«For A Brief Moment». Intervista a Fabrizio Cucco

Il giovane bassista e compositore romano pubblica, per la Camilla Records, il suo primo lavoro discografico. Ne parliamo con lui.

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Mi piacerebbe partire dall’inizio, ovvero dal titolo: «For A Brief Moment» ha un significato particolare per te?
For A Brief Moment è il brano da cui tutto è iniziato, quello che mi ha fatto capire che era arrivato il momento di lavorare a qualcosa di mio. Racconta di un breve istante in cui è successo un evento molto personale, in un periodo negativo della mia vita. In senso ampio racconta della fugacità del tempo, di come un pezzo di vita possa essere racchiuso in un breve istante da cui tutto può ripartire ed evolversi.

I brani sono tutti a tua firma, fatta eccezione per Reflections di Thelonious Monk. La prima domanda è relativa alla scelta di Monk e di questo brano in particolare. Quali sono i motivi?
Monk è uno dei compositori che amo di più e Reflections è il brano a cui sono più affezionato. Nel disco ho deciso di registrare solo il tema, arrangiandolo per basso solo, senza appesantirlo con improvvisazioni sull’armonia. Credevo fosse inutile aggiungere altro ad un tema così bello. Il titolo sembra richiamare ad un momento meditativo, di riflessione interiore, e pensavo fosse il brano perfetto per chiudere il mio lavoro.

Un solo standard non è un po’ pochino per un giovane jazzista esordiente? Non rischi di sembrare presuntuoso?
Amo studiare e suonare gli standard e mi piacerebbe in futuro registrare un disco arrangiando brani della tradizione. Ho così tanto rispetto della tradizione jazzistica che ho sempre paura di non interpretare bene il significato di quei temi meravigliosi. Non basta arrangiarli in modo originale o fare virtuosismi sugli accordi, i temi hanno un valore più profondo. La mia scelta non voleva assolutamente essere presuntuosa, al contrario coerente ed onesta nei confronti di me stesso e di chi poi avrebbe ascoltato il disco. In quel periodo sentivo la necessità di comporre, di esprimermi attraverso la mia musica. Sarebbe stata una forzatura andare contro a questo bisogno. Volevo chiudere un capitolo, il disco è stato l’ultima pagina.

Mi piacerebbe che tu descrivessi la genesi di questo disco. Le composizioni sono frutto di un lavoro concentrato per la realizzazione del disco, oppure si tratta di composizioni che hai tenuto nel cassetto?
For A Brief Moment è stato l’inizio di tutto, il brano zero. Dopodiché tutti i brani sono stati scritti nell’arco di tempo di un anno, proprio in vista di questo lavoro. Così ho scritto The Mill, Hourglass, Downhill e alcuni mesi dopo Four Libras. Orion è stato l’ultimo brano che ho composto e, quindi, l’ultimo registrato: il più difficile a livello di esecuzione sul basso per via delle posizioni poco convenzionali sulla tastiera. L’introduzione al brano The Mill l’abbiamo improvvisata in studio io e Pierpaolo, prendendo alcuni accordi caratteristici del brano. Proprio per creare omogeneità, ho scartato tutte le composizioni precedenti a questo periodo.

Tra i brani che formano questo tuo lavoro, ce ne è uno al quale sei maggiormente legato?
Il brano a cui sono più legato è Orion, scritto per basso solo, ma poi registrato in duo con Maurizio Giammarco, a cui ho chiesto di improvvisare su quegli arpeggi in ⅞ su cui si basa tutta la composizione. Non ho voluto scrivere un tema, ero convinto che Maurizio avrebbe fatto cose bellissime e così è stato. Sono affezionato a questo brano perché non era previsto, è nato per caso e alla fine ha preso il posto di un altro nel disco. Tutto è partito da un semplice arpeggio di sesta, suonato per caso sul basso. Da lì sono uscite di getto tutte le altre idee: per realizzarle sullo strumento ho dovuto studiare un bel po’…

Hai messo su uno squadrone: Maurizio Giammarco, Pierpaolo Principato, Roberto Gatto. Come è nato questo dream team?
Per primo chiesi a Giammarco, che mi diede subito un responso positivo. Ho una stima immensa e reale per lui. Diversi anni fa mi chiamò per suonare in un concerto con Battista Lena e Marcello Di Leonardo, fu un momento incredibile per me, suonare con musicisti che credevo inarrivabili! Successivamente chiamai Gatto, un altro gigante del jazz, la cui risposta positiva mi lasciò una sensazione che credo non dimenticherò. Per ultimo chiamai Principato, mio maestro per diversi anni e pianista incredibile, a cui devo il mio amore per l’armonia e l’improvvisazione. Dall’anno scorso suoniamo insieme anche nel quartetto del chitarrista Francesco Bruno, condividendo concerti in Italia e all’estero.

Da sinistra a destra: Fabrizio Cucco, Pierpaolo Principato, Roberto Gatto, Maurizio Giammarco

La Camilla Records ti ha tenuto a battesimo. Qual è stato il valore aggiunto di questa label?
La Camilla Records è l’etichetta di Stefano Mastruzzi, il direttore del Saint Louis College of Music, la scuola dove ho studiato e dove adesso lavoro come docente. Devo tanto a quella scuola: è lì che ho conosciuto davvero la musica, la maggior parte delle persone importanti della mia vita e tanti musicisti con cui adesso collaboro. Il fatto di avere anche un’etichetta che pubblica dischi di qualità, e non solo di jazz, è un altro degli obiettivi di Stefano da anni e sono contento di far parte del suo catalogo.

Quando hai cominciato a interessarti al jazz?
Relativamente tardi, a circa vent’anni. Alcuni miei compagni di corso mi hanno avvicinato a questo mondo e sono stato colpito come da un fulmine. Ho iniziato così ad ascoltare Charlie Parker, e da lì non mi sono più allontanato da questa musica, ascoltando tonnellate di dischi. Tra i miei preferiti di sempre: John Coltrane, Keith Jarrett, Bill Evans, Wayne Shorter, Kenny Wheeler, Michael Brecker, Brad Mehldau e Pat Metheny.

Cosa è per te il tuo strumento?
Il basso elettrico è lo strumento che ho studiato di più. Ho iniziato a suonarlo a quindici anni per pura curiosità e già dai primi giorni ho capito che non mi sarei più allontanato da esso. Amo suonarlo, ma più in alto c’è la musica in senso esteso, alla quale mi approccio con l’umiltà di uno che non ne sa nulla. La musica è troppo vasta e alta per avere la presunzione di sentirsi arrivati solo perché si suona bene uno strumento. Basta ascoltare una sinfonia di Brahms o di Stravinsky per rendersi conto che l’unica cosa che ci deve spingere a fare musica è l’amore per essa.

A tuo avviso, l’emergenza Covid-19 lascerà un segno nel mondo dello spettacolo?
A mio avviso questo periodo lascerà il segno su molti aspetti della vita. Dalla politica, al lavoro, ai rapporti umani e ovviamente anche al mondo dello spettacolo. Magari non saranno tutti cambiamenti negativi, l’uomo cerca sempre di adattarsi alle situazioni per sopravvivere, da qui la necessità di utilizzare i social per fare collaborazioni durante il periodo di quarantena o i concerti in streaming. Spero che questo periodo non lasci un segno economico troppo disastroso sulle persone e sulla vita di locali, teatri e sale concerto, in modo da tornare a godere a pieno di queste esperienze bellissime di condivisione “reale” e non social.

Cosa ne pensi dei concerti in streaming (a pagamento)?
Credo sia un modo lecito per far sopravvivere la musica e dar modo alle persone di assistere a concerti live anche se non possono essere presenti fisicamente. Sicuramente non è la stessa cosa che trovarsi in una sala concerto o in un club, sentire il calore diretto delle persone e dei musicisti, percepire a pieno l’interazione tra di loro e lo sforzo fisico e mentale nel mettere sullo strumento ciò che hanno in testa.

Il tuo artista (non musicista) preferito…
Adoro i quadri di Monet. Ho come la sensazione che nei suoi dipinti sia riuscito a racchiudere un momento, senza fissarlo staticamente, ma facendolo esistere in eterno, in continuo movimento.

Il tuo scrittore preferito e l’ultimo libro che hai letto.
Luigi Pirandello. L’ultimo libro che ho letto Era di maggio, di Antonio Manzini.

A chi si approccia al basso elettrico, quale consiglio dai immediatamente?
Come tutte le prime volte, approcciare a un nuovo strumento richiede pazienza, dedizione e disciplina nello studio. Cercate di essere quanto più costanti possibile. Studiate il basso, ma non scordatevi della musica in senso più ampio. Non focalizzatevi solo sull’aspetto pratico, sull’esecuzione e la tecnica, ma approfondite l’armonia e allenate l’orecchio. Appassionatevi, siate curiosi!

Cosa è scritto nell’agenda di Fabrizio Cucco?
Ho alcuni concerti all’estero e in Italia. Sto scrivendo un libro, ma l’argomento per ora lo lascio ignoto! Inoltre sto scrivendo altra musica, composizioni per quartetto jazz ma anche alcuni brani cantati, scritti a quattro mani insieme alla mia compagna. A proposito, in cima alla lista nella mia agenda c’è la parola matrimonio!
Alceste Ayroldi