unite in uno spettacolo accuratamente preparato, in cui sono stati inseriti alcuni efficaci passaggi di carattere giocoso-teatrale grazie all’esuberante istrioneria della Malūnavičiūtė.

Vytautas Labutis
Vytautas Labutis e Andrius Balachovicius
Neda Malunaviciute e Vytautas Labutis
Neda Malunaviciute e Vytautas Labutis

Anche un altro gruppo, il Luvhurts, ha fatto prevalere, su una base musicale drammaturgicamente ben congegnata, l’aspetto teatrale: il pianista (e sporadicamente trombettista) Mantvydas Leonas Pranulis e il batterista Dominykas Snarskis hanno supportato con i giusti accenti e le adeguate enfasi la “recita” simil simbolico-futurista-dada del sassofonista Kornelijus Pukinskis che ha suonato correndo freneticamente in circolo attorno al palco, ha letto lettere, s’è fatto incatenare.

Concentrato invece unicamente sulla musica è il giovane ma già affermato alto sassofonista, compositore e arrangiatore Leonardas Pilkauskas che con il nuovo Trio El Grey ha presentato sue felici composizioni dalle caratteristiche diverse, per esempio costruzioni che si rifanno alla musica contrappuntistica barocca o altre a compositori del primo Novecento, ma unite stilisticamente da arrangiamenti che si basano su sonorità e ritmi nu-jazz e dal suo modo personale di suonare il sax, incisivo, espansivo, eloquente.

Due donne hanno guidato altrettante band: la pianista Agnė Pasaravičienė e la cantante Veronika ChiChi.

La Pasaravičienė ha avuto al fianco il sassofonista Tadas Pasaravičius, con cui suona insieme da oltre dieci anni, Jan Sedlak al contrabbasso e Yannick Ballmann alla batteria, per presentare una musica da lei composta con seducenti idee melodiche di stampo classicheggiante e folk, destinate ad essere scardinate dagli energici interventi solistici, sempre in crescendo di intensità, di Pasaravičius.

Agne Pasaraviciene
Agne Pasaraviciene

Più spostato verso la sponda folklorica è invece lo spettacolare canto della ChiChi, che sa tenere note acutissime cristalline senza la minima increspatura mescolandosi ai suoni nebulosi, lunghi e statici costruiti dai compagni Dmitrij Golovanov al piano, Artūrs Duckis al basso e Domantas Razmus alla batteria, ma anche quando subentrano risoluti stilemi rock o fusion.

Dmitrij Golovanov e Veronika ChiChi
Dmitrij Golovanov e Veronika ChiChi

Anche il batterista Tuomas J. Räsänen, in arte Freaky Kid, s’è presentato come cantante, ma ignorando ogni aggancio con il jazz attraverso una raffinata musica pop sottolineata dal suo energico drumming e dalla sua accattivante vocalità.

Con i rimanenti ultimi quattro gruppi si è scivolati verso lo sperimentalismo con uso di elettronica.

Dmitrij Golovanov, lo stesso pianista che fa parte del gruppo di Veronika ChiChi , s’è unito in duo, questa volta anche usando il live sampling, con il sassofonista soprano Jan Maksimovicz, dando vita a un set dalle varie sfaccettature: con una intesa perfetta derivata da una collaborazione che dura da vent’anni, hanno proceduto con laconica e incisiva efficacia espressiva, alternando momenti vigorosi ed espressivamente appassionati ad altri più spaziati e giocati sulle pause e i suoni isolati.

Fanno parte della più giovane generazione di musicisti lituani i componenti di un altro duo denominato Keista Bjauri Žuvis, con Aistė Kalvelytė alla batteria e Julius Čepukėnas alle elettroniche. Hanno prodotto musica stordente con Čepukėnas che agisce con un sequencer elettronico iterando con insistenza a loop onde sonore di continuo variate lievemente di sonorità e di accenti, e con la Kalvelytė che con vigoria fisica e tecnica pirotecnica lo affianca in un continuo potente assolo di stampo punk-rock che non da tregua.

Ancora un duo, The Folds, s’è proposto con uso di sequencer elettronico (ma anche piano e chitarra) da parte di Domantas Pūras e di batteria da parte di Dominykas Snarskis, con meno foga e con composizioni di più lunga durata rispetto al Keista Bjauri Žuvis, ma sempre procedendo insistentemente sulle medesime sequenze armoniche e senza calare mai di tono, aggiungendo sporadicamente qualche novità su ritmi inesorabilmente ossessivi.

The Folds
The Folds

Ultimo gruppo della serie lituana è il Duck Saved Jones formato da Dovydas Jonas Šulskis alla batteria, Andrius Savčenko alle tastiere ed elettroniche e Artūrs Duckis al basso. Anche loro intrecciano jazz, ritmi trap, strati elettronici, elementi di R&B e musica dance in composizioni strutturate e susseguenti improvvisazioni che, tra la vivacità degli strumenti acustici e le trame spaziali create dai sintetizzatori, costituiscono idealmente la colonna sonora della contemporanea vita urbana.

Il programma del festival ha incluso anche masterclass con i musicisti jazz più in vista, conferenze, dibattiti e incontri, progetti artistici in vari ambiti, proiezioni cinematografiche, mostre e jam session notturne. Queste si effettuano presso il Jazz Cellar 11, dove una notte abbiamo ascoltato altri valenti giovani jazzisti locali che si alternavano sul palco suonando un hard bop avanzato con pertinenza e vigore espressivo. Abbiamo segnato qualche nome: Domas Ziegoraitis, alto sassofonista, Kestutis Malskis, tenor sax, Andrius Savcenko, pianista, Joseph Dombrauskas, contrabbassista, Dovydas Jonas Sulskis, batterista.

 

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