«Stones». Intervista a Gabriele Mirabassi, Fabio Zeppetella, Dario Deidda

Esce per la Emme Record Label il disco firmato da tre stelle del panorama jazzistico nazionale. Ne parliamo con loro.

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Buongiorno a tutti e grazie per il vostro tempo. Innanzitutto vorrei chiedervi come nasce questo trio e, perché è un trio nameless?
F.Z.: Con Dario suoniamo in duo da molti anni. Per questa registrazione però abbiamo pensato di aggiungere una terza voce per poter cambiare colore e chi meglio di Gabriele poteva farlo? Inoltre l’estetica e la poetica di Gabriele si sposano perfettamente con la nostra.
G.M.: Per quel che mi riguarda ricevere l’invito da parte di Dario e Fabio è stata una gradita sorpresa. Ci conosciamo da tantissimi anni (con Fabio letteralmente da una vita) e ci siamo tributati sempre grandi attestati di stima, ma non avevamo mai preso parte ad un progetto organico insieme. Mi sembra che uno dei motivi più interessanti di questo incontro stia nella differenza dei percorsi recenti. Il mio negli ultimi anni ha riguardato principalmente il Sudamerica e la musica classica, e probabilmente in un contesto così fortemente connotato in senso jazzistico (anche se di matrice squisitamente cameristica) porta un piccolo spostamento di asse che può risultare interessante…. credo! Per me in ogni caso suonare con questi due fuoriclasse già di per sé é un motivo più che sufficiente per essere affezionatissimo a questo lavoro!

Il titolo «Stones» ha un significato particolare?
F.Z.: Questa è stata un’idea del nostro produttore Enrico Moccia e devo dire, pur non avendone parlato, che è stata ben accettata da tutti forse perché siamo tre persone con la testa dura come un sasso!
D.D.: Stones può avere molti significati, dall’ispirazione della foto con muro di pietre alle nostre spalle, alla durezza delle nostre teste come dice Fabio. Ma a me piace pensare che tutti e tre siamo alla costante ricerca del suono e di quelle note che pesano come pietre, come se fossimo dei ricercatori di pietre particolari e preziose.

Il brano di apertura è dedicato a Toots Thielemans ed è firmato da Fabio Zeppetella. Ed è un brano che nasconde” una sorpresa. Fabio, vorresti spiegarcela tu?
F.Z.: Si il brano è costruito sull’armonia di Bluesette splendida composizione di Toots Thielemans da cui il titolo Toots. Il brano originale era un 3/4 jazz waltz che io ho trasformato in uno choro in 4/4.

Visto che abbiamo iniziato, perché non proseguiamo anche con gli altri brani? Simuliamo una guida allascolto, che ne pensate?
F.Z.: Little girl è una mia vecchia composizione che avevo scritto per mia figlia quando era piccola e proprio con Dario abbiamo avuto l’onore di registrarlo a suo tempo con il grande Tom Harrell. È un brano molto poetico e delicato come appunto il sentimento che lo ha ispirato.
G.M.: Nuages è un grande classico del repertorio del clarinetto nel jazz, visto che la prima registrazione di Django del brano affida il tema al clarinettista Hubert Rostaing, all’epoca membro del mitico Hot club de France. Il tentativo è stato quello di suonarlo alludendo a quello stile, ma in modo per così dire subliminale, e farlo precedere e seguire da due improvvisazioni in solo che potrebbero essere definite due meditazioni su Nuages.
D.D.: Modinha è stata una mia idea. Avevo già arrangiato questo struggente brano di Jobim per un ensemble di bassi sovraincisi. Con Fabio si è creata immediatamente una magia, senza necessità di dover parlare di arrangiamenti o altro. Adesso dal vivo ci sarà anche la voce del clarinetto di Gabriele ad impreziosire l’esecuzione di questo brano.
D.D.: Lee è un bellissimo contrafact di Fabio su Donna Lee di Charlie Parker che era già un contrafact di Indiana. Più che ispirato a Parker sembra rifarsi di più alle sonorità di Lee Konitz e LennieTristano, e abbiamo trovato davvero originale questa idea di Fabio.
F.Z.: My Sweet Gio è una composizione pensata quasi come un corale basato sull’armonia di In Your Own Sweet Way di Dave Brubeck. Ho scritto le due A in 3/4 e la B in 5/4 per poi chiudere di nuovo in 3/4 nell’ultima A.
D.D.: The Good Life è un brano meraviglioso, un omaggio personale a Frank Sinatra che forse ha inciso la migliore versione di questo brano.
F.Z.: Too Young To Go Steady è una splendida composizione di Jimmy McHugh, uno dei grandi compositori americani del secolo scorso. Io personalmente ho sempre amato la versione di questo brano nel disco capolavoro di Coltrane «Ballads». Con Dario abbiamo pensato di fare una versione un po’ più camminata con più groove.

Un disco che, dal punto di vista lirico, appartiene al passato, ma utilizza un idioma contemporaneo. A quale pubblico si rivolge la vostra musica?
F.Z.: Noi speriamo a tutto il pubblico che ama il jazz! Quando faccio un disco non penso mai a chi vendere il prodotto ma ad esprimere quello che in quel momento è la mia urgenza espressiva.
G.M.: A coloro che credono come noi nella grandezza delle cose piccole…§
D.D.: Un disco in generale dovrebbe essere rivolto a tutti, appassionati di jazz e non, la musica è universale. Quando registriamo della musica pensiamo solo a cosa piacerebbe a noi ascoltare e quali emozioni ricevere da un disco.

Fabio Zeppetella

 E’ un progetto musicale che è nato durante il (o i) lockdown?
F.Z.: In realtà questa registrazione l’avremmo dovuta fare due anni fa, poi per i problemi che sappiamo tutti è stata rimandata più volte.
G.M.: Un altro motivo che rende questo disco molto speciale per me è la particolare situazione che stavamo vivendo quando l’abbiamo registrato. Siamo arrivati in studio pieni di fogli che certificavano che ci stavamo muovendo per lavoro, preoccupati di rientrare a casa prima del coprifuoco, dopo mesi di inattività… insomma un’esperienza forte che in qualche modo rimarrà nei nostri ricordi.

A parte il già menzionato Toots Thielemans, chi sono le altre Muse ispiratrici di questo disco?
F.Z.: La principale musa ispiratrice è la poesia. Io personalmente ricerco questo legame tra musica e poesia da sempre.
D.D.: Personalmente mi faccio ispirare sempre dalla vita che sto vivendo, dalle persone che ci circondano, dall’umanità… Motivo per cui in questo periodo provare a trovare un’ispirazione positiva è davvero un’impresa ardua. Ma ci riprenderemo, mai arrendersi.

Gabriele Mirabassi
Foto di Harald Krichel

Tre motivi (uno a testa) per cui comprare questo disco…
G.M.: Perché è sincero, perché il suono della combinazione di questi strumenti è abbastanza raro e molto affascinante e perché è pieno di affettività!
F.Z.: Forse perché è una formazione inedita che suscita curiosità.
D.D.: Perché è un disco adatto a qualsiasi esigenza di vita. Sappiamo bene che non sempre si ha il tempo di sedersi tranquillamente ad ascoltare interamente un disco, in silenzio. Questo disco secondo me è godibile anche durante un viaggio in auto o in treno. Sicuramente non è aggressivo, per cui lo troverei adatto a momenti di meditazione e riflessione.

A vostro avviso, quali saranno gli effetti della pandemia nel mondo dellindustria dello spettacolo?
D.D.: Temo molto l’effetto deleterio della pandemia sul mondo dell’arte in generale, perché se da un lato molti grandi artisti hanno probabilmente avuto il tempo di produrre e sviluppare nuove idee, dall’altro si rischia che lo stesso tempo l’abbiano avuto a disposizione anche i bluff, gli opportunisti, i furbi, per ideare e produrre le loro opere di scarso valore artistico. E quindi si rischia di ritrovarsi in un post pandemia inflazionato di arte di dubbia qualità.

Se ognuno di voi potesse cambiare tre cose nel mondo dellindustria musicale, cosa cambierebbe?
G.M.: Uscire dalla “dittatura” dell’evento culturale e riportare al centro del fatto musicale la condivisione della bellezza, dell’umanità e dell’emozione insite nel fare musica.
D.D.: Sono davvero troppe le cose da cambiare, anche nel mondo del jazz purtroppo. Di sicuro andrebbe incoraggiata la figura del manager, del mecenate, di colui che può aiutare l’artista, spesso quello più vero e dal carattere taciturno e chiuso, a farsi ascoltare e a prendere coraggio nel produrre musica e ad essere adeguatamente retribuito solo per fare questo. Invece oggi ci ritroviamo a dover essere contemporaneamente artista, manager, imprenditore organizzatore, troppa roba a discapito della qualità.
F.Z.: Forse credere di più nel valore e nella ricchezza dei nostri musicisti dandogli più spazio nei festival più importanti. Come è accaduto in questi due anni di pandemia dove i musicisti stranieri non erano presenti. Io ad esempio al conservatorio di Santa Cecilia a Roma ho dei ragazzi di grande talento degni di nota.

Dario Deidda

Quando e dove potremo ascoltare «Stones» dal vivo?
F.Z.: Al momento stiamo lavorando per la prossima estate.

A cosaltro state lavorando al momento?
F.Z.: io ho registrato a dicembre un nuovo album in quartetto con Dado Moroni, Ares Tavolazzi e Fabrizio Sferra e ho in previsione di registrare in quintetto con Fabrizio Bosso.
D.D.: Personalmente sto lavorando molto sul live, in varie situazioni, e spero tanto con questo trio. Ci è mancato tanto “il suonare”…
Alceste Ayroldi