Buongiorno Stefania. Un nuovo capitolo nella tua carriera artistica: «Dichiarazioni d’amore». Come nasce l’idea di questo nuovo disco?
Buongiorno Alceste, questo nuovo capitolo è nato all’inizio del secondo lockdown, tra i miei appunti musicali e poetici. In quel periodo il mondo si fermava per la seconda volta e noi musicisti travolti da una paralisi lavorativa abbiamo però avuto la possibilità di incontrarci per scrivere e registrare. Il risvolto positivo c’è sempre, in tutto. In questo humus è nata l’idea di partorire Dichiarazioni d’Amore, ho anche approfondito studi sull’amore partendo da Freud a Jung, Lacan, Recalcati …
A chi è dedicato?
Questo disco è per tutti, romantici e post-romantici e nichilisti inclusi. Tra croci e delizie viviamo continue emozioni e responsabilità, che ci portano a fare scelte e a prenderci cura degli altri e di noi stessi. Ho a cuore la vita di dei miei cari e particolarmente di mio figlio, per lui ho scritto Valzer del Cuore e Capirò di più. Legati nella danza della vita lasceremo il passato su una spiaggia e ci torneremo danzando. Lo ricordo entusiasta e dolcissimo quando una mattina presto restò folgorato da una novità, aveva tre anni e mezzo, e mi disse: «Mamma c’è la luna nel cielo». Vedere con i suoi occhi nel corso degli anni, cogliere le sue emozioni, tenerlo per mano e lasciarlo andare è tutta una scoperta del senso della vita. «Capirò di più col cielo giallo e blu che guardo con gli occhi del mio bambino quando vide la luna al mattino . . tu mi insegni ad amare». Cara Nostalgia è un quadro di famiglia dipinto di blues sulla tela dei pensieri e ricordi di sguardi e voci, di amore e gratitudine per i passi avanzati insieme, quelli di ieri oggi e domani. Tutte le altre tracce sono dedicate ed ispirate al mio vissuto in coppia degli ultimi anni Ok, ci sto scritta e registrata tutta di un fiato – pubblicata lasciando nell’audio anche il suono della voce ripresa con un microfono vintage – è il racconto di come nasce una storia d’amore e quanto i propri “modi e mondi interiori nuovi” siano il preludio di un Ok, ci sto a tutto tondo: “Mi piace tutto di te, quello che fai, quello che sei, cosa pensi…”. La Vita a Morsi canta “vertigini di felicità, in slalom tra le ginnastiche del cuore : “Pensavo non ci fosse nessuno, nessuno ti giuro nessuno, per mangiare insieme la vita a morsi”. […] “Da quando mi hai stretta a te la prima volta, tutto ha un sapore vero, il sapore che volevo, lo sa anche il cielo”.
Fa bella mostra un brano lungo e impegnativo: Senza chiedere. Ce ne vorresti parlare?
Due o tre anni fa , dopo aver pubblicato il mio Lp «Base Terra» – Incipit 2018- ho conosciuto il poeta e paesologo Franco Arminio, ci siamo ritrovati su dei territori comuni e abbiamo mantenuto uno scambio costante nel tempo. Ad un certo punto, durante il mio work in progress del disco, l’ho chiamato chiedendogli se gli andava di scrivere una poesia che io potessi cantare, il giorno dopo Franco mi ha risposto: «non so come scriverla una canzone, fai così prendi pure tutti i versi che vuoi dai miei libri». Ho raccolto tra le pagine del libro L’infinito senza farci caso, ho scritto una partitura e poi il lavoro di finitura finale l’ho fatto con Mirko Signorile. Senza chiedere apre il disco con un’immersione di sette minuti sulle note al pianoforte di Mirko, il feat. di Gaetano Partipilo al sax soprano ed il feat. parlato di Franco Arminio che conclude legandosi al mio canto con un lungo e fortissimo messaggio d’amore [–“Incontrarsi per non restare al punto in cui siamo, ma per muoverci”..]
Sembra un disco “giano bifronte”: una parte acustica e un’altra ben bagnata nell’elettronica. E’ una scelta voluta o causale?
Tutto casuale. Un giorno sono andata a trovare un mio nuovo amico, Gianni Pollex – autore Warner – ho suonato delle cose al pianoforte e cantato dei versi e lui mi ha detto: registriamoci questa. Lui ha iniziato ad aggiungere altri suoni – batteria, archi synth, abbiamo arrangiato la traccia che inizia con “Non lo so, non lo so . .poi forse capirò di più” . Con lui ho registrato anche Valzer del Cuore. Così pure con Fedele Ladisa, giovane dj cosmopolita barese abituato a viaggiare trecento giorni all’anno in giro per tutto il mondo, in studio da lui con una manciata di accordi e versi è nata Ok, ci sto e poi Fiore nel Deserto. Queste quattro canzoni formano l’onda elettronica del disco. Non potevo rinunciare all’incontro con i musicisti del mio cuore, il mio fraterno amico e vicino di casa il pianista visionario – con lui condivido questo slancio musicale e le basi solide degli studi classici in conservatorio da giovani – Mirko Signorile e Fabio Accardi alla batteria, Alberto Parmegiani alle chitarre – con lui ho registrato il mio primo disco nel 1993, prodotto da Nicola Conte per l’etichetta Right Tempo, fu il primo disco italiano cantato di acid-jazz – Giuseppe Bassi al contrabbasso, Gaetano Partipilo al sassofono. Ad ottobre abbiamo registrato l’onda acustica e anche degli insert suonati nelle tracce elettroniche, Gaetano suona anche in Fiore nel Deserto e Mirko e Alberto in Valzer del cuore. Abbiamo lavorato in un nuovo studio a Cassano, con un bravissimo Marco Fischetti al banco di registrazione mix e mastering.
Ritieni che Fiore nel deserto sia il brano più rappresentativo, tanto da meritarsi di essere tradotto anche in videoclip?
Non è stata una scelta facile, mi piacerebbe fare il video di Senza Chiedere che ha una stesura musicale opposta, ma in fondo la dimensione è la stessa . Tutto il disco ha un’anima cantautorale e i testi che ho scritto hanno questo fil rouge sui legami e le emozioni. Ho subito anche una fascinazione cinematografia, nel senso che ho scritto stimolata dalle immagini dentro le parole. Questo testo più di altri esprime chiaramente il mio pensiero sull’amore. Ci fa vivere meglio, procura meno inquinamento umano e sociale. Dove c’è amore non c’è violenza. Parlandone col regista e produttore del clip – la Seminal Film di Alessandro Piva vincitore di un David con La CapaGira – abbiamo deciso di raccontare Fiore perché ci offriva degli scenari, perché c’è anche una dichiarazione d’amore alla nostra città, con le immagini girate tra il lungomare di Bari denso di colori e di gente che fa jogging all’alba – se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Bari – e il Santuario della Madonna del Pozzo di Capurso. Tutti i luoghi di incontro sono importanti per qualcuno. Canto de “il candore, il sapore della realtà” e “sempre tuo sarai e mia sarò, sempre mio sarai e tua sarò” riflettendo su quanto imparare a vivere sia la fondamenta dei grandi amori e quanto la spiritualità dei legami e la libertà personale trovano spazio nella pienezza del qui ed ora e guardano lontano, verso il futuro.
Non hai rinunciato al tuo amore per il Brasile e Inutil paisagem ne è la prova. Cosa significa per te la musica popolare brasiliana?
La musica brasiliana sorride sempre, anche col volto rigato dalle lacrime. Questo contrasto è poliritmico, avvolto da poesia pura e diretta. Questo mi piace moltissimo. La mpb nasce a Rio negli anni Sessanta, un pelo dopo la bossanova, fonde di fatto vari stili e movimenti musicali, dal samba al tropicalismo, di quel periodo. Anni in cui gli artisti si unirono contro la dittatura e molti testi parlavano d’amore anche per la patria, la terra, il mare . . spesso usavano metafore e nelle loro esibizioni mantenevano un contegno intellettuale per sfuggire alle stringhe della censura e nel frattempo ribolliva nei loro pensieri tutto quello hanno potuto rivelare e confermare nei decenni e produzioni successivi, sempre con grazia e slancio, senza rabbia e con grande amore. Il jazz ha un colore diverso, si evolve dal blues e nasce dalla sofferenza, trovando un comodo modo di adagiarvisi quasi. Sento la cultura brasiliana più vicina alla nostra. E forse anche il clima, a New York per esempio fa freddo. In questo mio tributo ad A. C. Jobim con Inutil Paisagem – Paesaggio Inutile, raccontato anche nel videoclip storytelling– vi ritrovo lo sguardo affine al pensiero di Goethe quando sente che tutta la bellezza del mondo sia inutile se non la si guarda e vive in compagnia dei nostri amati e cari. Ma aggiungo che alle volte anche solo 2 occhi bastano.
Chi sono i tuoi compagni di viaggio?
Appunto ci sono i nuovi compagni Gianni Pollex e Fedele Ladisa ed i musicisti con cui lavoro da decenni che ho menzionato su. Marco Bardoscia ha contribuito scrivendo la musica di Cara nostalgia e anche una new generation Niccolò Sasso, giovane talentuoso che ha suonato le chitarre acustiche in Valzer del cuore.
C’è un brano, anche una cover, che avresti voluto inserire in questo disco, ma che per ragioni di spazio o altri motivi non ha trovato posto?
Sono felice della forma di questo disco e lo rifarei uguale, forse avrei voluto avere più tempo per dedicarmi ad una scrittura e post produzione ancora più articolate, per lasciarle sedimentare un po’ prima di registrare la voce. In fondo questo è un disco nato di pancia e dal cuore ed è un passo ancora verso la musica che mi scorre dentro.
Cosa è scritto nell’agenda di Stefania Dipierro?
Stiamo cercando di programmare la presentazione del disco, ma siamo alle solite e non si riescono ad avere certezze. Quindi sarà per maggio, ce lo auguriamo, che potrò portare la band e il dj-set in un teatro, per un evento tra live a dance-hall! Se ci penso mi sembra impossibile che sono due anni che molti di noi non ballano! Per ora sto portando avanti il live in dimensione ridotta del Canto l’Amore, che ho creato nel 2013. Stiamo anche provando il tributo Stefania canta Mina con l’orchestra Jso più ensamble d’archi diretta dal M° Paolo Lepore, che si dovrebbe fare il 18 febbraio al Teatro Abeliano di Bari.
E cosa è scritto nel diario segreto?
Sto già scrivendo ed elaborando liriche e musica per delle registrazioni che inizieranno a febbraio con uno scienziato musicale che ho conosciuto dopo aver pubblicato «Dichiarazioni d’Amore» … vi dirò presto e buon battito del cuore a tutti!
Alceste Ayroldi