Gaia, a distanza di un anno, pressappoco, un nuovo disco: «Tanto tutto passa». C’era tutta questa fretta?
In realtà sì. Ho esordito col primo album solo l’anno scorso, ma in tutti questi anni di ricerca artistica e anche un po’ ricerca di me stessa; avevo accumulato memorie di vita e molte bozze di canzoni. Poi a dare un’impennata all’ispirazione è stato anche l’entusiasmo da uscita primo disco e il viaggio in Brasile. Quindi da una parte l’ispirazione non è mancata e dall’altra nonostante due anni di pandemia, posso contare su un team che corre come un treno ad alta velocità.
Tanto tutto passa, anche la musica, le parole. Qual è il brano, a tuo avviso, che potrebbe rimanere “scolpito nella memoria degli ascoltatori” e perché?
Non ho propriamente le idee chiare. Vorrei illudermi che possa rimanere scolpito un brano come Tu sei, così melodico e appassionato, al genere femminile. Oppure Come in un film, un tormentone per i romanticoni come me. O, ancora, Sono fortunata come motto di vita soprattutto nei momenti di disillusione.
Mi ha colpito una frase all’interno della title-track: “Oggi abito in un compromesso”. Un po’ tutti quanti viviamo in un compromesso. Per te, come artista, qual è l’indirizzo del compromesso dove abiti?
Abito in Via della speranza che prima o poi sarà più facile fruire della musica non solo prettamente commerciale.
La cosa che colpisce in questo disco è la varietà di forme musicali. E’ un atto voluto o casuale?
Più voluto che casuale. Era già un presupposto del primo album quello di stroncare le etichette. Ho sempre voluto spaziare nei mood che tirano fuori la mia versatilità. A occhi critici tutta questa carne al fuoco potrebbe sembrare un compitino da primo della classe; io invece ho proprio il problema nella vita e anche nella musica di essere abbondante nelle idee, nelle energie, nelle iniziative. Poi sicuramente succede anche che lavorando e spaziando in studio nascano canzoni inaspettate, quasi dissonanti rispetto alle altre. Però lasciarle nel cassetto potrebbe anche voler dire bruciarle definitivamente.
Parliamo di Come in un film che ci porta in un’altra dimensione sonora, tra la musette e lo swing d’antan. Qual è la genesi di questo brano?
La genesi parte quando ho cominciato a studiare il francese e ne ho da subito adorato la musicalità. Poi ho conosciuto la Francia e lì è stato amore fatale. Il mio sogno nel cassetto è tuttora una casa a Montmartre dalla cui finestra affacciarmi e sbirciare i passanti, immaginando ‘la Belle Époque ed il fermento artistico dei tempi d’oro. Ho sempre voluto dedicare una canzone a Parigi ed è bastato immaginare una fisarmonica che suonasse una melodia et voilà, tutto il resto è venuto da se.
Squadra vincente, non si cambia: almeno in parte troviamo gli stessi musicisti che ti hanno accompagnata anche nel tuo primo disco. Poi, ci sono dei nuovi innesti. Ce ne vorresti parlare?
Uno di questi nuovi innesti che tanto mi inorgoglisce è Made in Brasil. La scorsa tournée in Brasile mi ha dato la possibilità di conoscere musicisti strabilianti, tra cui il pluri-grammy awards Alegre Correa. Dal momento in cui abbiamo cominciato a duettare è nata una sinergia magica ed è stato meraviglioso quando Alegre ha accettato con piacere di duettare anche nel mio disco. Un nuovo innesto è stato anche il tocco e il gusto di Vince Abbracciante alla fisarmonica a dare un valore aggiunto ad un’altra canzone del disco.
Metti che invece ci regala delle sonorità anni Ottanta. Cosa c’entra una giovanissima come te con quel decennio?
Se è vero che ci reincarniamo in più vite, in una di queste avrò vissuto e amato gli anni Ottanta. Oppure probabilmente i miei genitori mi hanno inculcato il loro amore per quella musica. Noto con piacere che sono tornate di moda quelle sonorità, che suonano comunque più interessanti delle musica computerizzata attuale. La cassa in quattro è quasi inevitabilmente anni 80 e ti trascina in un vortice. Volevo che Metti che facesse questo effetto facendo librare il corpo.
Possiamo dire che in questo disco c’è più Gaia Gentile, anche come autrice e compositrice?
Sicuramente sì, anzi nettamente. Rispetto al primo disco, in quest’ ultimo le canzoni non hanno autori esterni all’infuori di me, di Nicolò Pantaleo e di Antonello Boezio. Volevo seguire un mio filo discorsivo e musicale nel bene e nel male. Volevo essere io la causa della mia vittoria o della mia disfatta, del consenso e del dissenso. Avevo molte canzoni in serbo e per di più l’esperienza di un mese in Brasile ha alimentato la quantità di canzoni. Francamente non c’era nel disco altro spazio per altra musica.
Al secondo ascolto, mi sembra che questo disco sia meno “sbarazzino” rispetto al precedente. Non voglio parlare di disco della maturità, ma mi sembra che qualcosa sia successo nel frattempo. C’è qualche evento che ha contribuito a questa tua nuova visione della musica?
Non c’è stato un evento in particolare, quanto sempre di più la presa di consapevolezza che è meglio fare qualcosa fuori dal genere di massa, che annegare in questo tunnel vizioso e ingannevole. Anche se l’età non conta, soprattutto quando sei pieno di entusiasmo; mi sento di dire che non sono più una ragazzina di primo pelo e voglio esprimermi come mi dice la pancia e il cuore, senza troppi stratagemmi e senza troppe regole.
Il tuo post pandemia è stato parecchio movimentato, con anche una lunga sosta in Brasile. Ce ne parleresti?
Con molto piacere. Lo scorso novembre, mentre in Italia con i live era ancora tutto fermo, io con il mio compagno e due miei altri soci, abbiamo pensato fosse il momento di mettere a frutto i rapporti oltreoceano che si erano creati virtualmente durante la pandemia. In primis col mitico Sandro Haick che era già stato arrangiatore del mio primo disco e poi con molti altri musicisti che sono stati protagonisti di un ‘vlog’ già studiato prima della partenza dall’ Italia. Ed infatti tra un concerto ed un altro in Brasile, abbiamo arrangiato alcuni brani del nuovo disco con i colori di questa meravigliosa nazione e girato questi video che raccontassero l’esperienza del viaggio, gli incontri e gli scambi musicali tra Italia e Brasile. Sono tutti online “Cocco, in viaggio con Gaia Gentile” . Sono contenta siano piaciuti, c’è aria di replica. È inutile dire quanto mi abbia colpita il posto, la natura preponderante e selvaggia, dall’ enorme tradizione musicale e dal calore delle persone e soprattutto del pubblico brasiliano. Mi sono sentita davvero importante.
E Cocco sente le influenze di questa tua parentesi. Cosa racconta questo brano?
Cocco è la sintesi della mia gioia di vivere, del mio amore per la musica e anche della mia passione smaniosa verso il cocco. Ho rischiato un’intolleranza alimentare da cocco e derivati nel mio soggiorno in Brasile. Questa canzone si è abbinata perfettamente alla toda joia brasilera ovviamente grazie al tocco e al gusto pazzesco di Sandro Haick. Il Brasile ritengo che sia la patria delle canzoni felici, anche quando parlando di Saudade. È la patria delle canzoni che fischietti come fossero canzonette eppure sono manuali di poesia piene di armonie molto complesse. Questo è esattamente il mio modo di vedere alla bella musica e alle belle canzoni.
Una scaletta variegata nell’altalena dei ritmi. Quale criterio hai seguito nella compilazione della stessa?
Il criterio è un crescendo di ritmo e intensità, passando dalle canzoni d’autore intima, per spaziare con gli omaggi ai miei cantautori preferiti e con i quali ho collaborato, fino ai ritmi più marcati che ti fanno ballare e divertire.
Gaia, quali sono i tuoi ascolti musicali abituali?
Ogni giorno è un marasma di ascolti musicali, tranne quando ho bisogno di silenzio. Ascolto quasi puntualmente i classici jazz per trovarci sempre qualcosa di nuovo. Poi inevitabili sono gli ascolti italiani, a partire da quelli del cuore come Pino Daniele, Battisti, Dalla, Fossati ecc, per arrivare a Cremonini, Levante, Mengoni, Elisa, Caparezza e tante super nuove leve interessantissime. Poi nella mia playlist di Spotify non manca anche il pop internazionale, da Bruno Mars a Sam Smith, Emily King, Adele e tanti altri.
Scegli un compositore e commissionagli un brano. Chi sarebbe il compositore e quali indicazioni gli daresti?
Risposta di getto: Niccoló Agliani. È un’anima bella e questo lo trasmette anche in musica, non è mai scontato e mi emoziona sempre. Gli direi soltanto di provare a scrivermi una canzone in grado di far piangere di gioia la gente come lui spesso sa fare e che racconti una storia importante da sapere.
Invece, facciamo finta che ti abbiano commissionato un brano che ha come tema portante la guerra. Con quale frase attaccheresti?
“Dimmi che senso ha continuare a costruire, se poi radi tutto al suolo”
Sei anche un’imprenditrice del settore musicale. Quali sono, a tuo avviso, i tre problemi fondamentali che ha l’industria musicale italiana?
Sperando di non sembrare una paternalista che si lamenta sempre dei problemi che abbiamo in Italia; io penso seriamente che manchi proprio di base un’educazione artistica. Penso che bisognerebbe inserire la materia della musica nelle scuole, non come contorno o riempimento, lasciando solo la possibilità dello studio del flauto dolce ad esempio, come è successo a me. Uno dei problemi in Italia è che non si è capito quanto sia importante curare la mente e lo spirito, a volte ancora prima di curare il corpo. Se lo capissimo, sono certa che ci renderemmo conto dell’importanza del ruolo della musica e dell’arte e ne saremmo ghiotti: andremmo ai concerti, faremmo gli abbonamenti a teatro e noi artisti non saremmo costretti a pagare la pubblicità per sperare di fare il sold out. A quel punto l’industria non ci propinerebbe solo puro e scontato intrattenimento. Un altro problema di questa benedetta industria musicale, oltre al non voler minimamente educare all’ascolto, è anche quello di far passare alle nuove generazioni che l’ambizione più grande è la fama. Che quindi serve puntare ai Talent, alle vetrine facili e curare la forma prima ancora di avere almeno un’idea.
Qual è l’ultimo libro che hai letto (o che stai leggendo)?
Il libro che sto per finire di leggere e mi ha fatto piangere già una decina di volte è Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani. Uno dei miei idoli in assoluto. Sono davvero pazza di lui.
Gaia, cosa bolle in pentola?
Bollono cose entusiasmanti. Tra una settimana mi esibirò insieme a Gegè Telesforo, sarò special guest di un suo concerto a Bari. Ad ottobre sarò in Francia per girare una sorpresa e a gennaio ci sarà una nuova lunga tournée in Brasile. Spero di chiudere un accordo importante che mi permetterà di fare tanti concerti in giro per l’Italia e chissà: non c’è due senza tre, lavorerò ad un terzo disco che forse questa volta sarà un disco di omaggi.
Alceste Ayroldi