«Sono fuori». Intervista a Gaia Gentile

L’album d’esordio per la giovane cantautrice pugliese mette insieme swing, canzone d’autore, jazz ed electro-pop con un’anima soul. Ne parliamo con lei.

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Gaia Gentile

Gaia, era giunto il tempo del tuo primo disco. Da quanto tempo aspettavi questo momento?
Aspettavo il mio primo vero esordio discografico da molti anni ormai. Ho cominciato verso i diciassette anni a scrivere le mie canzoni, quasi sotto forma di appunti di vita, mentre giravo il mondo cantando. E, nel frattempo, si sono susseguiti produttori che però hanno puntato sempre sulla Gaia performer. Essere una performer ha sempre fatto parte di me, ma mancava un tassello. Per fortuna arriva il tempo in cui la pancia parla prima della testa e dei condizionamenti esterni e ti accorgi che diventa prioritario comunicare con il tuo pubblico nel modo più sincero e gratificante che puoi: con la tua musica.

Il titolo, «Sono fuori», oltre a evocare l’uscita dell’album, tiene in considerazione anche qualche fattore emozionale?
«Sono fuori» è un disco con più sfaccettature di significato. Tratteggia, prima di ogni cosa, un salto coraggioso nel futuro. È un disco che non ha paura di parlare in tutte le contaminazioni di stile; e io che non ho paura di mostrarmi senza veli, un po’ fuori di testa, fuori tendenza.

Ci parleresti della genesi di questo disco?
Il disco ha cominciato a prendere forma circa quattro o cinque anni fa, e durante la prima ondata di pandemia c’è stata una svolta. Il doversi fermare, l’essere bloccati, il doversi guardare dentro e parlarsi senza filtri; ha fatto sì che nascessero canzoni come fiori. Mi sono sentita particolarmente ispirata nonostante la precarietà del momento e l’incertezza del domani, determinata a tirare fuori la valanga di sensazioni che avevo dentro.

Già che ci siamo, come si è formato il gruppo di musicisti che ti accompagna?
Dopo dieci anni di concerti in giro per il mondo con un gruppo a cappella, esperienze televisive, collaborazioni con artisti di fame nazionale e internazionale; dopo il lockdown ho finalmente deciso di puntare sul percorso solistico, partendo da un trio   di musicisti che sono la mia squadra/certezza. Nicolò Pantaleo, sassofonista, mio compagno e compositore e Antonello Boezio, chitarrista e mio produttore. Il resto del gruppo che mi accompagna nei live, è arrivato un po’ per volere del destino e un po’ per selezione accurata. Il gruppo completo è un ottetto composto da me, Mario Guarini al basso, Paolo Debendetto al sax contralto, Nicolò Pantaleo al sax baritono, Gabriele Semeraro al piano, Francesco Lomagistro alla batteria, Antonello Boezio alla chitarra, Gabriele Panico alla programmazione elettronica. Nel disco invece ha suonato dal Brasile batteria, basso e tastiere il mitico Sandro Haick, nonché arrangiatore della maggior parte dei pezzi.

In buona parte i brani sono firmati da te, spesso a quattro mani con Nicolò Pantaleo e con vari artisti che si sono alternati all’arrangiamento. Come hai agito in fase compositiva e in quella autoriale?
La vita non smette mai di stupirti. Notoriamente faccio coppia con Nicolò Pantaleo nella vita privata e professionale da molti anni, ma non avevamo avuto mai abbastanza tempo da dedicare al collaborazione in ambito autoriale. Fino a che non siamo rimasti bloccati in casa ed è nata la magia! Quella magia che nasce dall’unione di due teste che conoscono perfettamente attitudini e limiti l’uno dell’altro. Sono nate melodie alle quali spessissimo è stato naturale abbinare una storia! Tutto coincideva. Questo disco può vantare anche penne del calibro di Eric Buffat, Antonio Galbiati, Paolo Vallesi. Gli arrangiamenti sono stati curati da Sandro Haick e vede la partecipazione di Fabio Barnaba in Dormi dormi e Francesco Cianciola per Menomale.

C’è un filo rosso che accomuna i dieci brani?
Nei dieci brani del disco, oltre ovviamente alla mia voce, il filo rosso (mi piace però immaginarlo color arcobaleno) che lega ogni canzone è proprio la volontà di dimostrare che la versatilità di stile non sia un limite. La voglia di lasciare una traccia, un segno in chi lo ascolta. Il vero limite spesso sono proprio le etichette. La musica ha bisogno di esprimersi con sincerità e qualità.

Non hai rinunciato all’elettronica. Pensi che sia un valore aggiunto all’economia del suono che volevi per questo disco?
È facile constatare che oggi la musica che va per la maggiore e passa per le radio, sia prettamente elettronica e senza l’utilizzo di suoni reali. Sembra quasi che l’elettronica prodotta da un computer, non possa andare d’accordo con quella reale generata da uno strumento fisico. Ascolto da sempre anche musica elettronica e mi “gasa” molto. Ho sempre desiderato unirla al gusto intimistico del pop d’autore! Secondo me l’insieme crea un valore aggiunto.

Un disco che, finalmente, non rispetta i canoni imposti dai generi musicali. C’è tutta la musica che ti piace?
Sì, c’è tutta la musica che mi piace: mi piace da morire. Ho messo tutta me stessa, dal pop, alle armonie jazz, alla dance, a brani che mi riportano a sonorità da Musical. Si dice: «Non c’è limite al peggio»; io penso anche che non ci sia limite al Bello!

Secondo me ci sono diversi hit single in questo album. Quale sarà il primo che vedrà il debutto anche attraverso la realizzazione di un video?
Il singolo del disco è Fuori tendenza. L’uscita è prevista per il 24 aprile, al quale seguirà il 30 (sempre del mese di aprile) l’uscita del videoclip che preannuncio essere davvero un’opera d’arte… A questo singolo seguirà una seconda «hit» con annesso videoclip. Forse è intrinseco al mio nome, ma mi piace anche trasmettere leggerezza e positività a chi mi ascolta. Può fare stare bene.

Forse con l’uscita di questo disco ti sei bruciata la possibilità di concorrere per la partecipazione al festival di Sanremo. Oppure hai in serbo altre frecce nel tuo carniere?
No no, il carniere è ricco. Con la mia squadra, dopo l’uscita del disco, abbiamo intenzione di buttarci nella realizzazione del secondo disco. Per Sanremo, posso svelare che in cassaforte abbiamo una chicca.

Nel brano Fuori tendenza, particolarmente autobiografico, fai una serie di affermazioni. Iniziamo dal fatto che «studi il jazz, ma Fossati piace da morire». Quindi, jazz e Fossati (o la canzone d’autore) solitamente non vanno d’accordo?
A mio avviso la canzone d’autore e il jazz potrebbero andare a braccetto. Entrambe sono contraddistinte da libertà espressiva e armonica, nonostante provengano da matrici differenti. Però spesso durante il mio percorso musicale mi è capitato di vivere questa distinzione di genere. Il jazz nell’immaginario collettivo, è considerata una musica elitaria a differenza della canzone pop che è popolare. Quindi se sei un jazzista non puoi essere Popolare. Sono nata e cresciuta con la musica popolare, ma amo il jazz e questo inevitabilmente si sente.

Poi, citi Achille Lauro, Sfera Ebbasta e dici: «un po’ di competenza non basta». Cosa intendi dirci?
Per «competenza» non mi riferisco a chissà quale capacità scientifica, ma mi piace pensare che gli artisti e i cantanti che esprimono concetti linguistici, capiscano di essere un veicolo di messaggi ed emozioni. Di frequente le canzoni attuali in voga mancano di un quid, di un qualsiasi concetto. Il pubblico va nutrito oltre che intrattenuto. La musica è arte, l’usa e getta no.

E ancora: «Se sei un cantautore tira a campare». Oggi i cantautori non sono più di moda, vero?
Purtroppo è vero. La moda è un business e i cantautori (nell’immaginario sono sfigati e se la cantano e se la suonano nella cameretta) invece spesso fanno fatica a campare della propria musica. Sarebbe più facile essere trapper o rapper, perché statisticamente puoi fare più numeri. Oggi i numeri contano, spesso ancora prima di quello che hai da dire. La vita è una questione di scelte: decidere se fare ciò che ti fa felice anche se richiede più tempo e fatica, oppure seguire la strada più facile e sicura.

Sei «Fuori dal tunnel delle contraddizioni». Quali sono le contraddizioni che non sopporti?
Prima di aver messo a fuoco la mia identità ero assalita da contraddizioni e paure. In primis quella di non riuscire a fare musica contestualizzabile, al passo coi tempi e con le logiche di mercato. Per fortuna col tempo ho capito che le scelte più facili a rigor di logica, non sono necessariamente quelle più efficaci e durature.

Ogni brano è un messaggio – anche più d’uno –. Qual è il messaggio di Caos mio?
Caos mio è un inno alla libertà. La libertà di essere e di amare senza limiti di genere, forma o sesso. Ci è concesso vivere una sola vita ed è giusto viverla come la nostra natura comanda, spesso superando i limiti di una società che non sa ancora veramente amare.

Chi sono i destinatari della tua musica?
Non riesco ad immaginare un limite alla gamma di destinatari della mia musica. Ho scritto una ninna nanna per bambini, ispirata dalla nascita di mia nipote Bianca. Nel disco c’è anche musica Dance che fa ballare, un’altra cosa che fa parte di me. Ci sono ballad piene di sentimento che fanno emozionare mia madre anche dopo il centesimo ascolto. Non vedo limiti.

Cosa ne pensi del pubblico?
Il pubblico è per me, quella cosa che c’è anche quando non si vede. È il fine ultimo e non ultimo. Spesso il primo per il quale, nonostante le difficoltà di un mondo artistico complicato, crei musica, studi e continui a progettarla. Gli applausi, i riconoscimenti, l’entusiasmo del pubblico sono il nutrimento più profondo per l’anima.

Gaia, abbiamo detto che studi jazz. Qual è il tuo background artistico?
Già da bambina ricevevo input di musica jazz. Mio padre aveva l’hobby della chitarra e spesso lo seguivo durante le prove con la sua band. I classici di repertorio erano Cantaloupe Island e Samba pa ti. Poi, all’età di quindici anni ho cominciato a frequentare la scuola Il Pentagramma di Bari e da quel momento in poi si è palesato il mio amore sfrenato per il jazz. Le voci di Sarah Vaughan, Billie Holiday, Carmen McRae, Ella Fitzgerald, Rachel Ferrell hanno segnato Il mio approccio alla musica e l’utilizzo della voce come strumento al pari degli altri, quindi capace di virtuosismi, dinamiche, espressioni, pulizia, improvvisazione. Ecco perché alla canzone pop, che mi scorre inevitabilmente nel Dna, cerco di infiltrare armonie jazz e momenti strumentali e improvvisativi.

Mi sembra di capire che questo disco era nelle tue corde e nella tua testa da tempo, ma è fiorito al meglio durante questo difficile momento contrassegnato dalla pandemia. Hai avuto modo di riflettere e progettare meglio in questo periodo?
Forse è strano a dirsi, ma la pandemia per me ha segnato un momento di svolta positivo. Ho davvero cercato di sfruttare un momento di silenzio e riflessione per tirare fuori il buono che sentivo dentro. Ho anche progettato e studiato il mio progetto live: Gaia Gentile…ma non troppo! Speriamo si possa tornare presto a fare i live.

Qual è stato il tuo incontro «straordinario»?
Mi sento una persona estremamente fortunata, perché la musica mi ha permesso di fare tanti incontri importanti e formanti. Mi ha permesso di conoscere Caparezza, Capossela, condividere il palco con Noa, Gió di Tonno, Paolo Vallesi, Paolo Belli e altri ancora. Il Maestro Paolo Lepore, con la sua Jazz Studio Orchestra e con il quale mi onoro di collaborare. Ma il mio incontro straordinario è stato con il mio produttore, nonché chitarrista Antonello Boezio. Non lo dico per una contentezza di circostanza, ma perché davvero ho trovato in lui un amico, una persona determinante. Ha saputo rendere facili cose che credevo impossibili.

E quale vorresti che fosse il tuo prossimo incontro «straordinario»?
Il prossimo incontro straordinario vorrei che fosse con Daniele Silvestri.

Ora, cosa è scritto nell’agenda di Gaia Gentile?
La mia agenda è piena di sogni. Al momento in agenda ho l’uscita del singolo il 24 Aprile con annesso videoclip che esce il 30 Aprile. Poi l’uscita del disco è prevista il 14 maggio. Subito dopo sogno di avere il calendario pieno di live in giro per L’Italia. E il sogno più grande, quello che desidero da sempre è quello di girare in lungo e in largo il mondo. Il viaggio è una mia grande propensione e vorrei soddisfarla attraverso la mia musica.
Alceste Ayroldi