Fauves, la rassegna. Intervista a Daniele Pitteri

Dal 28 al 30 ottobre l’Auditorium Parco della Musica di Roma ospiterà l’interessante rassegna di «derive sonore» organizzata e promossa dalla Fondazione Musica per Roma e da RAI Radio 3. Ne parliamo con l’amministratore delegato della Fondazione Musica per Roma.

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Daniele Pitteri

Buongiorno dott. Pitteri, felice di ritrovarla. Le attività della Fondazione Musica per Roma sono sempre in fermento. Con anche delle belle novità come la rassegna Fauves che si terrà dal 28 al 30 ottobre. Come è nata l’idea di questa rassegna?
Buongiorno. È un piacere anche per me ritrovarla. All’origine di Fauves ci sono innanzitutto la voglia e la volontà di riprendere una collaborazione musicale fra Musica per Roma e Rai Radio 3. Una relazione da sviluppare soprattutto nella direzione dell’esplorazione delle nuove sonorità contemporanee, oltre i generi e oltre le etichette. Da lì, ragionando prima con il direttore dei Radio 3 Andrea Montanari e poi con Pino Saulo e con il nostro Roberto Catucci, è nata l’idea di dare a questa collaborazione, sia live che on air, la forma di un piccolo festival, ma anche in questo caso andando oltre i format tradizionali.

Vista la pluralità di concerti che si terranno ogni giorno, come saranno articolati gli spazi?
L’Auditorium, ovviamente; la parte di Auditorium dedicata a Fauves, si trasformerà in una sorta di “garage-club”. Dalle 20 a mezzanotte, per tre sere si potrà accedere a Fauves in qualunque momento, per ascoltare le sonorità live, per lasciarsi trascinare dai ritmi dei dj set, per chiacchierare con gli amici consumando qualcosa al bar. Sin dall’ingresso ci saranno delle sorprese e delle ambientazioni di luci e suoni che ci introdurranno poi nello spazio dove, in piedi, seduti o distesi, si potrà seguire lo svolgimento delle serate con rapidissimi cambi palco, quindi 4 ore di musica continua.

L’obiettivo sembra quello di far conoscere delle musiche che siano al di fuori del mainstream. Mi sbaglio?
Esplorare nuove sonorità e farle conoscere. Portarle a Roma e, soprattutto, portarle in un luogo “istituzionale”, ma non per istituzionalizzarle, semmai per rendere più aperto e più fruibile a pubblici giovani e diversificati un luogo come l’Auditorium. In questo Musica per Roma prosegue un percorso iniziato quest’estate, teso ad ampliare il proprio pubblico, rivolgendosi non solo a fasce d’età nuove, ma anche a nicchie di pubblici particolari. Lo abbiamo fatto con l’elettronica e il new-rock in cavea durante il Roma Summer Fest e con la mini rassegna “New Waves” alla Casa del Jazz.

Quali sono i criteri che hanno portato alla scelta degli artisti che saranno presenti alla rassegna?
Il criterio centrale è il tratto musicale forte che ognuno degli artisti e dei gruppi in programma ha. Una “pennellata” sonora densa e forte, decisa, dai cromatismi accesi. Da lì è nato anche il titolo del festival, ispirato appunto al fauvismo di Matisse e Derain. E qui la conoscenza della scena contemporanea, soprattutto di quella londinese, di Pino Saulo è stata fondamentale, perché ha costituito una guida per tutti noi. Ci sono alcuni tratti comuni a tutti gli artisti, ad esempio il rapporto con l’elettronica, ma le sonorità sono diversissime, esplorano universi sonori in alcuni casi addirittura opposti.

I dj set dovrebbero servire per favorire l’afflusso di un pubblico più giovane.
I dj set sono in linea assoluta con le altre scelte musicali, vanno nella stessa direzione. Non sono un espediente per attrarre pubblico giovanile, sono invece una necessità legata al format che abbiamo scelto, ossia l’idea del garage-club con un flusso di sonorità continue, ma di sonorità nuove e da esplorare. Quindi i djset prima e dopo i live, ma anche fra un live e l’altro, sono un’occasione per continuare a sperimentare e diffondere sonorità emergenti e atipiche del panorama contemporaneo.

Heliocentrics. Saranno ospiti della rassegna

Quale politica di prezzo è stata applicata?
Proponiamo al pubblico 3 formule: serata singola, abbonamento a due serate, abbonamento a 3 serate, con prezzi che variano da 20 a 45 euro, quindi complessivamente molto accessibili, sia tenendo conto della durata delle serate, che della varietà del programma proposto, che del format da “garage-club”. È un esperimento e come tale, anche se ben pensato, sicuramente potrà essere migliorato in futuro. Ma siamo animati da uno spirito positivo e pensiamo che la risposta del pubblico sarà molto soddisfacente.

Binker & Moses
Saranno ospiti della rassegna

Dott. Pitteri, passando a un altro argomento, se possibile, vorrebbe parlarci del Centro di Produzione Musicale? Quali progetti avete in corso?
Essere riconosciuti come Centro di produzione musica valorizza e incentiva una delle attività principali che la Fondazione Musica per Roma ha svolto in questi anni, ovvero produrre, promuovere e far circuitare tutta quella musica, spesso di ricerca, che non sempre ha la capacità di vivere sul mercato in maniera autonoma. Il sostegno del Ministero diventa fondamentale per permetterci di investire maggiormente in tal senso e poter operare in un nuovo contesto più capace di accogliere le nostre proposte. Il Centro di Produzione di Musica per Roma, promuove e valorizza i linguaggi contemporanei, sostiene i talenti emergenti, stimola e sviluppa il dialogo tra linguaggi differenti e tra le diverse arti. Non a caso, ne cito alcuni a titolo di esempio, tra i progetti che abbiamo sviluppato quest’anno ci sono: Sketches Of The Nineteenth Century (Franco D’Andrea che dialoga con un’orchestra di solisti di jazz accompagnati dalla nostra PMCE – Parco della Musica Contemporanea Orchestra diretti da Tonino Battista); Legacy (Javier Girotto si confronta con giovani talenti come Giacomo Tantillo, Michele Fortunato, Jacopo Ferrazza ed Enrico Morello); Antonello Salis ed Enrico Pieranunzi per la prima volta assieme in duo; la stagione della PMCE che incrocia anche il festival di danza contemporanea Equilibrio, sempre prodotto da noi. L’attività del centro è documentata da Parco della Musica Records, l’etichetta discografica della nostra Fondazione.

Quali altri progetti intendete realizzare?
Sono tantissimi. Solo per ricordare quelli del 2022: a novembre il nuovo progetto di Rosario Giuliani che, affiancato da un quartetto di sassofoni, opera una sintesi fra linguaggi lontani, rileggendo Guido d’Arezzo, Monteverdi, Rossini e altri; la residenza artistica Chantiers Sonores nella quale Michele Rabbia e Daniele Roccato insieme a dieci giovani musicisti, tra cui la bravissima Anais Drago, elaboreranno un vocabolario di nuovi gesti musicali e modalità di improvvisare musica insieme;  la ONJGT – Orchestra Nazionale Giovani Talenti, vincitrice del Bando Jazz del MIC, diretta da Paolo Damiani e composta dai giovani talenti premiati negli ultimi anni dalla Musica Jazz, sarà in tour in Italia e all’estero calcando i palchi, fra gli altri,  di Umbria Jazz Winter e della Bimhius di Amsterdam. Dal 6 all’11 dicembre, insieme a tutti i Centri di Produzione Musica che si occupano di jazz, realizzeremo presso la Casa del jazz e l’Auditorium una vetrina dedicata a quanto di meglio prodotto dai nostri centri in questo primo anno con concerti e incontri, mentre entro fine anno saremo a Beer Sheva in Israele per una tre giorni interamente dedicata alle nostre produzioni.

I Centri di Produzione Musicale sono stati una grande vittoria oppure solo una prima battaglia vinta?
Possiamo dire che i Centri di Produzione Musica sono stati sì una grande vittoria, anche se solo la prima di tante battaglie da vincere ancora. C’è tanto da fare, come, ad esempio, impegnare maggiori risorse o ampliare l’ambito dei finanziamenti dall’educazione alla formazione, alla ricerca; o, ancora, favorire la costituzione di orchestre regionali e nazionali. Ma siamo sulla buona strada, perché sicuramente si aprono prospettive nuove e stimolanti per il futuro.

Fauves e Centro di Produzione a parte, quali sono i prossimi impegni e obiettivi della Fondazione Musica per Roma?
Il 2022 è stato un anno di grande rilancio di tutte le attività, dopo il difficile biennio del covid. Il record di spettatori registrato per la rassegna estiva è un segnale importantissimo da cui partire, ma anche una grande responsabilità, perché appunto abbiamo ampliato i nostri pubblici e quelli che abbiamo appena conquistato non possiamo deluderli. Tuttavia il 2023 sarà ancora un anno difficile, perché dominato dall’incertezza determinata dalla crisi energetica e dal vertiginoso aumento dei costi, che per un’organizzazione come la nostra ha degli impatti molto significativi, che si riverberano anche sulle scelte artistiche e di programmazione. La parte maggiore dei nostri ricavi proviene dal mercato, quindi dalla nostra capacità di autofinanziamento. Ma l’Auditorium è il più grande luogo di spettacolo d’Europa e la domanda che si pone e a cui stiamo tentando di rispondere è: con questi costi, riusciremo a farlo funzionare ancora 365 giorni all’anno? Riusciremo a garantire una programmazione vasta e articolata che soddisfa anche nicchie di pubblico molto piccole e che valorizzi sonorità nuove o dovremo orientarci solo seguendo criteri di economicità e redditività? Quali altre fonti di ricavo dovremo attivare o ricercare per continuare a produrre idee e progetti nuovi? Come potremo coniugare efficientamento energetico, transizione ecologica e politiche culturali? Sono domande fondamentali, la cui risposta implicita e obbligata – reinventarsi – costituisce la grande sfida per il futuro e quindi, inevitabilmente, il principale grande obiettivo per le istituzioni culturali come la nostra e più in generale per le industrie culturali.
Alceste Ayroldi