«Inquadratura di composizioni». Intervista a Emanuele Sartoris e Roberto Cifarelli

Un inedito duo quello formato dal pianista e compositore piemontese e dal noto fotografo milanese. Di seguito un estratto della lunga conversazione che sarà prossimamente pubblicata sulla rivista Musica Jazz.

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Parliamo subito di «Inquadratura di composizioni», un disco in duo. In primis, come è nata l’idea del disco e come si è concretizzato il vostro connubio?
Sartoris: Direi che si è trattato di un incontro fortunato, una sorta di epifania, soprattutto per me. Conosco la fama di Roberto come fotografo da quando ho circa 16 anni, sono sempre stato molto colpito dal suo modo di ritrarre i musicisti di jazz soprattutto italiani. Ricordo che all’epoca, come oggi, leggevo musica Jazz e vedevo i suoi scatti immortalare i miei eroi da Fresu a Bollani sempre con personalità ed immaginazione. Com’è noto Roberto è il fotografo storico del Blue Note di Milano ed un giorno uscendo da una lunga giornata di registrazione per la trasmissione TV Nessun Dorma di Rai5, l’amico e conduttore TV Massimo Bernardini, ha pensato di invitare me ed un’autrice a rilassarci bevendo qualcosa ed ascoltando un concerto proprio lì al Blue Note. Appena arrivati al tavolo ho visto Roberto, armato di macchina fotografica, venire incontro a Massimo e salutarlo calorosamente. A quel punto non ho resistito e ho chiesto a Massimo di presentarci e questo è stato il principio del nostro connubio. Roberto é sempre una persona gentile ed espansiva, mi ha immediatamente invitato a partecipare ad uno degli eventi che si tenevano nel suo Atelier Atmysphere. In questo luogo straordinario sono rimasto letteralmente folgorato nello scoprire che l’opera di Roberto trascendeva i reportage dei concerti ed i ritratti ai più celebri musicisti di jazz, qui ho scoperto che Roberto è a tutto tondo un creatore di opere d’arte contemporanea. Vedere i suoi autoritratti realizzati con oggetti comuni e quotidiani, fotografie senza post produzione che appaiono veri e propri dipinti , la mostra di alcuni suoi scatti da calpestare ed osservare con il naso all’ingiù… insomma ho trovato qualcosa che ben si legava a ciò che cercavo da tempo: un motivo per far sì che la musica, questione che occupa la mia vita da sempre, superasse se stessa muovendosi oltre, coinvolgendo altre arti, portando il sentire dell’ascoltatore a qualcosa di nuovo che potesse somigliare ad un’opera totale. Dall’idea, che sempre di più si materializzava nel mio immaginario, non é stato difficile coinvolgere Roberto nella realizzazione delle mie fantasie che , seppur si sia mossa con calma e tempi non rapidi ( Roberto conduce una vita di spostamenti continui al fulmicotone),alla fine si é concretizzata assecondando i desideri e le aspettative di entrambi.
Cifarelli: Avevo già collaborato con altri pianisti e gruppi in cui intervenivo con video proiezioni, ma questo progetto mi ha particolarmente stimolato perché ho capito che Emanuele era rimasto affascinato dalle mie foto al di fuori del mondo della musica, che sono fondamentalmente quelle per cui sono più conosciuto. Questi progetti di natura differente erano nati principalmente per le mostre fatte durante Fotografia europea a Reggio Emilia dove ho esposto per dieci anni materiale dedicato alla ricerca fotografica. Tra questi esperimenti, come ha citato Emanuele, c’erano fotografie calpestabili o deformate attraverso gli specchi, ritagli di foto o immagini in tre dimensioni che poi ho portato in giro principalmente nei circoli fotografici.

Dieci brani in tutto, di cui due improvvisazioni. Come avete agito in fase improvvisativa?
Cifarelli: Amo l’improvvisazione e amo la musica nordica per cui in studio di registrazione, dopo aver inciso tutti i temi concordati ho detto ad Emanuele che avevo portato altri due progetti su cui mi sarebbe piaciuto lavorare. Avevamo già deciso di avere dei brani liberi da tutto e completamente improvvisati ma per Emanuele il soggetto degli scatti è stato una sorpresa su cui suonare fino all’ultimo. Data l’essenzialità delle immagini proposte ho chiesto ad Emanuele di improvvisare liberamente guardandole in sequenza al momento.  Nella seconda improvvisazione avevo un’idea sonora così chiara da rendermi più esigente chiedendo ad Emanuele di suonare addirittura con una mano sola ed il più rarefatto possibile. Devo essere sincero, Emanuele ha rappresentato perfettamente lo stato d’animo che avevo provato quando avevo scattato le foto e questo mi ha fatto capire che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda consolidando proprio in studio la nostra collaborazione.
Sartoris: Da sempre l’improvvisazione resta per me l’atto più sincero ed onesto a cui posso sottopormi trovando la libertà necessaria per potermi esprimere. É stato necessario avere momenti di totale libertà, e che lo fosse per entrambi. Quando ci siamo trovati nello splendido studio in  Cavalicchio, Artesuono del grande Stefano Amerio, io non avevo assolutamente idea di cosa Roberto mi avrebbe sottoposto, infatti nei giorni precedenti alla registrazione ci ha tenuto a precisare che assolutamente voleva fosse per me una sorpresa da scoprire sul momento quali fossero gli scatti che aveva selezionato. Attraverso un PC posto su un lato del leggio del pianoforte ho iniziato ad improvvisare liberamente a seconda delle impressioni che provavo vedendo lo scorrere delle immagini di cui Roberto aveva selezionato soggetti, tempistica e sequenza. Ci doveva essere l’impressione dello stupore del momento, la freschezza della novità. E ci sembra di essere riusciti a coglierla.

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Questo progetto avrà un seguito anche nei live?
Sartoris: assolutamente sì, questo progetto è realizzato proprio perché sia ogni volta differente durante i live. É un «quattro mani» sotto ogni aspetto e l’improvvisazione ci coinvolge entrambi. Roberto nei live gestisce la proiezione degli scatti, le parole, le luci e gli effetti acustici in tempo reale realizzando anche scatti nuovi in sala che spesso vengono lasciati scorrere alla fine del concerto o che, con regie estemporanee, vengono elaborati e proiettati sovrapponendosi. É un’opera multimediale cangiante in cui un concerto non può somigliare ad un altro se non per i temi trattati, ma ogni tema, al di là delle improvvisazioni, viene raccontato sempre con spunti legati al momento e al nostro vissuto.
Cifarelli: Certo, per i live abbiamo già diverse date ed abbiamo anche avuto una prima. La verità è che siamo realmente curiosi di vedere di volta in volta come il nostro operato si modifichi  dal vivo. Come sa bene Emanuele a me piace lavorare su delle basi consolidate lasciando sempre una parte di improvvisazione ad entrambi. Spero vivamente che il progetto possa essere sempre in continua evoluzione senza mai arrestarsi.

Quali sono i vostri prossimi obiettivi e i prossimi impegni?
Cifarelli: Per adesso vorrei approfondire e portare avanti questo progetto modificandolo e facendolo evolvere insieme ad Emanuele fino a quando ci divertirà farlo. In parallelo ad «Inquadratura di Composizioni» porto avanti mostre ricerche e tanti altri lavori. In questo momento storico sono affascinato anche dall’intelligenza artificiale e in piccoli progetti la sto utilizzando come per esempio nel brano  Il tempo, insomma sfrutto l’IA in parallelo ad immagini reali ed é qualcosa che mi diverte molto. In 25 anni che fotografo professionalmente ho lavorato su almeno 35 progetti diversi tra cui la serie Black Square, the streeth of jazz, the wave of sound… voglio continuare in questa direzione con nuovi stimoli, odio la routine, sono un curioso e mi piace portare avanti più idee contemporaneamente. Il giorno in cui smetterò di fare ricerca spero di aver la forza di smettere anche di fotografare. Come ho sempre detto alla fine amo ascoltare la musica e amo le foto degli altri per cui ho ancora tanto da ascoltare e vedere.
Sartoris: Sicuramente ora è prioritario dedicarci alla presentazione di questo lavoro, siamo già coinvolti nella programmazione del Torino Jazz Festival e abbiamo in programma diversi altri festival in cui presentare il nostro lavoro. Inquadratura di Composizioni é un lavoro cangiante che si modifica straordinariamente ad ogni concerto inglobando nuovi scatti spesso realizzati al momento e cambiando il suo suono a seconda del pubblico e delle nostre emozioni. Questo ci entusiasma e ci porta ad essere ogni volta in qualcosa di differente. Invece le prossime registrazioni mi vedranno portare a compimento alcune delle collaborazioni che più ho amato in questo periodo, per esempio il duo con il quadrimensionale cornista Martin Mayes con cui prosegue un proficuo sodalizio artistico e con cui é in progetto la realizzazione di un lavoro discografico che non solo mi sta a cuore per l’amicizia e stima che mi legano a Martin ma per l’evoluzione che il mio suono ed il mio modo di intendere la musica hanno avuto grazie al lavoro con lui e alla sua incredibile esperienza. Altrettanto importante è per me la collaborazione con il sitarista Leo Ventunni, un incontro fortunato in cui non solo ho scoperto una persona splendida, ma un’artista fuori dal comune per preparazione e sonorità, non vediamo l’ora di cristallizzare, anche in questo caso, il nostro lavoro in studio. Non meno importante è il lavoro che mi vede a quattro mani al pianoforte con la mia compagna di vita, la pianista Federica Bertot. Lo scorso anno io e Federica abbiamo tenuto molti concerti in duo legati alla musica di Johann Sebastian Bach e alle modalità improvvisative che abbiamo riscontrato nei suoi preludi. Si tratta di un lavoro di ricerca e di crescita sulle musiche di Bach a me molto affine, anche visti i miei trascorsi discografici, e che per noi risulta davvero imprescindibile accompagnandomi nella continua evoluzione di cui necessita il mio suono.
Alceste Ayroldi
Foto di Roberto Cifarelli

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