Rosario, te l’aspettavi l’elezione a presidente dell’associazione Italia Jazz Club?Facevo già parte del direttivo di IJC, negli ultimi tempi si respirava la voglia di un cambio di direzione nella politica da attuare per la crescita della nostra associazione, al contempo sono giunte le dimissioni di Giovanni Serrazanetti, al quale vanno i miei ringraziamenti per averla fin qui guidata, ed è in quel momento che, confrontandomi con alcuni dei nostri associati è maturata l’idea di candidarmi alla guida di IJC. Come tutte le elezioni non si ha la certezza della vittoria e nella fase iniziale si può solo lavorare su una prospettiva futura, che evidentemente ha trovato nella maggioranza dei nostri associati una convinta condivisione.
In una tua dichiarazione affermi che gli associati hanno “sposato la tua idea di sviluppo”. Ci spiegheresti qual è la tua idea in proposito?
In tutte le cose che faccio parto sempre dalla convinzione che una vera e duratura crescita può avvenire solo dalla condivisione degli intenti, che tenga quindi sempre ben presente ed in considerazione le idee e le opinioni di tutti a partire della base associativa, ed è con questa premessa che mi sono approcciato nel confronto avuto con i nostri associati. “Fare Rete” a vantaggio di tutti gli aderenti a IJC, condividendo conoscenze, competenze e obiettivi; disponibilità all’ascolto e condivisione della propria esperienza mettendo in pratica una gestione costruttiva del “problem solving”; periodici incontri di approfondimento in merito alla gestione di un club e alla realizzazione degli eventi, dal punto di vista della gestione fiscale, amministrativa e dei rapporti con la SIAE; radicarsi sempre di più sul territorio, far conoscere la nostra attività associativa, crescere dal punto di vista del numero di associati.
Facciamo un passo indietro. Con quali propositi si è costituita l’associazione?
IJC è nata a gennaio 2018 ed il suo scopo principale è quello di valorizzare sempre di più il ruolo dei jazz club nello sviluppo della cultura musicale, specificatamente della musica e della cultura jazzistica. Far avvicinare il maggior numero di persone ai club, luoghi di convivenza, di confronto e soprattutto di cultura, dove il vero e profondo amore per la musica lo si riesce a percepire distintamente, luoghi di inclusione e d’integrazione dove si è pronti e preparati all’ascolto reciproco, proprio come succede ai musicisti che sono sul palco; e tutto questo senza mai dimenticare che proprio nei jazz club hanno mosso i primi passi delle loro folgoranti carriere, musicisti del calibro di Charlie Parker o Enrico Rava.
Quali sono i club associati?
Attualmente abbiamo ventisette associati che coprono gran parte della penisola ed insieme hanno una capacità di programmazione di alcune migliaia di concerti all’anno, un numero direi “impressionante” che difficilmente altre realtà organizzative possono permettersi. Come detto in precedenza, comunque, fra gli scopi della mia presidenza c’è quello di far si che il numero possa crescere notevolmente. IJC è un’associazione inclusiva, ogni club, piccolo o grande che sia, che sposa il nostro pensiero sarà accolto con entusiasmo.
Immagino che sia stato eletto anche un nuovo consiglio direttivo. Da chi è formato?
In realtà il consiglio direttivo è rimasto immutato, si è solamente provveduto all’elezione del presidente resasi necessaria dopo le dimissioni di Giovanni, il consiglio è ancora formato da Angelo Bardini del Milestone che ricopre la carica di vice presidente, e da Nino Antonacci del Moody Jazz Cafè, Nicolò Ferrari Bravo dell’Unisono Jazz Club, Gabriele Molinari dell’Anzola Jazz Club, Giovanni Serrazanetti della Cantina Bentivoglio e Fabio Taddei del Count Basie Jazz Club che completano il direttivo. E’ doveroso da parte mia ricordare che rappresento il Jazz Club Chiavari.
Ti sembrerà una domanda oziosa: perché gli altri club non hanno inteso associarsi? Ne sai le motivazioni?
Se per inteso vogliamo intendere che non hanno compreso l’importanza di associarsi, sarà compito mio personale e di tutti gli altri associati far si che i jazz club che ancora non fanno parte di IJC conoscano a fondo le nostre finalità e soprattutto il percorso che intendiamo intraprendere per far si che queste si riescano a raggiungere a beneficio di tutti. Se invece ad inteso vogliamo dare la valenza di volontà, sono sicuro che per la maggior parte dei Jazz club italiani non c’è una volontà in tal senso, ed in ogni caso faremo di tutto per farli ricredere. Poi come si può immaginare si può credere o meno nell’associazionismo e sulle sue capacità di crescita collettiva.
Visto che l’associazione che rappresenti ne ha sicuramente il polso, nel corso degli ultimi sette/otto anni il numero dei jazz club italiani è diminuito? Senza tenere in conto il periodo della pandemia, però.
IJC, come tu sai, è nata a gennaio 2018, quindi la nostra attenzione al comparto dei Jazz Club parte da quella data ma a prescindere da questo mi sento di dire che chiusure e nuove aperture sono pressoché bilanciate, anche se alcuni nomi storici purtroppo hanno definitivamente smesso l’attività oppure hanno cambiato il tipo di programmazione.
Fino ad ora, l’associazione cosa ha realizzato?
Riferendoci a realizzazioni concrete e visibili, grazie anche alla possibilità da parte nostra di partecipare a bandi, siamo riusciti ad ideare, organizzare e promuovere la prima giornata nazionale dei jazz club, che si è celebrata lo scorso 15 ottobre, data che ha suggellato la prima edizione dell’Itaclub Jazz Festival, un festival diffuso che ha proposto oltre sessanta eventi distribuiti su tutto il territorio nazionale. Anche la partecipazione al bando indetto da Nuovo Imaie ci ha dato soddisfazione, per il quale siamo riusciti a mettere in rete gli associati che avevano gli stessi interessi di programmazione, arrivando a vincerlo agevolmente. Guarderemo con interesse ed attenzione a queste nuove opportunità di finanziamento e sono imminenti altre nostre partecipazioni a bandi in essere ma questi non saranno il “focus” dell’attività che dovrà necessariamente essere incentrata sulle soluzioni da adottare per migliorare l’attività di gestione di un jazz club e la sua ottimizzazione. Ritornando alla tua domanda, molto del nostro lavoro viene comunque realizzato ai cosiddetti tavoli di concertazione, un lavoro lungo e paziente dove i risultati si vedranno con il tempo.
Invece, durante la pandemia, i lockdown, l’associazione cosa ha potuto fare in favore dei soci?
L’infausto periodo della pandemia, dopo un ragionevole sbandamento iniziale, ci ha portato a conoscerci meglio e ad avere maggiori incontri che sono serviti per mettere a fuoco i pregi e i difetti di tutti i nostri club, consolidare i rapporti e individuare le valenze di ognuno di noi per portarle a beneficio dell’associazione. Materialmente abbiamo potuto fare poco ma abbiamo gettato le basi per una rinascita collettiva.
L’associazione fa parte della Federazione Il Jazz Italiano. Qual è il bilancio di questa appartenenza? Cosa è stato realizzato congiuntamente?
Facciamo parte della Federazione sin dalla sua nascita, datata febbraio 2028, convinti del fatto che essere parte attiva di una comunità che ha gli stessi obiettivi possa portare ad avere dei risultati positivi per tutto il comparto, auspichiamo lunga vita al sodalizio con un sempre più consolidato rapporto di collaborazione sana e democratica tra le associazioni che ne fanno parte. Fra le cose più importanti che abbiamo realizzato insieme ne cito due:
il protocollo d’intesa con il MIBACT e Il Jazz italiano per le Terre del Sisma. Attualmente siamo impegnati nell’organizzazione degli Stati Generali del Jazz.
Quali sono i vostri rapporti con gli enti pubblici e, in particolare, con il MIBACT?
Gli ottimi rapporti con gli enti, in special modo con il ministero, sono frutto dello storico accordo firmato fra la Federazione e il MIBACT e mi piace sottolineare l’intesa siglata dove le due parti si impegnano reciprocamente a “perseguire obiettivi strutturali che vadano a implementare la conoscenza della cultura jazzistica – riconosciuta quale patrimonio comune e momento di crescita del pubblico e dei musicisti – e ne promuovono lo sviluppo e la crescita costante”. Un riconoscimento da parte delle istituzioni guadagnato sul campo grazie all’impegno di tutta la comunità jazzistica dove la musica jazz viene pienamente riconosciuta tra i generi musicali promossi e sostenuti dallo Stato, un atto che corona un lungo percorso intrapreso in questi anni.
Avete accesso al FUS?
Assolutamente sì, abbiamo tutte le caratteristiche e soprattutto le competenze interne per partecipare al FUS e ai bandi ministeriali in genere, proprio in questi giorni stiamo ultimando la pratica per la presentazione della domanda relativa al FUS triennale. Come detto precedentemente ci tengo a sottolineare che comunque i bandi, pur essendo importanti e pur partecipando, non sono il “focus” della nostra attività.
Rivolgo anche a te una domanda che sottoposi nel 2020 all’allora presidente Giovanni Serrazanetti: Presumo che uno degli intenti dell’associazione sia quello di avere maggiore potere negoziale-contrattuale con artisti, italiani o stranieri, in tour, affinché si possano ripartire le spese e ottenere un miglior prezzo sul cachet. Ciò, però, porta anche a un appiattimento dei cartelloni, perché alcuni nomi compaiono in diversi club e manifestazioni italiane. Qual è il tuo pensiero al riguardo?
Osservando le programmazioni che ogni anno leggiamo sia in occasione di festival sia per quanto riguarda alcuni Jazz Club questo aspetto è spesso e volentieri riscontrato, e questo a prescindere da quanto sottolinei in merito all’appiattimento dei cartelloni che potrebbe succedere con un’eventuale negoziazione centralizzata di IJC. Noi rifuggiremo da questo pericolo e cercheremo di seguire la via della ricerca e dell’originalità, che comunque deve giocoforza confrontarsi con le esigenze commerciali e con il far quadrare i conti. Va da se che riuscendo ad accedere a fondi ministeriali la direzione da prendere dovrebbe essere quella della ricerca e della differenziazione delle proposte rispetto al mercato. Per rispondere in modo “secco” alla tua domanda, confermo che uno dei nostri intenti è quello di favorire i nostri associati cercando e ottenendo accordi vantaggiosi con gli artisti e i loro rappresentanti, ma senza dimenticare che i Jazz Club sono anche luoghi di ricerca e soprattutto assolutamente liberi di fare le proprie scelte.
Tu sei anche un manager e un agente. Non pensi che questa attività possa essere in conflitto con la tua attuale carica?
Credo che ogni professionista che nella vita abbia fatto e realizzato un percorso professionale di un certo tipo ed abbia accumulato esperienze poi possa correre il rischio (in senso buono) di ricoprire una carica “rappresentativa” che potrebbe sembrare in conflitto con le attività che svolge ma, come in tutte le cose, sta alla serietà e alla correttezza della persona allontanare da se questo rischio, comportandosi con trasparenza e lealtà.
Rosario, vi siete mai posti il problema di poter avvicinare di più i giovani al jazz e, in particolare, ai Jazz Club?
Ecco, questo è un punto molto importante sul quale dobbiamo concentrarci. Sappiamo bene che uno dei principali problemi dell’ambiente dei live è lo scarso ricambio generazionale del pubblico. Il ricambio generazionale è un concetto che va ben oltre il semplice abbassamento dell’età media degli spettatori e riguarda anche la necessità di mettere una nuova generazione di giovani nella condizione di conoscere la “vita” che si svolge nei Jazz Club le emozioni e le relazioni umane che si riescono a creare, dove la musica, certamente di qualità, riesce a consolidare questi importanti aspetti. IJC può svolgere un importante ruolo in questo senso e fra i nostri punti chiave ci sono progetti indirizzati a promuovere azioni per far crescere un nuovo pubblico organizzando incontri nelle scuole di ogni genere e grado e cercare di portare i live set fra la gente, sarà poi la magia che il jazz crea a contribuire all’idea che il jazz è musica viva che va vissuta. Molto è già stato fatto grazie ad alcuni nostri associati che da anni lavorano in questo senso e molto altro si farà.
Quali sono le prossime attività che l’associazione intende porre in essere?
Ci aspetta ed auspico un anno ricco di lavoro e di iniziative e tutto il mio impegno e quello dei miei associati si concentrerà sui punti programmatici che ho avuto modo di raccontanti nel corso di questa interessante intervista. Inoltre portare avanti le attività già in corso come il nostro apporto all’interno della Federazione, riprendere e consolidare la collaborazione che si era interrotta lo scorso anno circa la manifestazione Il Jazz all’Aquila, continuare ad essere presenti con consapevolezza e precisione ai tavoli di concertazione dove si cercano soluzioni a beneficio della nostra comunità sui temi che riguardano la SIAE e i rapporti con le istituzioni. Il nostro obiettivo ultimo, ovviamente, è quello di vedere/rivedere i nostri Jazz Club affollati di persone che amano stare insieme e soprattutto amano la musica dal vivo e il sentirsi parte di una comunità che ama la musica jazz, e per arrivare a questo metteremo, prima di ogni altra cosa, le nostre competenze ma soprattutto la nostra passione e la nostra testardaggine (perché ogni appassionato di jazz ne è ricco) per far conoscere le nostre realtà.
Alceste Ayroldi