Il Ferrara Jazz Club presenta la seconda parte della stagione 2021-2022. Intervista a Francesco Bettini

In occasione della presentazione del cartellone del 2022 del famoso club emiliano-romagnolo, ne abbiamo parlato con il direttore artistico Francesco Bettini.

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Francesco Bettini © Roberto Cifarelli

Francesco, dopo un anno e mezzo di tribolazioni, finalmente quest’anno la musica live è ripartita. Come è andata la prima parte della stagione?
Avresti potuto chiedermi se vedo il bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Se rispondessi che tutto sommato, in un modo o nell’altro è andata, farei la figura del classico organizzatore pessimista e perennemente insoddisfatto. Se affermassi, al contrario, che è andata oltre ogni più rosea aspettativa, peccherei di cieco entusiasmo. La verità è che qualunque sensazione è oggi alterata dal momento storico che stiamo vivendo, un periodo nel quale la socialità è fortemente condizionata dalle circostanze. Dal momento che il Torrione non è solo un presidio culturale, ma è anche e soprattutto un presidio sociale, ciò che avviene all’interno del Jazz Club ha le medesime dinamiche di ciò che avviene nel mondo esterno e risente della percezione collettiva. La riapertura, da fine settembre a metà ottobre, prevedeva il contingentamento del pubblico, e nonostante la voglia degli appassionati di tornare ai concerti indoor in presenza, i numeri sono stati inizialmente abbastanza modesti, crescendo parallelamente alla consapevolezza della effettiva sicurezza del luogo. Con il ritorno alla capienza piena si è verificata un’insperata iniezione di ottimismo e le presenze sono tornate quelle del 2019, forse addirittura superiori, grazie a diversi sold out e a una frequentazione sempre consistente. Dall’entrata in vigore del super green pass, e con l’aumento dei contagi, abbiamo assistito ad una progressiva contrazione. Il dato complessivo è stato comunque soddisfacente, visto che il bilancio delle entrate e delle uscite del trimestre è rimasto sostanzialmente analogo a quello pre-pandemico, anche grazie ad azzeccate strategie di programmazione e alla fitta rete di collaborazioni e co-produzioni.

Quali sono state le maggiori difficoltà incontrate, anche a causa del COVID-19?Sicuramente l’adeguamento della struttura e del personale ai nuovi protocolli di sicurezza, senza contare che in soli tre mesi sono cambiati tre volte. Tuttavia la vera difficoltà è più che altro di natura psicologica. L’incertezza del futuro, l’imprevedibilità degli eventi, a fronte di un lavoro che ha bisogno di un piano di produzione cadenzato da tempi e modalità relativamente poco flessibili. Tutto ciò ha generato un carico di stress e di lavoro decisamente superiore che in passato.

Hai notato resistenza da parte del pubblico? Qualche cambiamento? I giovani e il jazz sono distanti? Qual è il target del pubblico del Ferrara Jazz Club?
Inevitabilmente sì. Al di là dei diversi no vax che, con l’introduzione del super green pass non sono più potuti venire ai concerti, e dei veri appassionati che neanche sotto i bombardamenti rinuncerebbero ai concerti dal vivo, il pubblico più anzianotto, o non è più tornato, o si è riaffacciato al Torrione solo nella fase in cui sembrava che il vaccino avesse scongiurato il pericolo. Al contrario la voglia di continuare a vivere dei più giovani, unitamente alla consapevolezza di essere fisicamente più reattivi al virus, ha fatto sì che si impennasse il numero delle presenze della fascia 20-40 anni. In buona parte è dipeso dalle scelte fatte: una forte scontistica, spesso anche la gratuità, per i soci under 30 e la stretta collaborazione con il Dipartimento Jazz del Conservatorio di Ferrara. Se una cosa positiva è avvenuta grazie alla pandemia, è proprio l’abbassamento dell’età media del pubblico, sappiamo infatti quanto nell’ambito del jazz sia generalmente piuttosto alta.

Jazz Club Ferrara
foto di Michele Bordoni

Invece, questa seconda parte cosa riserverà al pubblico del Ferrara Jazz Club?
Moltissime sorprese! Abbiamo appena ricominciato e già due dei concerti programmati sono stati cancellati e altrettanti hanno subito cambiamenti significativi di formazione. Siamo in pieno picco di Omicron: tantissimi hanno contratto il virus (fortunatamente in forma lieve) e almeno questa prima fase della programmazione sarà davvero una resistenza un po’ “donchisciottesca”. Se tutto dovesse filare liscio, il pubblico potrà fruire di quaranta appuntamenti, imbattendosi nei quali avrà occasioni di ascolto estremamente variegate che abbracciano numerosi e differenti linguaggi, da quelli di “tradizione” alle più svariate derive contemporanee.

Ci sono dei concerti dei quali sei particolarmente orgoglioso di ospitare, perché sono una tua “scoperta”?
Non mi definirei un talent scout, quanto piuttosto un catalizzatore di progetti nati in seno alla comunità creativa che ruota attorno al Torrione. I progetti ai quali il jazz club contribuisce ospitandone le rispettive residenze artistiche sono quelli di Istantanea, della Tower Jazz Composers Orchestra, dell’Orchestra Creativa dell’Emilia-Romagna e del conservatorio di Ferrara. Spesso, a queste realtà contribuiscono i medesimi musicisti, che sono in qualche modo interscambiabili, altre volte se ne affacciano di nuovi. Questa fluidità contribuisce alla realizzazione di progetti sempre diversi e originali, che rappresentano anche palestre fondamentali per giovani musicisti, così come lo sono le jam session che organizziamo con cadenza settimanale.

Quali difficoltà hai incontrato nel creare il programma?
In misura minore, quelle che ho incontrato negli ultimi due anni, in particolare per gli artisti internazionali in tour, ovvero: concerti confermatissimi che vengono cancellati, quando va bene, un mese prima; le norme che cambiano continuamente, con ricaduta sulla circuitazione da e per l’Italia; la possibilità che i musicisti contraggano il virus appena prima del tour, se non durante lo stesso. Per fortuna non mancano i “piani B” ed in Italia possiamo attingere anche all’ultimo minuto da una ricca offerta di artisti di altissimo livello. Questa dinamica è ovviamente stressante e comporta avere nervi saldi e la disposizione d’animo di rimettersi al lavoro ripartendo da zero ogni qual volta un concerto fosse cancellato.

Jazz club Ferrara
foto di Davide Simeoli

In generale, a parte il tuo personale gusto, ci sono dei criteri secondo i quali scegli gli artisti che suoneranno nel club?
Cerco di dare continuità ai progetti della comunità creativa che affonda le radici nel territorio, per un jazz club è una missione imprescindibile perché abbia ragione di esistere. Parallelamente cerco di incrociare artisti che in Italia hanno poco mercato e che meritano di essere conosciuti dal pubblico. Ciò non significa che non vengano proposti o riproposti nomi noti, anzi è fondamentale tenere in alta considerazione i gusti del nostro pubblico. A parte un ristretto zoccolo duro che fruisce di quasi tutti i concerti, il Torrione ha pubblici con orientamenti di ascolto diversi, quindi vanno alternate proposte che vadano a soddisfarne i rispettivi appetiti.

Ci saranno sempre delle rassegne all’interno della programmazione?
Assolutamente sì. Dettare delle linee di ascolto con “rassegne nella rassegna” va nella direzione di diversificare l’offerta, ma non solo, molte di queste sottosezioni sono prodotte da soggetti terzi, con le loro linee di finanziamento, le loro strategie di comunicazione e di conseguenza il loro pubblico. Così si incrociano pubblici diversi nella speranza che progressivamente vadano a sovrapporsi, alimentando così la programmazione complessiva.

Nel caso di cambiamento di colore della regione Emilia-Romagna in ragione della diffusione della pandemia, hai già in mente delle strategie alternative?
Fino alla zona rossa cambia relativamente poco, ma speriamo di non arrivarci. Non voglio neanche pensarci!

Torrione S. Giovanni

Francesco, a proposito: come è andato il periodo di chiusura forzata? Quali attività avete messo in atto?
Nel primo stop, da marzo a maggio 2020, abbiamo realizzato un piccolo catalogo su Bandcamp con alcuni dei più interessanti e meglio registrati live del 2018-2019. È ancora disponibile a questo link https://jazzclubferrara.bandcamp.com/ e dovremmo ampliarlo nel corso dell’estate con altro materiale raccolto nel 2021-2022. In qualità di partner del Bologna Jazz Festival il Jazz Club ha anche contribuito alla rassegna “Jazz a domicilio” con alcuni concerti in streaming che facemmo in pieno lockdown direttamente dalle case di svariati musicisti. Nel secondo stop invece è nata la collaborazione con il Dipartimento Jazz del Conservatorio di Ferrara e dai primi di novembre 2020, fino alla fine dell’anno accademico 2020-2021 il Torrione è stato la sede delle lezioni in presenza di strumento, musica d’insieme e tecniche d’improvvisazione. Il jazz club non ha mai smesso di respirare jazz anche quando era chiuso al pubblico e questa collaborazione si è estesa anche a questo anno accademico, con una forte ricaduta sull’attività concertistica e sulle jam session della prima parte di stagione, contribuendo al processo di ringiovanimento del pubblico di cui parlavamo prima.

Ritieni che il governo centrale e gli enti territoriali abbiano adeguatamente assistito i live club?
Per quel che ci riguarda non possiamo lamentarci, ma siamo un’associazione senza scopo di lucro, la cui quasi totalità dei soci non percepisce alcunché. Stare in stand-by non ha generato un cortocircuito finanziario eccessivo, avendo spese fisse piuttosto basse che i ristori hanno in un qualche modo compensato. Inoltre, non potendo investire come prima in attività dal vivo (nel 2020 e nel 2021 solo il 50% rispetto al passato) si è ridotto il bilancio, generalmente negativo, tra entrate di biglietteria e uscite della produzione concertistica. Il problema attuale è che possiamo fare concerti in presenza, ma con prospettive di incasso ridotte e costi analoghi al passato. Non a caso tutti gli operatori di settore sono preoccupati soprattutto per questa fase.

E le associazioni di categoria si sono adoperate per trovare delle risoluzioni?
Moltissimo, e spesso hanno anche ottenuto qualche significativo risultato, ma siamo lontanissimi dal raggiungere gli obiettivi per realizzare una necessaria riforma dell’intero settore.

Jazz Club Ferrara
Foto di Davide Simeoli

Quali altre attività stai programmando all’interno del Torrione?
Parallelamente all’attività concertistica, da anni organizziamo delle esposizioni. Le nicchie nell’anello della sala da concerto si prestano particolarmente, tanto da essere definite la piccola ‘art gallery’ del Torrione. Nell’arco di una stagione di Ferrara in Jazz ospitiamo tra le due e le quattro personali e/o collettive di artisti, soprattutto emergenti. Si tratta molto spesso di produzioni originali di pittori, fotografi e illustratori, ispirate dalla musica jazz e dal luogo. Attualmente stiamo esponendo “Espedienti per un brano jazz” del giovane illustratore Maurizio Lacavalla, mentre dall’11 febbraio ospiteremo “Le Muse del Jazz”, una selezione di tavole tratte dall’omonimo volume di Vanni Masala e Marilena Pasini edito da Curci. Ne ha cura perlopiù la mia collega, Eleonora Sole Travagli, che ha dato il via a collaborazioni con BilBOlBul Festival internazionale del fumetto ed Endas Emilia Romagna. Sempre Eleonora sta imbastendo un progetto di visite guidate che si propone di aprire il Torrione San Giovanni al turismo culturale, ma avrà modo di parlarvene sicuramente quando i tempi saranno maturi…

Invece, per quest’estate hai già qualche idea?
L’attività del Jazz Club Ferrara si concentra in genere sulla sola stagione di “Ferrara in Jazz” che va da fine settembre e fine aprile, con una pausa tra natale e fine gennaio. Stiamo parlando di più di ottanta concerti e c’è anche il Conservatorio a cui fornire il necessario supporto. Quasi tutte le nostre risorse economiche, fisiche e mentali le investiamo in questo progetto, tuttavia l’anno scorso, anche per compensare la stagione 2020-2021 quasi completamente cancellata, abbiamo realizzato diversi concerti nel corso dell’estate collaborando con la Scuola di Musica Moderna, il Consorzio Wunderkammer e il Comfort Festival. Non è detto che non si replichi anche quest’anno visto il riscontro positivo che questi eventi hanno avuto. Ci stiamo ragionando…

Ultima domanda: come è nato il Ferrara Jazz Club e come si è evoluto?
Alla faccia dell’ultima domanda! Provo a essere massimamente sintetico. Nasce da un gruppo di appassionati, la classica associazione degli “Amici del jazz” che negli anni Settanta diventa Jazz Club Ferrara strutturandosi per ospitare iniziative concertistiche e rassegne. Tra le figure fondamentali lo storico direttore artistico Alessandro Mistri e il promoter Alberto Alberti, colui che ha segnato tutta un’epoca, per intenderci quella che va dal Festival Internazionale del Jazz di Bologna alla nascita di Umbria Jazz. Per 25 anni l’attività ha prodotto festival e rassegne di alto profilo, in inverno a Ferrara (in particolare al Teatro Comunale) e d’estate a Comacchio, in riviera. Punta di diamante di questa fase l’edizione del 1991, che vide tra gli altri Miles Davis, Dizzy Gillespie, McCoy Tyner e Ornette Coleman. Da quando l’amministrazione ci propose di avere una sede, l’attuale Torrione San Giovanni, l’attività si è progressivamente concentrata prevalentemente all’interno della stessa e la prospettiva è cambiata. Non più grandi eventi sporadici, ma una attività continuativa a stretto contatto con il territorio, che non ha comunque perso la vocazione internazionale, ma che oggi abbraccia anche la formazione, la didattica e la produzione di nuove opere.
Alceste Ayroldi