Buongiorno Gianmarco, parliamo subito di «On The Scene». Come nasce questo progetto e perché ha questo titolo?
L’idea di realizzare il mio disco di debutto era un progetto che avevo in mente da un po’ di tempo. Volevo creare qualcosa di autentico e personale, un lavoro che potesse esprimere la mia visione musicale. Quando si è presentata l’opportunità di avere David Kikoski in studio per la registrazione, ho subito capito che era il momento giusto per concretizzare questa cosa. La sua presenza e il suo talento hanno portato una dimensione unica al progetto. Il titolo «On The Scene» rappresenta non solo il mio ingresso nel panorama musicale, ma anche l’importanza di essere sempre presenti e attivi nella scena musicale. Essere “sulla scena” significa essere coinvolti, interagire con altri artisti e il pubblico e contribuire a un dialogo continuo attraverso la musica. In un mondo in continua evoluzione, è fondamentale rimanere rilevanti e aperti a nuove esperienze, e questo titolo riflette appieno la mia intenzione di essere parte di quella dinamica.
A proposito di David Kikoski. Perché hai voluto proprio lui al tuo fianco?
Ho voluto David Kikoski al mio fianco per diverse ragioni. Come ho accennato in precedenza, si è presentata l’occasione perfetta, dato che Dave si trovava in Italia in quel periodo per un altro tour. È stato un caso fortunato e non ho esitato a sfruttare questa opportunità. Inoltre, Kikoski è uno dei miei pianisti preferiti di sempre. La sua versatilità e il suo approccio unico alla musica lo rendono un artista straordinario. Ha una capacità incredibile di mescolare stili e influenze diverse, creando sonorità originali che colpiscono profondamente. La sua tecnica impeccabile e la sua sensibilità artistica riescono sempre a portare un’energia speciale in ogni performance. Collaborare con un musicista del suo calibro è stato non solo un onore, ma anche un’esperienza che ha arricchito enormemente il mio progetto. La sua presenza ha portato una dimensione nuova e vibrante al mio lavoro, e sono estremamente grato di aver avuto l’opportunità di lavorare insieme.
Visto che ci siamo, ci parleresti anche degli altri musicisti che ti accompagnano?
Certamente! Parlando di Stefano Battaglia, posso dire che la nostra amicizia è iniziata durante gli anni trascorsi a Berklee. Stefano è un contrabbassista di straordinario talento, dotato di una sensibilità musicale unica. La sua capacità di interagire con gli altri musicisti sul palco è davvero impressionante. Abbiamo condiviso molte esperienze, sia musicali che personali, e la sua presenza nella mia musica è sempre stata una fonte di ispirazione. Stefano ha una visione del jazz che è al contempo tradizionale e innovativa, il che lo rende un partner ideale per esplorare nuove sonorità e idee. Passando a Luca Santaniello, è un altro musicista che stimo profondamente. Cresciuto a Campobasso come me, Luca ha fatto il salto a New York da giovanissimo, dove ha avuto l’opportunità di lavorare con alcuni dei più grandi nomi del jazz contemporaneo. La sua tecnica e il suo senso del ritmo sono eccezionali, e il suo background culturale arricchisce il suo approccio alla musica. Non solo è un batterista incredibile, ma è anche un compositore e arrangiatore di talento. La sua versatilità lo ha portato a collaborare con artisti di vari generi, rendendolo un elemento prezioso in qualsiasi formazione. Luca rappresenta un esempio di come il talento e la determinazione possano portare a grandi successi, e sono felice di avere la possibilità di suonare al suo fianco.
Qual è l’obiettivo di questo disco e la «fonte d’ispirazione» che anima le composizioni?
L’obiettivo di questo disco è quello di trasmettere gioia attraverso la musica jazz, un genere che spesso viene percepito come inavvicinabile e complesso. Vogliamo dimostrare che il jazz può essere accessibile e capace di evocare emozioni positive, facendo sentire gli ascoltatori partecipi di un’esperienza dinamica. La fonte di ispirazione dietro le composizioni proviene da diverse esperienze di vita, dall’interazione con altre forme d’arte e dalla fusione di stili musicali diversi. Elementi della vita quotidiana, ricordi personali e la bellezza delle relazioni umane si intrecciano per creare melodie che parlano al cuore. Inoltre, mi sono ispirato a grandi maestri del jazz, cercando di dare una nuova voce a tradizioni consolidate.
Oltre alle tue composizioni ci sono anche tre brani che appartengono al repertorio jazzistico. Perché hai scelto proprio questi tre?
Ho scelto questi tre brani dal repertorio jazzistico perché sono delle composizioni che adoro profondamente. Per me, come musicista jazz, è fondamentale suonare anche musica già esistente di questo repertorio infinito dell’American Songbook. Questi brani non solo rappresentano il cuore e l’anima della tradizione jazz, ma offrono anche un’opportunità per esplorare e interpretare la musica in modo personale. È un modo per rendere omaggio ai grandi compositori e ai musicisti che ci hanno preceduto, mentre allo stesso tempo si crea un dialogo continuo tra passato e presente.
Quando e come è iniziato il tuo viaggio nella musica?
Il mio viaggio nella musica è iniziato in modo piuttosto tardivo rispetto a molti altri musicisti. Non ho avuto un’infanzia immersa nella musica, ma ho iniziato a interessarmene seriamente quando frequentavo il secondo superiore, tra i 13 e i 14 anni. A Campobasso, la mia città, c’è una vivace scena musicale, in particolare per quanto riguarda il jazz. Ho avuto la fortuna di scoprire la scuola associazione musicale Thelonious Monk, un luogo dove la musica è davvero materia seria. Sotto la guida del grande Nicola Cordisco, un chitarrista eccezionale, ho iniziato a esplorare il mondo della musica. La Thelonious Monk è una realtà ben consolidata nel Molise, e la sua presenza ha contribuito a formare molti musicisti talentuosi nella regione.
Il jazz è arrivato subito?
Sì, il jazz è arrivato subito nella mia vita musicale e questo è stato in gran parte merito del mio maestro, Nicola Cordisco. Essendo un chitarrista prevalentemente jazz, la sua influenza è stata fondamentale nel mio percorso. Fin dai primi approcci con la musica, sono stato immerso in questo genere, che ha aperto le porte a un mondo nuovo. Durante le lezioni abbiamo esplorato l’improvvisazione, che è essenziale nel jazz, l’importanza dell’interazione tra musicisti e l’ascolto attivo. Questi aspetti hanno arricchito la mia comprensione e passione per il jazz. Grazie a questa esposizione, ho sviluppato una passione profonda per questo linguaggio che mi ha accompagnato nel mio percorso artistico e che continua a influenzare il mio modo di vedere e vivere la musica. La mia formazione con Nicola Cordisco è stata, senza dubbio, un elemento chiave nel mio avvicinamento a questo straordinario genere musicale.”
Sei giovane. Cosa ti affascina della vita del musicista? Ti è mai venuto in mente di «cambiare mestiere»?
Essere giovane e vivere la vita del musicista è estremamente affascinante per me. La possibilità di esprimere emozioni attraverso la musica, di viaggiare, di incontrare persone diverse e di condividere esperienze uniche è qualcosa di straordinario. La creatività e la libertà artistica che accompagna questa professione mi entusiasmano ogni giorno. Per quanto riguarda la possibilità di “cambiare mestiere”, non mi è mai venuto in mente. La musica è la mia vera passione, e sento che è ciò che voglio fare nella vita.>
Tre proposte per migliorare il settore dell’industria musicale italiana.
In primo luogo, sarebbe fondamentale garantire un accesso alla musica di qualità nelle scuole, iniziando dalle elementari e proseguendo nelle medie. Questo potrebbe avvenire attraverso programmi educativi che introducano i giovani a diversi generi musicali. Organizzare concerti dal vivo e laboratori condotti da musicisti professionisti permetterebbe ai ragazzi di vivere esperienze dirette e stimolanti, accendendo in loro la passione per la musica e incentivando la creatività. In secondo luogo, è importante creare fondi e programmi di sostegno per artisti in generale. Inoltre, si potrebbero istituire borse di studio e residenze artistiche che offrano agli artisti la possibilità di svilupparsi e perfezionarsi, contribuendo così a una scena musicale più ricca e diversificata. Infine, un’altra iniziativa utile sarebbe quella di promuovere festival e eventi musicali locali, creando piattaforme per i musicisti. Questa rete favorirebbe anche la creazione di comunità artistiche attive, dove gli artisti possono collaborare, ispirarsi reciprocamente. Unendo questi elementi, si potrebbe contribuire a rafforzare e rilanciare l’industria musicale italiana nel suo complesso.
C’è una collaborazione che ti ha particolarmente colpito e indicato la via giusta nel mondo della musica?
Ogni collaborazione e incontro che ho avuto nel mio percorso musicale ha avuto un impatto significativo su di me. Dalla mia esperienza a Berklee dove ho avuto l’opportunità di incontrare studenti e professori provenienti da tutto il mondo, ho imparato l’importanza di avere diverse prospettive artistiche. Queste interazioni mi hanno aperto la mente e mi hanno mostrato come la musica possa essere un linguaggio universale che unisce persone di culture diverse. Anche gli incontri più casuali, come con musicisti locali o conversazioni informali con artisti, hanno arricchito il mio bagaglio culturale e artistico. Ogni interazione ha portato con sé nuove idee, ispirazioni e, soprattutto, la consapevolezza che la musica è un viaggio condiviso.
Quali sono i tuoi obiettivi?
I miei obiettivi sono di continuare a crescere come musicista e condividere la mia musica con un pubblico sempre più ampio. Voglio anche ispirare gli altri attraverso la mia arte e contribuire a una scena musicale diversificata.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
I miei progetti futuri includono una serie di concerti con Kikoski nel mese di ottobre, durante i quali presenterò il disco. Siamo entusiasti di fare un tour tra il centro e il sud Italia, con tappe in locali iconici come Il Moro di Salerno, il Duke Jazz Club e il Gregory’s. Sarà un’opportunità fantastica per condividere la nostra musica con il pubblico e creare momenti speciali. Non vedo l’ora di vivere queste esperienze!
Alceste Ayroldi