Le variazioni Goldberg secondo Dan Tepfer

Il concerto conclusivo della bella e innovativa rassegna Bari Piano Festival, diretta da Emanuele Arciuli, affidato al pianista franco-americano.

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Bari, 29 agosto 2021
Dan Tepfer, spiaggia di Pane e Pomodoro

A volte l’intraprendenza paga. E paga bene, visto il successo di pubblico (entusiasta, tra l’altro) ottenuto dalla quarta edizione del festival barese, che ha portato in luoghi non consueti alla celebrazione della musica, il pianoforte contemporaneo e le sue declinazioni. Musica non sempre di facile assimilazione, come l’avanguardia di Karl-Heinz Stockhausen con Kontakte o il concerto per quattro pianisti dedicato a Luciano Berio. Ma anche la musica che s’accompagna alla recitazione di Paola Pitagora prima e di Iaia Forte, poi. La lezione concerto di Emanuele Torquati, il tributo a Franco Battiato di Carlo Guaitoli con Luca Ciammarughi. E ancora: la pianista Tamara Stefanovich, il simpatico e rivoluzionario Teotronico di Roberto Prosseda, Alexandre Tharaud.
Arciuli tiene sempre a mente che la musica è una, inscindibile. E non fa distinzioni tra generi. L’apertura, quindi, è spettata a Omar Sosa, mentre l’epilogo di questa edizione è andata a Dan Tepfer.
Dice bene l’assessore alle Culture, Marketing territoriale e Turismo del comune di Bari Ines Pierucci allorquando sottolinea che l’importanza di questo festival, oltre all’eccellente livello della musica, è quello di essere diffuso, di toccare luoghi inusitati, come la spiaggia di Pane e Pomodoro, dove Tepfer si è esibito il 29 agosto.
Emanuele Arciuli, che ha introdotto tutti i concerti con competenza e con innata semplicità esplicativa, dopo aver ringraziato l’amministrazione comunale anche per la sua duttilità nell’aver aperto le porte del teatro Piccinni nelle giornate di pioggia, ha ricordato l’importanza «silenziosa», ma costantemente presente, dell’ente Teatro Pubblico Pugliese.

Dan Tepfer
Bari, 29 agosto 2021
Foto di Alceste Ayroldi

Il trentanovenne pianista nato a Parigi, ma residente negli Stati Uniti d’America, già al fianco di Lee Konitz, ha portato in scena Sua Maestà Johann Sebastian Bach; in particolare le trenta Variazioni Goldberg, che Tepfer ha rilanciato con quella grazia e quel tatto che solo i giganti del pianoforte sanno fare. Ogni variazione è stata prima eseguita come da partitura, poi la passacaglia è stata passata al setaccio di Tepfer improvvisatore. Il pianista franco-americano ha eseguito tutto senza partitura: sul palco c’era lui, il pianoforte, lo spirito di Bach e la sua mente che volava di tasto in tasto. «Ogni volta che eseguo le Variazioni Goldberg è un’avventura per me», dice Tepfer con un sorriso disarmante e una palpabile emozione. Goldberg Variations/Variations è il titolo del progetto e così è. La sua concentrazione è da musicista classico, da improvvisatore assoluto. Non ci mette il mestiere, ma solo il cuore e l’anima. E la sua tecnica. E’ rapito sia quando esegue Bach, sia quando fa sì che Bach intoni il blues, il jazz. Crea dissonanze, apre argomenti d’improvvisazione che andrebbero sviluppati: ma lui, ovviamente, lascia sospeso il dialogo. E ne apre un altro e un altro ancora. Prende le linee melodiche e le fraziona, le sviluppa. Parla con Bach. E Bach parla benissimo anche la sua lingua.
Alla fine, oltre all’ovazione del pubblico, che ha assistito rapito, nonostante il vento di maestrale sferzante, anche Johann Sebastian Bach era lì a gongolare e applaudire.
Alceste Ayroldi

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