«Lucio dove vai?». Intervista a Costanza Alegiani

Il nuovo album della cantante romana con il trio Folkways è dedicato a Lucio Dalla ed è nato all’interno del programma radiofonico di RAI Radio 3 condotto da Valerio Corzani. Ne parliamo con lei.

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Auditorium Parco della Musica 05 01 2023, COSTANZA ALEGIANI per PDM Records. ©Fondazione Musica Per Roma /foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini ******************* NB la presente foto puo' essere utilizzata esclusivamente per l'avvenimento in oggetto o per pubblicazioni riguardanti la Fondazione Musica per Roma *******************

Buongiorno Costanza e benvenuta a Musica Jazz. Perché hai voluto dedicare un album a Lucio Dalla? Cosa ti lega al cantautore bolognese?
Nella vita le cose accadono, oppure no. A volte siamo noi gli artefici, a volte accadono e basta e si agisce, o reagisce, di conseguenza, ognuno secondo la propria natura o la propria condizione in quel momento. Ecco, dopo l’esperienza a Rai Radio3, dove ho realizzato un concerto tutto dedicato a Dalla, ho deciso di proporre questo nuovo repertorio anche nei miei concerti live, ed è stato bello, molto. Così ho pensato, anche insieme a Marcello Allulli e Riccardo Gola (il nostro trio Folkways) di voler fotografare questo anno musicale vissuto con la voce e la musica di Lucio Dalla, registrando “Lucio dove vai?”.

Se non ci fosse stato il programma radiofonico di Valerio Corzani ti sarebbe venuto in mente un disco su Lucio Dalla?
Sicuramente no, ma la fortunata intuizione di Valerio (quella di proporci un concerto radiofonico per Radio3 dedicato a Dalla) ha cambiato le sorti del mio 2022 (e 2023!) e grazie a questa prima commissione, ho scoperto un mondo musicale e poetico straordinario e il nostro Trio è cresciuto moltissimo grazie a questa esperienza inaspettata.

Hai attinto dal repertorio meno conosciuto di Lucio Dalla, soprattutto quello degli anni Sessanta-Settanta. C’è un motivo in particolare che ti ha condotto verso questa scelta?
Radio3 e Corzani ci proposero di scegliere una rosa di brani tratti dal repertorio degli anni Sessanta e Settanta, in particolare dal trittico discografico che Dalla realizzò con il poeta Roberto Roversi. Il motivo credo sia stato quello di far conoscere e far riscoprire un Dalla meno conosciuto al grande pubblico radiofonico, coinvolgendo musicisti con un linguaggio musicale diverso ma che potessero restituire l’anima e i contenuti di quelle canzoni e di quella grande stagione musicale di Lucio.

Alla fine dei conti, mi sembra che si possa parlare di un concept album. Qual è il messaggio di questo disco e che Costanza Alegiani intende far arrivare al mondo?Ho scelto otto canzoni diversissime tra di loro (poiché appartengono a album con linguaggi e estetiche diversi, da Storie di casa mia fino a Anidride Solforosa e Automobili) e nel disco Lucio due vai? ho mantenuto le stesse otto iniziali che avevo selezionato mesi prima per il concerto radiofonico. Queste canzoni si erano ormai depositate nella mia voce, conoscevo il suono delle parole e le storie che questi versi raccontavano, e non ho voluto aggiungere altro. Era importante approfondire e scavare in questi otto mondi così profondi. Non credo sia un concept album nel senso classico del termine, ma ci sono diversi leitmotiv che accompagnano l’ascoltatore; in primis il suono del nostro Trio Folkways, che immerge chi l’ascolta in una dimensione sonora e narrativa peculiare che caratterizza questo gruppo (e ringrazio lo straordinario Massimo Aluzzi che ha contribuito in modo fondamentale al suono e al mix di questo disco). Ogni brano poi ha una componente narrativa e drammatica fuori dal comune, con personaggi immaginari, visionari, poetici (come ne La canzone di Orlando, Anna Bellanna, o Il coyote) e reali (come la ragazzina Carmen Colon o la città moderna, protagonista di Anidride Solforosa e gli adolescenti di Due ragazzi ) a cui Dalla ha dato un’anima, un pensiero, un sentimento (grazie all’incontro felice con i testi di Bardotti, Baldazzi e Pallottino e poi del poeta Roversi).  E così  ho scelto i miei personaggi e le mie otto storie, tra mille tesori che ho ascoltato in questa prima discografia di Lucio. Come ho scritto nelle mie note personali, contenute nel libretto: «Ognuna di queste canzoni conserva un’anima irriducibile, senza compromessi, anarchica; e ognuna restituisce una storia dove le parole hanno il potere della poesia, che le tramuta in sogno, in bambino, in animali, in desideri, in uomo e donna, in mare. Il mare profondo che Lucio Dalla amava moltissimo, a cui ha dedicato alcune fra le sue note più ispirate.».

Costanza, prendo in prestito un verso di Dalla proprio dal brano Lucio dove vai?: cosa salvi dei momenti colorati che tu chiami vita?
Tra i miei amici sono famosa perché ho una memoria da elefante;  nel ricordo, un luogo del cuore e del pensiero a cui tornare, salviamo dei momenti della nostra vita e altri li lasciamo andare, per dolore o per codardia o per poca importanza. Io ne ho salvati molti; tanti momenti dell’adolescenza, e poi i ricordi di pensieri e riflessioni che facevo, di sentimenti che ho provato; e poi alcuni viaggi, le giornate di studio; i momenti in cui per un attimo, mentre stai cantando, trascendi te stesso, e sei rapito in estasi. I momenti vissuti con i miei amici. A volte solo frammenti, lembi di memoria, a volte sono realtà vive e presenti, lì dove il tempo passato e il presente coincidono in un unico spazio.

 

Auditorium Parco della Musica 05 01 2023, COSTANZA ALEGIANI per PDM Records. ©Fondazione Musica Per Roma /foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini
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Come avete agito in fase di arrangiamento?

Abbiamo volutamente messo da parte gli arrangiamenti originali e l’orchestrazione, e abbiamo studiato le canzoni a partire dallo scheletro: melodia, armonia, testo. In questo modo abbiamo cercato di mantenere l’anima e la natura originale del brano, con i suoi contenuti poetici e narrativi, ma lavorando con un altro linguaggio musicale, quello del nostro Trio Folkways, che è caratterizzato da una sonorità particolare, data da tre strumenti melodici (voce, contrabbasso e sassofono tenore). Ognuno di noi assume diversi ruoli all’interno dello svolgimento del brano, e procediamo bilanciando i diversi elementi che compongono la musica e il nostro interplay. Inoltre lavoriamo da anni sulla forma canzone e quindi ci siamo ritrovati a lavorare su canzoni meravigliose che ci hanno dato moltissimi spunti e stimoli creativi.

Ci parleresti di questo tuo trio che, dal punto di vista dell’assetto, è piuttosto anomalo? Come è nata l’idea?
Ricordo che nel 2016 ci siamo incontrati per fare un concerto insieme, e per l’occasione avevamo scelto delle folk songs americane che ci piacevano e che abbiamo condiviso. Poi nel tempo abbiamo studiato e provato diverso materiale di musica folk americana, principalmente legato alla musica degli Appalachi e alla letteratura e alle storie che venivano tramandate dai grandi cantori, tra cui Jacob Niles, che sono stati numi tutelari anche dei grandi folk singers americani degli anni Sessanta, come Bob Dylan. Il linguaggio che abbiamo messo in campo si discosta totalmente da un lavoro filologico, cerchiamo di andare all’essenza di un brano e della sua storia, e per me è fondamentale interpretare il testo e cosa sta raccontando per trovare poi una forma musicale personale e originale che restituisca quel mondo. Da questa prima operazione poi sono nati molti brani originali  che ho scritto e che fanno parte dell’album «Folkways».  Sicuramente è un trio insolito perché non ci sono strumenti armonici, quindi ognuno assolve più ruoli all’interno della costruzione del brano, e nel tempo il suono del trio si è anche contraddistinto per l’utilizzo di live electronics, effetti applicati sugli strumenti, che utilizziamo per arricchire e ampliare non solo il nostro suono e timbro ma anche per realizzare arrangiamenti e forme musicali con dinamiche diverse, sia nei brani che arrangiamo sia nei brani originali.

In «Lucio, dove vai?» oltre a Marcello Alluli e Riccardo Gola troviamo anche due ospiti: Antonello Salis e Francesco Diodati. Perché hai scelto proprio loro due?
Collaboro con Francesco da molti anni, a partire dal progetto Grace in Town che ho realizzato con Fabrizio Sferra. Poi nel disco Folkways la partecipazione di Francesco come ospite è stata determinante, perché sentivo il bisogno, in alcuni brani, del suo suono e del suo modo di pensare e interpretare la musica, regalandoci momenti di grande musica e condivisione. Quando è arrivata la proposta di Radio3, abbiamo pensato che Francesco fosse ancora una volta un collaboratore e un musicista con cui condividere parte di questo repertorio;  nel disco l’ho chiamato a suonare e condividere con noi Il coyote e Carmen Colon, e abbiamo realizzato insieme gli arrangiamenti di questi brani, e condiviso il pensiero musicale e la direzione sonora da intraprendere, passando dalle atmosfere oniriche e visionarie de Il Coyote, a un mondo intriso di blues, lacerante e vibrante, come la storia di Carmen Colon. Pensando a La casa in riva al mare e a Dalla, è venuto spontaneo pensare ad Antonello, alla sua innata musicalità e libertà d’animo, al suono della fisarmonica, struggente e malinconico, ma anche leggero e sognante; un suono che incarna le parole “una speranza, una follia”, contenute nel testo di questa canzone. E poi provando altri brani con Antonello è nata un’alchimia speciale con Due ragazzi, racconto in forma di suite dedicato a due adolescenti, con il loro sogno d’amore in un’auto in demolizione. Durante la seduta di registrazione ci siamo commossi, tale era la partecipazione e l’estasi musicale di quel momento condiviso. Antonello è stato generoso, allegro, gentile e quando riascolto queste canzoni sento ancora l’energia di quei momenti.

Costanza Alegiani con Marcello Allulli e Riccardo Gola per PDM Records. ©Fondazione Musica Per Roma /foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini
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Questo disco prosegue la tua ricerca iniziata con «Folkways»?
Sì, assolutamente. Nonostante si possa pensare a una virata, questo progetto ci ha fatto crescere come Trio, sia in studio che nei live; ci siamo messi in discussione lavorando su un materiale totalmente diverso, ma abbiamo lavorato utilizzando il nostro suono e le nostre “formule” che ormai ci contraddistinguono e che definiscono la nostra identità musicale, indipendentemente dal repertorio che stiamo suonando. Abbiamo anche ampliato la nostra strumentazione, con l’inserimento di due synth. Ripensando alla parola Folkways, stiamo tenendo fede alla pluralità delle vie e dei modi (ways) che la nostra musica può intraprendere.

Questo progetto ha già debuttato dal vivo? Qual è stata la risposta del pubblico?Dopo il primo concerto in Radio (1 Marzo 2022), che ha riscosso molta attenzione e curiosità, abbiamo fatto il nostro primo concerto in Trio presentando “Lucio dove vai?” a Firenze, nel bellissimo Festival Genius Loci a Santa Croce; e poi, in anteprima al Museo della Musica di Bologna, abbiamo presentato un nuovo format live, un concerto con la collaborazione di Valerio Corzani, voce narrante e storyteller, in uno spettacolo che alterna musica e parole, racconto e canzoni. Arrivati al 2023, abbiamo presentato il disco a La casa del Jazz di Roma proprio il 4 Marzo 2023, con una sala strapiena. Cantare in italiano porta il pubblico italiano necessariamente a una condivisione diversa e ho riscontrato una grande partecipazione, un’energia palpabile e molte emozioni condivise, sul palco tra di noi e tra il pubblico. E poi siamo molto felici di aver presentato ufficialmente il nostro concerto con Valerio Corzani, e il nostro disco, al Torino Jazz Festival, il 25 Aprile, un concerto sentito e ricco di nuove energie e incontri, in una città nuova dove non avevamo mai suonato con Folkways. E quest’estate si prospetta molto musicale, con tanti concerti all’orizzonte.

Costanza, jazz, folk, cantautorato, rock, classica contemporanea. Qual è la tua via maestra dal punto di vista musicale?
Fino ad oggi la mia produzione discografica e live è stata costellata da materiali e linguaggi musicali diversi, ma rintraccio una linea rossa in questo percorso così articolato, ossia il mio approccio alla scrittura, all’improvvisazione, al testo musicale e un’attenzione particolare alla drammaturgia interna alle parole; e riconosco, nel tempo, un mio modo di sentire e immaginare la musica. L’immaginazione è una parte essenziale della mia scrittura, e spesso quando scrivo nuova musica è come se stessi girando un film, a una scena da sonorizzare, o un sentimento da descrivere, un personaggio da raccontare. E così l’immaginazione porta anche la mia vocalità in un territorio ancora tutto da percorrere, con il corpo e il pensiero, e nell’esperienza dell’improvvisazione esploro luoghi della voce sempre nuovi, e quindi nuovi luoghi della musica, che a volte diventano anche composizioni che poi trascrivo su carta. Richiedo a me stessa molte cose, per poter continuare a scrivere e essere una musicista: l’onestà e il coraggio, l’essere presente a se stessi, e avere al contempo la capacità di evadere da se se stessi e semplicemente di porsi in ascolto della musica; tutto questo comporta anche sentimenti e scelte scomode, nella vita e nell’arte; ed è essenziale alla libertà creativa.

Auditorium Parco della Musica 05 01 2023, COSTANZA ALEGIANI per PDM Records. ©Fondazione Musica Per Roma /foto Musacchio, Ianniello & Pasqualini
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E dal punto di vista letterario, quali sono le tue letture?
Difficile condensare una vita di libri e letture. Sicuramente uno dei riferimenti è sempre stato Albert Camus, a cui ho dedicato il mio lavoro di tesi di Filosofia. I libri di quegli anni di università hanno formato il mio pensiero (e alimentato i miei dubbi) e il mio modo di relazionarmi con il mondo, di analizzarlo e di viverlo. Poi la grande letteratura russa, tra cui il gigante Dostoevskij, grande compagno di viaggi. E ancora Virginia Woolf e il suo stream of consciousness. Gli italiani, difficile citarli tutti: Pavese, Morante, Pasolini, Calvino. Ho sempre amato la letteratura inglese e il suo teatro (ho letto e rileggo sempre Shakespeare, è lì sul comodino, e molti anni fa realizzai il mio primo album Fair is Foul and Foul is Fair, dedicato ad alcuni personaggi del Macbeth e dell’ Otello); e ancora il teatro greco antico con i suoi autori e personaggi e miti senza tempo; poi amo i gialli, i grandi classici di Agatha Christie; recentemente leggo tantissimo Simenon! Poi nel tempo è arrivata la poesia che non mi ha mai abbandonato: Dylan Thomas, Bertold Brecht, Rilke, Emily Dickinson, Wislawa Szymborska, Giacomo Leopardi, Montale, Patrizia Cavalli, Amelia Rosselli e molti, molti altri.

Quando hai capito che la musica sarebbe diventata la tua professione?
Ho iniziato a studiare musica da bambina, musica classica, e poi durante l’adolescenza e l’università ho fatto tante esperienze musicali diverse; ho studiato canto con insegnanti magnifici, che ancora ringrazio. Dopo la laurea, mi sono presa un cosiddetto anno sabbatico, avevo 21 anni, ho lavorato e poi sono andata a New York per 6 mesi, passando molto tempo da sola. La solitudine è stata una condizione essenziale e la città che non dorme mai, con i suoi spazi enormi, i suoi rumori e la sua musica ha dischiuso la voglia di orizzonti inesplorati, di desideri da ascoltare, di coraggio, la voglia  e la paura di essere se stessi e di seguire un fuoco centrale. Quando sei  ragazza e realizzi che la vita è una, solo una, l’impatto è crudele, violento, ma allo stesso tempo liberatorio e in quella grande città ti senti semplicemente parte di un flusso che esiste prima di te e continuerà a esistere dopo di te. E così ho scelto la musica e il mondo dei suoni, senza i quali non volevo vivere. È una fortuna immensa quella di sentire, capire e studiare la musica, e poterle dedicare tempo, pensieri, idee, con l’anima e il con il corpo.

Quali sono i tuo prossimi obiettivi e quali i tuoi prossimi impegni?
In estate faremo un tour di concerti in Italia dove presenteremo «Lucio dove vai?» Sto pensando a un nuovo disco di Folkways, con il pensiero di nuovo verso Ovest, gli Stati Uniti. Continua la mia ricerca all’interno del folk americano, seguendo vie e personaggi protagonisti di memorabili canzoni. E sto scrivendo nuova musica per questo disco e non solo (vorrei riprendere idee di ampio respiro e organico..chissà). La scrittura non necessita di un progetto, si scrive per tanti motivi, e a volte è uno strumento essenziale per tornare alla musica, e riscoprirla ogni volta con la stessa meraviglia. Continuerò un progetto live orchestrale a cui tengo molto, che ho realizzato con Peppe Servillo Di cosa vive l’uomo: le canzoni di Kurt Weill e Bertold Brecht, con gli arrangiamenti di Gianluigi Giannatempo e la direzione di Marco Tiso. Abbiamo realizzato produzioni live con diverse orchestre jazz in Italia e vorremmo continuare a condividere questo progetto con altre realtà orchestrali italiane.
Alceste Ayroldi