Mixitè, a Firenze dall’1 marzo

Tra psichedelia afro, beat latini, trame dal Medio Oriente, tradizione tuareg e un omaggio a Gil Scott-Heron, torna la rassegna la rassegna jazz che si tiene al PARC di Firenze.

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Al PARC di Firenze, piazzale delle Cascine

10 concerti per un’immersione nel sound globale dal Sudafrica al Venezuela, dalla Francia all’Inghilterra, dall’Italia alla Siria fino all’Iran, al Mali, al Niger, agli Stati Uniti. 3/a edizione per Mixité – Suoni e voci di culture antiche e attuali, la rassegna live firmata Toscana Produzione Musica (TPM), centro di produzione musicale con lo sguardo rivolto alle sonorità del mondo presieduto da Paolo Zampini con la direzione artistica di Francesco Mariotti e Maurizio Busìa e il sostegno di Ministero della Cultura, Regione Toscana e Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. Fino a giugno al PARC Performing Arts Research Centre di Firenze (piazzale delle Cascine 4/5/7) un cartellone di appuntamenti tra nomi internazionali e progetti in prima assoluta per esplorare le trame sonore più interessanti da ogni angolo del mondo. Partenza venerdì 1 marzo alle 21.00 con la trascinante energia dei BCUC – Bantu Continua Uhuru Consciousness: dalla township nera di Soweto, a Johannesburg, sette artisti sul palco per trascinare il pubblico in un’esperienza ancestrale e potentissima, tra ritmi rituali innestati di rap, attitudine rock e jazz militante. Basso, percussioni e voci per la formazione segnalata dal guru della musica Gilles Peterson come “miglior concerto mai visto” e vincitrice del prestigioso Womex Artist Award, del 2023, a suggello di una clamorosa stagione di concerti, tra Africa, Europa e America (ingresso 10€, ridotto 7€, prevendite su Ticketone, info: www.toscanaproduzionemusica.it).
Una grande festa nel segno della psichedelia afro per inaugurare una nuova stagione di performance dal vivo. Tra i protagonisti Eric Mingus, figlio del leggendario Charles, insieme a Silvia Bolognesi per un tributo in prima mondiale a un altro mito della musica, Gil Scott-Heron, a cura di TPM (28/4); La Chica, songwriter che mescola abilmente eredità latina e influenze culturali urbane del quartiere di Belleville, a Parigi (17/3); Naïssam Jalal, flautista franco-siriana con un repertorio al crocevia tra musica mistica medio orientale e jazz (24/3); Tartit, formazione tuareg nata in un campo profughi del Burkina Faso e capitanata dall’attivista maliana Fadimata Wallet Oumar (23/5); Etran de l’ Aïr, band desert blues che dalle strade di Agadez porta in Europa il suo sound raffinato e potente (2/6). E poi: ancora una prima firmata Toscana Produzione Musica col contrabbassista già vincitore del Premio Tomorrow’s Jazz Michelangelo Scandroglio alla testa del progetto “The iron way”: quattro musicisti da Italia e Regno Unito per tracciare una connessione tra la Maremma Toscana e Londra (31/5); la flautista vincitrice del Top Jazz Mariasole De Pascali in un solo col respiro di un microcosmo poetico (26/5); “Soma”, collaborazione tra Peppe Frana, Masih Karimi e Ciro Montanari ispirata ai linguaggi sonori di Kurdistan e Persia (7/4); Nadir Trio: Ares Tavolazzi, Elias Nardi e Emanuele Le Pera in un viaggio tra le melodie del repertorio arabo-ottomano (14/4).

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BCUC

IL PROGRAMMA
Apertura affidata ai BCUC – Bantu Continua Uhuru Consciousness, band che, come i propri antenati, guarda alla musica sia come trance edonistica sia come un’arma di liberazione politica e spirituale. Originari del Sudafrica traggono ispirazione dai linguaggi indigeni fuori dalla ribalta mainstream, con pezzi sospesi tra la dimensione rituale e la pulsazione ipnotica dei beat elettronici che da anni vanno per la maggiore fra i giovani neri sudafricani. La dimensione militante emerge già dal nome della formazione: “bantu” nell’area linguistica appunto bantu significa “uomini”; “continua” (pronuncia: continùa) sta per “a luta continua” (“la lotta continua”), slogan della battaglia per l’indipendenza del Mozambico; “uhuru” in swahili significa “libertà”; “consciousness” è un termine chiave nel pensiero afroamericano, che ricorda anche il Black Consciousness Movement, organizzazione anti-apartheid nata in Sudafrica fra anni sessanta e settanta e guidata da Stephen Biko. “Portiamo divertimento certo”, afferma il cantante Kgomotso Mokone, “ma anche il fuoco afro-psichedelico e l’emotività indigena delle nostre comunità” (1/3 ore 21.00).

La Chica

Avanti con La Chica: da una parte dell’oceano c’è l’America Latina, una terra intensa, piena di magia; dall’altra c’è Parigi, Belleville, spazio multiculturale, urbano. Attraverso la sua musica, La Chica unisce questi due mondi, offrendo un collage di trame sonore prese in prestito dalla sua eredità culturale e da varie influenze moderne, rompendo i codici prestabiliti. È attorno al pianoforte e alle tastiere che il suo universo è costruito, mescolando abilmente ispirazioni classiche (come il suo amore per Debussy) alla profondità di strati aerei di synth analogici. Senza maschere, la franco venezuelana trasmette emozioni pure, tra pensieri astratti e introspezione poetica. L’ultimo album, “La Loba”, dedicato al fratello scomparso, è un’opera intima e sincera, con cui racconta un nuovo apprendistato di vita in assenza di una persona cara, attraversando stati emotivi dalla rabbia alla tristezza infinita, fino all’amore supremo e all’illuminazione (17/3 ore 19.00).

Naïssam Jalal

E ancora: Naïssam Jalal Trio, formazione composta da Leonardo Montana al piano e Claude Tchamitchian al contrabbasso, capitanata dalla flautista, vocalist e compositrice franco-siriana Naïssam Jalal. Con un universo musicale personale e vibrante, Naïssam Jalal riesce a dare, sia nella sostanza che nella forma, pieno significato alla parola libertà grazie a una ricerca e a una curiosità costantemente rinnovate e alla virtuosistica capacità di tessere legami tra diverse culture musicali. Il silenzio ha un posto centrale, il ritmo conduce verso la trance in forma ripetitiva e ipnotica. In un impeto di introspezione, Jalal compone il suo repertorio traendo ispirazione dal suono rituale che ha nutrito fino ad oggi il suo viaggio in musica. L’ultimo album, “Quest of the invisible”, va oltre nella connessione con l’invisibile e conduce l’ascoltatore a una forma di oblio di sé attraverso melodie semplici e complesse allo stesso tempo, come la ricerca del proprio io (24/3 ore 19.00).
Le suggestioni sonore di India e Iran saranno al centro di “Soma”, esordio discografico del trio composto da Peppe Frana (oud, robab afghano), Ciro Montanari (tabla, percussioni) e Masih Karimi (tanbur, daf). I primi, italiani impegnati da anni nella ricerca attorno alle tradizioni musicali extraeuropee, si uniscono all’iraniano Masih Karimi, virtuoso del tanbur kurdo e del daf persiano, per un concerto che comprende composizioni originali e arrangiamenti di melodie tradizionali, intervallate da grandi sessioni interamente dedicate all’improvvisazione (7/4 ore 19.00).
Ancora il Vicino e Medio Oriente saranno protagonisti con Nadir Trio: Ares Tavolazzi al contrabbasso, Elias Nardi all’oud (liuto arabo) e Emanuele Le Pera alle percussioni creano un originale impasto sonoro che scaturisce dalle avvolgenti melodie e dalle ritmiche trascinanti tipiche del repertorio arabo-ottomano classico arricchito dai personali arrangiamenti di danze sacre del compositore e filosofo armeno Gurdjieff e dalle composizioni originali dei tre musicisti, sempre lasciando ampio spazio all’improvvisazione, elemento cardine di entrambe le culture (14/4 ore 19.00).

Eric Mingus

 “Is that jazz?”, con Eric Mingus e Silvia Bolognesi alla voce e al basso per una produzione nuova di zecca targata TPM che celebra il mito di Gil Scott-Heron – scrittore, compositore ed attivista afroamericano che ha fatto la storia della musica e non solo. Il celeberrimo brano “Revolution will not be televised” è il filo conduttore del progetto: “Madison Avenue”, “Shut ‘em down”, “1980”, “The Prisoner”, “Home is Where the Hatred is”, “Vildgolia”, “We almost lost Detroit”, “Lady Day & John Coltrane”, sono solo alcuni dei pezzi in repertorio, a cui si aggiungono originali di Silvia Bolognesi. Ad impreziosire il tutto la straordinaria voce di Eric Mingus, figlio d’arte, sicuramente uno degli interpreti più autentici del repertorio di Scott-Heron. Sul palco anche Noemi Fiorucci e Lusine Sargsyan alla voce, Emanuele Marsico alla voce e tromba, Isabel Simon Quintanar al sax tenore, Andrea Clockner al trombone, Gianni Franchi alla chitarra, Santiago Fernandez al piano e Matteo Stefani alla batteria per un live in pieno spirito free-disco-funk (28/4 ore 19.00).

Fadimata Walet

Si prosegue con un Tartit (in lingua tamashek “unione”), band a prevalenza femminile della regione di Timbuctù, nel nordest del Mali, che arriva a Mixité in collaborazione con Festival au Désert Firenze. Il gruppo tuareg della confederazione Kel Antessar si forma grazie all’attivista Fadimata Wallet Oumar, conosciuta anche come “Disco”, in un campo profughi in Burkina Faso, dove la loro musica è stata mezzo di sopravvivenza di fronte ai problemi economici, politici e sociali della regione. Pochi mesi dopo la formazione, nel 1995, le Tartit debuttano live al MASA Trade Fair for African Arts ad Abidjan, in Costa d’Avorio. Nello stesso anno il gruppo ha partecipato al “Festival delle Voci di Donne” a Liegi, in Belgio. A partire da qui cominciarono a ottenere visibilità internazionale, contribuendo a diffondere la conoscenza della cultura e della lingua tuareg in tutto il mondo (23/5 ore 19.00).
Jazz tutto nostrano per Mariasole De Pascali, flautista vincitrice del premio Top Jazz 2022 della rivista Musica Jazz come Miglior nuovo talento italiano. Attiva sia nell’ambito dell’improvvisazione che delle musiche contemporanee, collabora con varie formazioni e artisti, esibendosi in festival nazionali e internazionali e realizzando progetti transdisciplinari con danzatori, poeti e visual artist. Priva di compromessi per natura, la sua performance in solo è un microcosmo poetico: col suo flauto “aumentato” grazie all’uso di tecniche estese, della respirazione circolare e della voce, Mariasole De Pascali esplora ogni limite attraverso un vocabolario di gesti e suoni tangibili, trasformando la musica in materia viva (26/5 ore 19.00).

Michelangelo Scandroglio

Mixité prosegue con “The iron way”, secondo Progetto a debuttare in prima assoluta durante la rassegna, prodotto e curato da Toscana Produzione Musica. Maria Chiara Argirò al piano, Riccardo Chiaberta alle percussioni, Michelangelo Scandroglio al contrabbasso e il londinese Alex Hitchcock al sax per riflettere su possibili legami tra due città diversissime come Londra e Follonica, sulla costa Toscana. Londra, capitale di quello che fu l’impero più ricco ed esteso dell’Ottocento, con a capo una donna straordinaria, Vittoria, doveva la sua infinita ricchezza alla nascente civiltà industriale basata sulla produzione e lavorazione di un materiale antichissimo: il ferro. Sempre in questo periodo, o addirittura in anticipo, un altro regnante illuminato, Leopoldo di Toscana, impiantava nella paludosa Maremma, a Follonica, la Imperiale e Reale Amministrazione delle miniere di Rio e delle fonderie di Follonica per la lavorazione, produzione ed esportazione del ferro che veniva estratto all’Elba. Una sorta di villaggio-fabbrica, con fonderie, torre orologio, alloggi per gli operai, cancello monumentale e la chiesa di San Leopoldo, chiesa di ferro appunto. È dunque il ferro il nesso che unisce due luoghi distanti sotto ogni possibile aspetto? (31/5 ore 19.00).

Etran de l’Aïr

Conclusione col live di Etran de l’Aïr, ancora in collaborazione con Festival au Désert Firenze. Vengono da Agadez, famosa città tuareg e capitale nevralgica del desert blues. È Aghaly Migi a fondare il gruppo nel 1995 e ad insegnare nel corso degli anni ai suoi fratelli – nel vero senso della parola – come impugnare la chitarra, l’arma più diffusa nelle strade polverose del Niger, che ha consegnato al mondo leggende musicali come Bombino. A differenza dei più celebri colleghi, gli Etran de l’aïr hanno sempre mantenuto una dimensione più familiare e forse più autentica. Infatti una delle peculiarità del desert blues di Agadez è quella di essere una musica cerimoniale suonata in occasione di matrimoni, battesimi, eventi politici. Anche i ritmi erano più rudimentali all’inizio della loro storia – solo chitarre acustiche e un calabash percosso con un sandalo – a causa della difficoltà a reperire chitarre elettriche ed amplificatori, ma con gli anni gli Etran de l’Aïr hanno affinato un sound potente grazie anche alle nuove tecnologie che gli hanno permesso di uscire dalla dimensione locale (2/6 ore 19.00).
Riconosciuto dal Ministero della Cultura per il 2022-2024 e sostenuto da Ministero della Cultura, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Pisa e Regione Toscana, Toscana Produzione Musica è sistema di residenze artistiche, sostegno per il dialogo tra musica e arti dello spettacolo oltre che per la circuitazione e distribuzione, con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze del territorio tenendo lo sguardo rivolto alle sonorità del mondo. Un ente diffuso, con il PARC di Firenze quale campo base in asse con La Città del Teatro di Cascina (Pisa), per promuovere una visione artistica aperta e costruttiva e portare nuovo ossigeno a un panorama infragilito dagli anni della pandemia, mantenendo quale elemento fondamentale l’alto livello qualitativo delle produzioni e il rapporto tra eccellenza della forma e profondità delle idee e dei valori intrinsechi nei singoli progetti.

info@toscanaproduzionemusica.it

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