AUTORE
Johnny M. Dyani
TITOLO DEL DISCO
«African Bass»
ETICHETTA
Red Records
La cantabilità che ha sempre contraddistinto il gusto musicale di Dyani e il suo stile vigoroso si ritrovano magnificamente compendiati in queste registrazioni intrise di tradizione popolare, radici sudafricane sempre centrali nel suo lavoro. D’altronde, lui stesso ebbe a definirsi «a folk musician» e tutta la sua vicenda artistica (breve, purtroppo) è lì a confermarlo. Talvolta Dyani non si limitava a suonare il suo strumento ma faceva ricorso anche alla voce, e in entrambi i casi il suo tono esprimeva contemplazione, estasi e rabbia, celebrazione e contemplazione, con una vena malinconica sempre presente nelle bellissime melodie così radicate nella tradizione e al tempo stesso in una forma di improvvisazione le cui origini sono da rintracciare nella cultura musicale precoloniale. Dyani, d’altronde, era un musicista jazz ma prima di tutto suonava musica nera, come scrisse sul retro di copertina dello SteepleChase «Three» (1985) realizzato assieme a Khan Jamal e Pierre Dørge. Di lì a un anno sarebbe scomparso. Era arrivato in Europa con i Blue Notes e non riuscì a vedere la fine dell’apartheid. Incise in diverse occasioni con Don Cherry e Dollar Brand (non ancora Abdullah Ibrahim), realizzò alcuni album a suo nome tra cui questo, registrato in Italia, è uno dei primi e rivede oggi la luce dopo quasi mezzo secolo dalla prima pubblicazione su vinile, sempre per l’etichetta milanese che ha ripreso di gran carriera l’attività anche con ristampe preziose, non ultima quella di «The Quest» di Sam Rivers premiata con il primo posto nelle ristampe dell’anno nello scorso Top Jazz. Tornando a Dyani, è indubbio che la condizione di esule segnò in maniera determinante il legame con le proprie radici musicali, che non risentirono affatto delle influenze culturali europee. Prova ne sia proprio questo «African Bass», quasi un manifesto del suo poetico riannodare i fili della memoria, del farsi una sorta di archivista della musica popolare sudafricana e di affermarsi al tempo stesso come improvvisatore sopraffino. L’album si apre con African Anthem (Zulu), una rielaborazione dell’inno sudafricano (il titolo in realtà è Nkosi Sikelel’ i Afrika), il cui tema scorre sulle corde del contrabbasso e dal quale prende avvio una lunga improvvisazione fino a sfociare nel grido tribale di Dyani che chiama a raccolta motivi tradizionali anche nelle due sezioni successive, Afrikan Blues e Ithi-Gqi. La seconda composizione, Lonely Flowers, è una coinvolgente improvvisazione al pianoforte di Dyani, memore della lezione appresa ai tempi della collaborazione con Ibrahim, che articola un dialogo serrato con Jarvis. Si chiude con South African, che prese le mosse da un canto risalente a un futuro antico, ritmato dal battito di mani dei due musicisti, approda alla rivisitazione di un tradizionale, Bayeza Kusasa, e trova conclusione nella ripresa di altro materiale popolare. Nella seconda parte, intitolata The Robin Irland Struff, si torna al Bayeza Kusasa di partenza al termine di una suggestiva improvvisazione di Dyani al contrabbasso, accompagnato con discrezione da Jarvis fino all’ultima nota. In definitiva, un disco che consente di accedere direttamente a quella via dei canti senza tempo che fu percorsa da Johnny Mbizo Dyani.
Fucile
recensione pubblicata sul numero di marzo 2024 della rivista Musica Jazz
DISTRIBUTORE
Red Records
FORMAZIONE
Johnny M. Dyani (cb., p., voc.), Clifford Jarvis (batt., voc.).
DATA REGISTRAZIONE
Milano, 14-11-79.