«Flamants Roses» Intervista a Nicola Sergio

Il pianista e compositore di origini calabresi, che da molti anni vive in Francia, pubblica un nuovo disco. Ne parliamo con lui.

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Nicola Sergio Photo @Marie-Laure Olmi

Buongiorno Nicola. Allora, cosa c’entra il fenicottero rosa con la tua musica?
L’idea del fenicottero rosa mi é venuta guardando un bellissimo documentario sul canale televisivo ARTE. Mi ha affascinato subito per la sua bellezza, il suo colore, l’ eleganza in volo e perché dorme su una sola gamba, dimezzando cosi’ la quantità di freddo assorbita dal terreno al fine di ridurre il dispendio di calore. Questa circostanza potrebbe indurre a pensare che si tratta di un essere gracile ed indifeso di fronte alle minacce, in realtà é molto forte ed astuto: la metafora ideale per esprimere il concept dell’album «Flamants Roses».

Il tuo trio in «Flamants Roses» si è, , per così dire, allargato. E’ la prova per un’evoluzione in quartetto?
Non esattamente. Quando compongo, cio’ che conta di più per me é sempre il tipo di sonorità che voglio ottenere. La scelta dell’organico é quindi subordinata a questa esigenza espressiva. La presenza del sax in alcuni brani dell’album deriva dall’intenzione di ampliare la gamma delle sonorità del trio, esprimendo cosi’ in modo più netto i contrasti tra i brani. Cio’ mi é sembrato adatto ad esprimere il concept dualistico dell’album.

Nicola Sergio Trio @Marie-Laure Olmi

A proposito: ci parleresti del tuo trio e di come è nato?
Ho conosciuto Mauro Gargano nel 2008, lui faceva parte della ritmica al concorso di ingresso alla classe di jazz del CNR di Parigi a cui partecipai. Abbiamo suonato tre mie composizioni ed è scattato subito un feeling musicale ed umano, probabilmente innescato anche dal fatto di condividere le nostre origini del Sud Italia. Lui era già un professionista, io ancora uno studente arrivato a Parigi con una valigia piena di sogni e nulla più. Ci siamo ritrovato poi a fare un concerto in duo anni dopo ed ho avvertito la stessa sensazione. Cosi ho pensato a lui per il nuovo progetto. Fu Mauro stesso ad organizzare poi una session per farmi conoscere il batterista Christophe Marguet, col quale suonava in altri progetti. Anche con Christophe il feeling fu immediato e, come per Mauro, ho sentito subito che tra noi tre la musica “sgorgasse” naturalmente, come se avessimo suonato insieme da sempre.

Torniamo al tuo nuovo album. Tessiture armoniose e di ampio respiro, dal profumo classico: che, potremmo definire, il tuo marchio di fabbrica. Però, ci sono anche accenti jazzistici extra-europei, più duri. Insomma, mi sembra che ci sia qualcosa di diverso rispetto ad altre tue produzioni. Mi sbaglio?
Probabilmente è vero. Anche se per forza di cose la mia base naturale e la mia formazione sono di chiara matrice europea, in realtà ho sempre ascoltato (o suonato) musiche extraeuropee: dal jazz americano il cui fascino rimane irresistibile, alla musica cubana, brasiliana, africana, giapponese ed indiana. E cio’ mi avrà inconsapevolmente “nutrito” ed influenzato.

Musicalmente ho notato che vi è un filo rosso che lega i brani l’uno all’altro. E’ lo stesso anche dal punto di vista concettuale?
Mi fa piacere, poiché era cio’ che speravo che venisse percepito all’ascolto. Flammants Roses, come Migrants, é un concept album. L’idea di base é quella di transfigurare in musica, attraverso la metafora dei fenicotteri e dei marabu, l’eterna lotta tra il Bene ed il Male.

Nicola, da «Cilea mon amour» a «Flamants Roses» è passato parecchio tempo. Cosa è successo in questi anni?
Molte cose. Ho suonato, viaggiato, letto, discusso e sono divenuto papà. In particolare, ho riflettuto molto sul cambiamento di paradigma all’interno dell’industria discografica provocato dall’avvento dello streaming e su tutto cio’ che, in generale (vedi Covid), ha avuto un impatto rivoluzionario sulla vita del musicista, il quale dovrà ancora una volta far ricorso alla sua fantasia ed al suo spirito d’avventura per “ridefinirsi” e trovare una collocazione moderna all’interno del nuovo modello di business musicale. Una nuova sfida ci attende e dovremo essere capaci di trasformare un (apparente) punto di debolezza in un punto di forza e un (apparente) rischio in una nuova opportunità. La metafora del fenicottero rosa c’entra anche qui…

A chi è dedicata Marabouts?
Si tratta del punto centrale del mio lavoro. I Marabouts sono tutte le forze che minacciano i fenicotteri rosa. Si puo’ trattare di personaggi reali, ma anche delle nostre paure o delle scuse che diamo a noi stessi per dirci che “non possiamo” e che, se non affrontate, ci impediscono la piena realizzazione di noi stessi. E’ un’esortazione ad andare in fondo al nostro essere, ad incontrare i nostri Marabouts, e scegliere se stare dalla parte di chi li lascia trionfare o di chi lotta per scacciarli e vivere in armonia con sé stessi.

A chi è dedicato questo disco?
A tutti i personaggi (reali o letterari) che si sono battuti per realizzare i propri sogni e per difendere i propri ideali. Alcuni esempi: La prière de l’autre, ispirata dall’immagine di un ateo che prega per il dialogo tra le religioni; Chant de Sirène, ispirata dai racconti di Ulisse, simbolo di audacia e sete di conoscenza; Le chemin des deux héros, dedicata ai giudici siciliani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Flamants Roses, dedicato al pianista Fred Hersch.

Oramai è da diverso tempo che vivi in Francia. E’ sempre la tua seconda terra, oppure ha guadagnato spazio nel tuo cuore?
La Francia é la mia «famiglia» d’accoglienza, l’ Italia la mia «famiglia» d’origine. Entrambe sono fondamentali per me: la realtà di Parigi mi ha chiesto tanto, ma anche dato tanto dal punto di vista professionale ed umano. Pian piano ho costruito degli affetti ed una famiglia (mia moglie é francese). In Italia ho le mie radici, i miei amici d’infanzia, la squadra di calcio del cuore (la Reggina): avverto sempre un brivido particolare quando ci suono.

A tal proposito, dal punto di vista organizzativo, sociale e culturale, cosa ha la Francia in più rispetto all’Italia?
Dal punto di vista culturale credo nulla, entrambi i Paesi sono da sempre esportatori di cultura nel mondo intero. A mio avviso, l’unica differenza tangibile é che in Francia la presenza dello stato, dei sindacati e di altre “sovrastrutture” é più evidente e l’individuo é piu’ portato ad agire nella coscienza di far parte di una squadra. In Italia questo si avverte di meno, ma al contempo la mancanza di un riferimento “dall’alto” si rivela spesso un fattore di sviluppo creativo.

Nicola Sergio Trio 2 @Marie-Laure Olmi

Qual è l’ultimo libro che hai letto (o stai leggendo)?
L’ultimo letto é stato Guerre froide et espionnage naval di Alexandre S. Duplaix e Peter Huchthausen. Sto attualmente leggendo La grande histoire du monde, 5000 ans 5 continents di François Reynaert e Glenn Gould, Contrapoint à la ligne et autres écrits di Bruno Monsaingeon.

Quali sono i tuoi prossimi progetti e i tuoi impegni?
Ho in corso diversi progetti e collaborazioni trasversali con musicisti di Paesi diversi. A Novembre l’evento principale sarà il concerto di presentazione dell’album, in trio al Sunside di Parigi; a Dicembre il nuovo tour in Corea del Sud. Stiamo lavorando ad un tour Europeo a partire da Gennaio 2023. C’é in ballo anche una sorpresa riguardante «Flamants Roses», qualcosa di non abituale a cui stiamo lavorando tra Parigi e Roma e che collega arte e nuove tecnologie.
Alceste Ayroldi