Pochi mesi or sono il polistrumentista inglese, alla soglia degli ottant’anni, aveva annunciato il suo ritiro dalle scene, e noi abbiamo avuto la possibilità di assistere a questo evento. Il Rolf Liebermann-Studio di Amburgo è un luogo mitico, un edificio di scuola Bauhaus con un’ampia sala da concerto di circa 450 posti e dall’acustica superba. Gestito dalla emittente radiofonica NDR, vi sono state effettuate molte storiche registrazioni, e Surman vi si era esibito per la prima volta nel 1989.

L’emozione era palpabile fin da prima del concerto, al solo pensiero dell’ultima possibilità di ascoltare dal vivo un musicista leggendario che ha attraversato gli ultimi sessant’anni del jazz da assoluto protagonista.
Ha transitato in epoche musicali molto diverse, dal free al delicato intimismo, mantenendo in ognuna di esse un linguaggio personale e riconoscibile dal primo istante; sempre efficace nonché capace di indicare nuove vie.
Dentro alle grandi orchestre (Westbrook e Gil Evans), nelle piccole formazioni o in solo, in questi sei decenni si è imposto da protagonista e nessuno ha potuto mettere in discussione la sua preminente importanza nella musica europea.

Il concerto è iniziato in maniera rilassata e soffusa, poi Surman il ha iniziato ad esprimersi al sax soprano in guizzi improvvisi in contrappunto, caricando di tensione il brano, imbracciando infine il clarinetto basso per stemperare i colori.
L’uso quasi ritmico di questo strumento ha lasciato spazio al vibrafono di Rob Waring, suonato in maniera largamente anticonvenzionale, utilizzando persino un archetto da contrabbasso da sfregare sulle lamine e ottenere un effetto organistico, teso e carico di emozione.

Nel frattempo il chitarrista Rob Luft ed il batterista Thomas Strønen costruivano un sottofondo sonoro ricco di dettagli e sfumature, tutt’altro che banale.

Si spazia nel repertorio dell’ultimo disco ECM « Words Unspoken », che ha lo stesso organico e pesca riferimenti da musiche etniche di diverse parti del mondo, dall’Asia al Sudamerica, fondendole in una tessitura estremamente colta e consapevole.
Il quartetto fa proprie atosfere esotiche, riempiendole con la freschezza improvvisativa e l’accentuato interplay dei musicisti.
Si intuisce che la parte compositiva è un substrato dalla paletta armonica particolarmente estesa e sul quale Surman ancora una volta sa essere poetico e solenne, ieratico e delicato.
Vengono evocate anche le atmosfere celtiche ed irlandesi degli album in solo a partire dall’immortale «Upon Reflections».

La collaborazione con Rob Waring compenetra due personalità molto spiccate che riescono ad interagire in una continua ricerca dell’altro, muovendosi in maniera spesso trasversale rispetto a chitarra e batteria.
I due lavorano assieme dal 2017 ma l’impressione è che lo facciano da sempre.
Va comunque segnalata la prova maiuscola del giovane chitarrista Rob Luft, che ha dato un contributo fondamentale al sound del gruppo e che pare avviato a una brillantissima carriera.
Un’ora di musica davanti a un pubblico attonito e pronto alla meritata standing ovation finale, con cui il publlico ha suggellato la propria partecipazione emotiva allo storico concerto.

Ci auguriamo che questo formidabile concerto, carico di tensione emotiva anche per l’evidente desiderio di salutare definitivamente il pubblico con una prova maiuscola, possa trovare pubblicazione su disco, da quanto è stato esemplare in termini di concisione, fascino e fantasia.

Ringraziamo ECM e Marie Ferré, che hanno reso possibile la nostra partecipazione a questo straordinario evento.
Giancarlo Spezia / Foto di Francesco Spezia