AUTORE
Gush
TITOLO DEL DISCO
«Afro Blue»
ETICHETTA
Trost
Non è omonimia: il brano eponimo di questo album è proprio quello scritto da Mongo Santamaria che Coltrane espanse fino ai limiti dell’impossibile, come ricorderà soprattutto chi ha presente la versione monstre, che sfiora i quaranta minuti, presente su «Live in Japan». Un monumento all’invenzione omaggiato dai tre audaci svedesi in una versione sfavillante registrata al Jazzclub Fasching della capitale svedese. Rimasta nel cassetto per un quarto di secolo, è spuntata fuori per caso rispettando anche stavolta le leggi della serendipità anche perché ha riportato alla luce un piccolo tesoro. Merito involontario di Strid, che sistemando file dai suoi hard disk ha ritrovato un’audiocassetta contenente questa registrazione. Fortunatamente, il DAT originale era ancora in possesso di Sandell e così questa bella performance ora è anche un disco. Il trio nacque nel 1988 per volontà di entrambi i musicisti, che erano intenzionati a varare un progetto basato su procedimenti in qualche modo legati a quello del classico bordone, ispirandosi al suono del duduk, l’antichissimo strumento a fiato armeno a doppia ancia portato, per così dire, alla fama internazionale da un maestro come Djivan Gasparyan. A tal fine venne convocato in qualità di sopranista l’allora giovane ma già indaffaratissimo Gustafsson. Da allora il trio è rimasto saldo seppure prendendosi abbondanti pause, e quando arrivò a suonare nel locale di Stoccolma aveva abbandonato la missione originaria votandosi a una bollente pratica improvvisativa. Si prenda la versione di Afro Blue, con uno sfolgorante Gustafsson al tenore, che già allora si prefigurava come il vero erede di Brötzmann. Il suo tenore urla, geme, graffia, ulula, ruggisce, scatena una vera tempesta senza mai dimenticare il tema melodico. L’accompagnamento ritmico è all’altezza del compito, deciso, secco, mentre Sandell dosa con precisione toni epici e drammatici. In scaletta è preceduto da due composizioni di Sandell provenienti dal suo album uscito quell’anno, «Behind the Chords». Il primo brano è un vero e proprio tour de force (si sfiora la mezz’ora totale), Behind The Chords V, che Sandell dirige dall’inizio alla fine, mettendosi anche qui in bella mostra, sia quando spinge sul versante ritmico/percussivo sia quando predilige spostarsi su un versante più lirico, come anche in Afro Blue. A sua volta, Strid si ritaglia un assolo avvolgente e trascinante, articolato, a base di rullate iperveloci Nell’altro brano, Behind the Chords VI, un arzigogolato ragionamento di impronta cameristica, oltre ad ammirare le avvincenti acrobazie di Sandell sulla tastiera, si apprezza il dialogo fittissimo condotto con Gustafsson al soprano. Anche qui Strid è in bella mostra con un assolo essenziale e variegato, prima del gran finale corale, ricco di afflato spirituale L’incendio si spegne grazie al breve epilogo, forse un bis, il brevissimo Improvisation 2 (After the Chords), quasi una ninna nanna per congedarsi dal pubblico che nel frattempo si era spellato le mani.
Gennaro Fucile
DISTRIBUTORE
Trost.at
FORMAZIONE
Mats Gustafsson (ten., sop.), Sten Sandell (p.), Raymond Strid (batt.).
DATA REGISTRAZIONE
Stoccolma, 17-12-98.