GIANNI GEBBIA «Vapor»

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AUTORE

Gianni Gebbia

TITOLO DEL DISCO

«Vapor»

ETICHETTA

Objet-a

Le ricerche eterogenee del musicista palermitano, tra indagini sul patrimonio musicale antico e barocco, investigazioni sulle mutazioni vitali nel jazz e perlustrazioni sulle potenzialità ancora inespresse dei suoni elettronici, si muovono in questo nuovo manufatto verso altri orizzonti. Qui siamo proiettati da un lato in una dimensione ancestrale, in un futuro antico, potremmo dire, riprendendo il nome di una storica formazione italiana, e dall’altro cosmica, sospinti verso l’ignoto nell’universo. Il tappeto volante per il viaggio spaziotemporale si chiama bansuri, flauto della tradizione musicale indiana, strumento sacro (Krishna, ricordiamolo, ne possiede uno) reso classico dall’opera del maestro Hariprasad Chaurasia e coltivato dalle sue allieve Debooriya e Suchismita Chatterjee. Una scuola frequentata da Gebbia per approfondire la conoscenza dello strumento, eletto a protagonista dell’album, impiegato come voce principale del racconto, sebbene facciano capolino qui e là i consueti attrezzi jazzistici, vari sassofoni, rendendo più stratificata la materia sonora assemblata per l’occasione. A far invece da navicella per viaggiare nell’infinito del cosmo è parimenti l’elettronica, il mezzo più consono all’esprit du temps secondo Gebbia, (e giustamente, aggiungiamo noi). Piani musicali diversi, dunque, per un sunto di ottima fattura, che pare una colonna sonora per un viaggio nell’inner space. Una navigazione alla quale partecipano a vario titolo un altro palermitano, Sigismondo d’India, del quale viene rielaborato un frammento del madrigale O bramato Arione per il brano Arione, che pare musica plunderphonic di oswaldiana memoria, e andando più indietro nel tempo, Hildegard Von Bingen, autrice di Quia ergo femina mortem instruxit, qui nell’esecuzione della svizzera Catalina Vicens, da cui viene prelevato un altro frammento, trasfigurato elettronicamente e finemente trattato. C’è anche il poeta René Char, perché da un suo verso arriva il titolo del brano Sciamar la polvere, incontro concitato tra elettronica turbinante e ruminazioni sassofonistiche. Materiali eterogenei, musica modale, spirituale, poesia novecentesca, per una musica molto cinematica, assai suggestiva, a tratti di grande atmosfera (Eolo, dai tratti più indiani che mediterranei, per esempio), oppure sorretta da un battito ritmico (Lunedda Isochronic, che ricorre a frequenze dei toni isocroni). Elettronica nuda nel concitatissimo trittico Malini (le schegge I, II e III). Un vero respiro cosmico si propaga invece nella meditabonda e contemplativa Elixir, in Albedo (che apre in forma breve e chiude in versione estesa l’album), profondissima preghiera nel taglio lungo, dal sapore barocco e spaziale nei colori, vagamente prossima alle storiche incisioni di Surman negli anni Ottanta, ma d’altra parte in questo disco si entra e si esce da epoche e luoghi diversi, pur rimanendo sempre nello stesso punto, ovvero lo spazio interiore di Gebbia. Vertice dell’album è il brano eponimo, ideale congiungimento con un’altra esperienza mistico/ cosmica di presunti indiani, ovvero i nativi nordamericani, perché qui Gebbia rimanda molto ai Coyote Oldmann, duo alle prese da tempo con flauti antichi della loro tradizione ed elettronica. L’anima, si sa, è universale.
Gennaro Fucile

DISTRIBUTORE

objet-a.bandcamp.com

FORMAZIONE

Gianni Gebbia (fl. bansuri, alto, sop., bar., sint., sampling).

DATA REGISTRAZIONE

Palermo, 2023-2024.

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