«Bouganville». Intervista ai Siké

Il giovane trio siciliano, formato da Vittoria D’Angelo, Giuseppe Creazzo Pantano e Fabio De Vincenti, pubblica il primo album, tra tradizione folklorica e innovazione e con ospiti d’eccezione.

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Partirei dal nome che avete dato al vostro gruppo. Cosa significa e perché lo avete scelto?
GCP
Ricordo benissimo una mattina d’estate a Roma. Vittoria ed io ci trovavamo presso la stazione Tiburtina e cercavamo ristoro seduti ad un tavolo del piano superiore della stazione durante una di quelle afosissime estati romane; doveva essere il 2018.
Taccuino e matita alla mano, caffè freddo e tante ipotesi sul tavolo. Considerato che sia io che Vittoria abbiamo alle spalle studi classici ci siamo buttati subito sul greco antico e tra una ricerca e l’altra abbiamo optato per Siké. In greco siké vuol dire fico e la radice della parola sik indica, nella tradizione delle lingue indo-germaniche, qualcosa che cresce in fretta. In greco infatti sia la parola fico che zucca condividono questa radice. Siké per noi rappresenta l’auspicio di crescere musicalmente e di farci conoscere dal pubblico senza dovere necessariamente aspettare tanto tempo.

 Come è nato il trio?
VDA
Quasi per caso. Quasi per gioco. Giuseppe aveva appena scritto l’inedito Turi u Piscaturi e mi invitò a casa sua per ascoltarlo e chissà, magari provare a cantarlo insieme. Fu un pomeriggio meraviglioso, pieno di grandi risate e soprattutto tanta musica. Da lì, ci venne in mente l’idea di mettere su un progetto insieme. Fabio venne reclutato poco dopo, cercavamo un sound che richiamasse la tradizione e ci venne in mente la chitarra. Una cara amica ci parlò di Fabio, così andammo a casa sua per conoscerlo e fu magia. Si unì al progetto facendolo suo e da allora abbiamo intrapreso questo percorso come i Siké.

Il vostro obiettivo primigenio è quello di dare nuova luce alla tradizione musicale siciliana. Cosa vi ha spinto verso questa direzione?
VDA Penso sia legato a una caratteristica che ci lega e ci accomuna: tutti e tre siamo partiti dalla nostra terra natia per studiare altrove. Durante il nostro percorso musicale non abbiamo mai perso di vista le tradizioni e le sonorità con cui siamo cresciuti ma, allo stesso tempo, siamo stati a contatto con altri generi, altre sonorità, altre musiche. Siamo innamorati follemente della nostra Terra e c’è la voglia di farla conoscere in tutte le sue sfaccettature a ogni persona che incontriamo lungo il nostro cammino. Quindi penso sia stato questo a spingerci a riprendere in mano i brani della tradizione musicale siciliana a cui abbiamo voluto dare la nostra personale interpretazione. Uno degli esempi più significativi è “Vitti na crozza”, uno dei brani più conosciuti, più apprezzati e più ballati della nostra tradizione. Nel lavoro di arrangiamento del brano ci siamo fatti guidare dal testo e dalla drammaticità del suo significato.

Però, nella vostra musica, parlo degli inediti, si ascoltano anche numerose altre influenze sempre apparentate con il Sud del mondo. C’è stato un cambiamento di marcia nel corso del vostro lavoro?
GCP e FDV Di sicuro c’è stata un’evoluzione nell’identità musicale del gruppo ma non credo si tratti di un vero e proprio cambio di marcia. L’approccio alla scrittura dei brani inediti non è stato sistematico, abbiamo seguito l’stinto e ci siamo fidati del nostro gusto e del piacere di suonare insieme. Io (Giuseppe) scrivevo i brani al pianoforte (tema, liriche e accordi), in un secondo momento mi incontravo con Fabio e Vittoria per lavorare sul materiale. Tutti condividiamo diverse passioni: dalle musiche tradizionali dell’area balcanica alla canzone d’autore e molto probabilmente queste influenze traspaiono nelle trame musicali del disco. Durante i nostri incontri, abbiamo lavorato cercando insieme, in modo del tutto spontaneo, di dare una identità sonora al brano, senza mai obbligarci in una direzione sonora specifica ma lasciandoci influenzare dalle idee che man mano ognuno di noi proponeva.

Avete pensato al fatto che utilizzando il vernacolo siciliano potrebbe limitare la vostra crescita a livello internazionale?
VDA Indubbiamente la nostra è una sfida, e questa domanda ce la siamo posti soprattutto all’inizio, in fase di elaborazione degli arrangiamenti. Ogni dubbio si è estinto quando abbiamo cominciato a suonare in giro per l’Italia, con un pubblico proveniente da varie regioni italiane o paesi esteri. Fin da subito è stato chiaro, dalla risposta del pubblico, che la forza della nostra musica riusciva a oltrepassare il limite della comprensione letterale di tutti i vocaboli. Probabilmente possiamo affermare che questo sia il nostro punto di forza.

A proposito di ciò, parliamo del vostro debutto discografico «Bouganville» e, anche in questo caso, partirei con il chiedervi i motivi per cui avete attribuito questo titolo.
VDA
L’impresa di trovare un titolo che ci soddisfacesse a pieno è stata ardua e ci ha impegnato per un paio di mesi. Cercavamo un termine che potesse racchiudere parte del mondo che ci prefiggiamo di raccontare. Ogni brano del nostro progetto ha una sua storia, un suo vissuto. Molti sono ritratti, storie di persone comuni che vivono gioie dolori e innamoramenti. Cercavamo un titolo che potesse in qualche modo legare queste storie che, per motivi diversi, si intrecciano su un unico sfondo: la Sicilia. Da qui la scelta di questa pianta, sia per la sua forma intrecciata, che per il suo significato di benvenuto. Lo possiamo considerare il nostro un benvenuto alla nostra musica, alla nostra Terra.

Come è nato questo disco?
VDA Ci sentiamo di poter affermare che «Bouganville» sia nato parallelamente al progetto Siké. È cresciuto insieme a noi e al pubblico dei nostri live. Poi è arrivata un’occasione rilevante: la vittoria del concorso “Wow Music Fest 2020” con la Wow Records (in collaborazione con lo studio di registrazione“2F Recording Studio) che ci ha permesso, nonostante questo complicato 2020, di poter incidere il disco a settembre 2020. L’album ha visto poi la collaborazione al basso e come producer di Pietro Leveratto e alle percussioni di Luca Bloise. Inoltre abbiamo avuto l’onore di avere due grandi ospiti: Gabriele Mirabassi al clarinetto e Maria Pia De Vito alla voce.

Mettiamo per un attimo da parte i brani della tradizione siciliana e concentriamoci su quelli originali. Cosa racconta la vostra musica?
GCP
Per molto tempo ci siamo chiesti se chiamare il disco «Ritratti» e questo perché i brani inediti del disco rappresentano dei tableau musicali, delle piccole opere monografiche. La nostra musica racconta delle storie, ci porta nella vita di donne e uomini di generazioni differenti: la storia della relazione tra un pescatore ed il mare, suo confidente di sempre; la storia di Angelina che sceglie di mettere da parte il proprio talento per dedicarsi alla famiglia; la storia di Antonio e della perdita della moglie Nenè. Una certa drammaticità percorre le storie di queste persone che ho avuto la fortuna di conoscere e che in me hanno lasciato un’immagine vivida. Conclude la serie degli inediti la Siciliana che per noi è una dichiarazione d’amore alla Sicilia, vogliamo trasmettere la passione che proviamo per le sue splendide città e i suoi paesaggi mozzafiato.

Siete riusciti ad amalgamare diverse fonti musicali dando alla luce una musica nuova, ma che respira di antico. Come agite in fase compositiva?
GCP
Il processo compositivo è per me un momento di grande intimità, una confessione personale, un atto di fiducia. Lascio emergere dal silenzio delle melodie alle quali successivamente do voce attraverso un testo in siciliano. Molto probabilmente il riferimento musicale folk e la passione per la musica antica hanno fatto si che nel lavoro di armonizzazione prevalessero quinte e quarte dando a tutto il disco un sapore antico. Una volta composte le melodie e ricercati gli accordi sono solito proporre con molto entusiasmo il lavoro a Fabio e Vittoria e, grazie al loro preziosissimo intervento, arriviamo al risultato finale, quello che speriamo piaccia al pubblico.

Oltre alla tradizione siciliana, quali sono gli ascolti che influenzano le vostre composizioni?
FDV Ciò che accomuna i brani originali presenti in «Bouganville» è il percorso compositivo. Non avendo mai deciso di imporre un determinato sound alle composizioni, ognuna di loro si è sviluppata attraverso una reciproca influenza di ciò che al momento ci ispirava. Già dalle prime idee, veniva a delinearsi una sonorità particolare, un’identità sulla quale lavorare. Questo modo di comporre ci metteva nelle condizioni di poter attingere totalmente e senza troppe restrizioni dal nostro gusto musicale. E’ presente l’influenza della musica classica nello sviluppo armonico delle melodie in contrappunto, come è presente il jazz per quanto riguarda la scelta estemporanea di alcune soluzioni musicali e nell’armonia ricca di estensioni.

Parliamo anche degli ospiti: Pietro Leveratto, Gabriele Mirabassi e Maria Pia De Vito. Perché avete scelto proprio loro?
GCP Le collaborazioni di questo disco sono il frutto di relazioni personali basate su stima e fiducia reciproca. Sia io che Vittoria abbiamo studiato canto jazz presso il conservatorio di Santa Cecilia con Maria Pia De Vito e siamo stati parti attive del large ensemble Burnogualà. Nell’estate 2019 Maria Pia ci ha invitati a suonare presso il festival Rumori nell’isola a Ventotene e in quell’occasione le abbiamo timidamente chiesto di prestare attenzione al brano Avò nella speranza che le piacesse e che fosse disponibile a cantarlo insieme a noi. Lei ha accettato e il brano ha acquisito la dolcezza e l’intimità che solo Maria Pia attraverso il suo intervento delicato ma irrinunciabile è stata capace di dare. Anche per quanto riguarda Pietro Leveratto il conservatorio di Santa Cecilia ha avuto un ruolo determinante. Pietro è stato mio docente di composizione e arrangiamento e sin da subito è nata da parte mia una stima incredibile per le sue doti di docente e musicista. Alla fine dell’anno accademico gli ho chiesto se fosse così gentile da ascoltare i nostri brani e darci una supervisione artistica in vista della produzione del disco. La sua risposta positiva mi ha dato il coraggio di chiedergli se gli sarebbe piaciuto suonare il contrabbasso nel disco e lui ha acconsentito! Non mi sembrava vero. Durante l’estate poi, poco prima della fase di produzione, ho detto a Pietro di quanto fossimo innamorati dell’immenso talento musicale di Gabriele Mirabassi e quanto per noi sarebbe stato un sogno averlo nel disco. Pietro da vero direttore artistico ci ha accontentati realizzando un vero e proprio miracolo: avere tre guests di questo calibro nel nostro primo disco.

Quanto il testo influenza le vostre composizioni (e viceversa)?
GCP
Nella mia visione di scrittura la parola è mutevole e come una stoffa si adatta al dorso del profilo melodico. È la prosodia inerente alla linea melodica a determinare parole, cesure e rime. La successione dei suoni trova una sua organizzazione emotiva e coerente che attraverso il testo poetico acquisisce una forma. Se è la melodia (e la conseguente armonizzazione al pianoforte) a determinare la temperatura emotiva del brano saranno le liriche a determinarne la forma. In base al testo decido il numero di ripetizioni delle sezioni musicali, in base alla melodia invece decido da quale affresco emozionale e linguistico far emergere il testo.

C’è un brano, in particolare, che sembra meritare un approccio differente: Comu lunna, dove ci sono effetti, un canto epico, almeno allinizio, prima di ritrovare la via maestra della canzone. Avete ridisegnato liniziale barcarola di Vincenzo Curreri. Allinizio sembrava un brano attinto dalla tradizione scandinava. Come avete agito in fase di arrangiamento?
GCP Prima di co-fondare i Siké insieme a Vittoria e Fabio ho avuto l’opportunità di studiare e lavorare ad Oslo. Presso il Norwegian Academy of Music ho incontrato le personalità artistiche di Elin Rosseland e Sidsel Endresen le quali hanno immensamente segnato la mia visione del canto e dell’utilizzo della voce. Elin Rosseland mi ha inserito nelle voci di Oslo 14 un vocal ensemble di musica astratta, vocale ed improvvisata con la quale ho lavorato a tre produzioni discografiche. La parte iniziale di Comu lunna risente di quelle influenze musicali. La voce di Vittoria si staglia brillante su di una mia improvvisazione vocale astratta inserita in un looper, poi quasi esclusivamente per quinte parallele (torna ancora una volta il medioevo e la musica antica) ripetiamo il tema iniziale. Non conoscevo Comu l’unna: è stata Vittoria in quanto fiera cefaludese ad insegnarmi questo canto, non posso che esserle grato.

Qual è il vostro background artistico?
FDV Ovviamente ognuno di noi ha un background musicale differente, fatto di ascolti ed esperienze musicali differenti. Tuttavia, il percorso comune di studi ci ha portati ad affrontare spesso situazioni musicali simili. Tutti e tre abbiamo di certo dedicato molto tempo all’ascolto della musica pop rock, della musica leggera e tradizionale, della musica classica e del jazz. Ciò che ci accomuna maggiormente, a mio parere, è l’amore per la melodia e l’armonia. Una caratteristica che reputo distintiva di questo progetto è la continua ricerca di incastri melodici e armonici tra le due voci e la chitarra, la terza voce.

Una domanda quasi ovvia, visto il periodo in cui ci troviamo. Quali sono le vostre riflessioni in merito alle conseguenze della pandemia nel mondo della musica?
VDA
È stato un anno difficile per molti, e la musica, ma più in generale il mondo dell’arte, è uno di quei campi che ha sofferto maggiormente. Penso che questo periodo storico abbia portato alla luce un problema grave presente nel nostro Paese: l’arte, è solo per pochi, e da molti non è considerata un bene indispensabile. Però, positiva è stata la risposta di molti artisti e musicisti che si sono uniti per un fine comune. Ci vorrà del tempo per tornare alla normalità o a una parvenza di questa, ai concerti, alle piazze piene. Ma siamo ottimisti e pensiamo che da questo male possa scaturire una maggior consapevolezza del valore che bisogna attribuire all’arte, non sono da parte del pubblico, ma principalmente da parte di noi musicisti.

Lo so che potrebbe sembrare oziosa questa domanda, ma sperando in un futuro migliore, quali sono i vostri obiettivi futuri?
VDA – GCP – FDV
Ottima domanda, a cui è difficile dare una risposta certa. Le idee sono tante. Sicuramente al più presto un concerto di presentazione dell’album e parallelamente tanti concerti in giro per l’Italia e non solo. Poi ci sono già in cantiere nuovi brani originali e l’idea di un nuovo album.
Alceste Ayroldi