Il progetto svedese di Cecilia Sanchietti

La batterista e compositrice romana ci parla del suo nuovo progetto con alcuni tra i più rappresentativi musicisti svedesi.

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Cecilia Sanchietti

Cecilia, a quanto pare si apre anche per te una fase 2, ma non in Italia. Come nasce questo progetto italo-svedese?
Il progetto nasce un po’ per scelta, un po’ per caso, come conseguenza di alcuni fatti accaduti. Il tutto inizia da due importanti motivazioni: prima di tutto la mia grande passione per quello che possiamo definire il jazz moderno, nordico, contemporaneo, vicino allo stile ECM, che mi ha portato a conoscere e amare il contesto scandinavo; in secondo luogo la volontà di rafforzare la mia presenza internazionale su cui già mi muovo da diversi anni, ma questa volta con la ferma intenzione di non realizzare solo concerti o avere ospiti stranieri (come nel mio secondo disco La terza via), ma un nuovo progetto e poi cd, interamente con musicisti non italiani e lanciato all’estero. Nel 2018 mi recai al JazzAhead di Brema, il grande showcase annuale tedesco dove si incontrano attori del settore del jazz provenienti da tutto il mondo e dove vado sempre per rafforzare la mia rete internazionale. Lì, con questa idea in mente ancora molto fumosa, mi avvicinai allo stand svedese e scandinavo a cui ero molto interessata e conobbi quella che poi sarebbe stata l’attuale voce della band, Anna Lundqvist. Lei era lì per promuovere i suoi progetti, ma anche quelli di altri artisti. Si é creato da subito un bel feeling e, sebbene non avessi chiaro del tutto come collaborare, abbiamo mantenuto una relazione in questi due anni. In quei giorni conobbi anche un’altra organizzazione, Semente, con sede a Stoccolma, con cui ho intrattenuto rapporti nei mesi successivi e insieme abbiamo iniziato a pianificare come realizzare dei progetti in collaborazione tra i due Paesi, con il coinvolgimento anche dell’Istituto Italiano di Cultura di Stoccolma che si è poi confermato essere un importante partner in questa mia idea. Dalla fine del 2018 mi sono recata più volte in Svezia con l’obiettivo di verificare la fattibilità della mia idea. Ho incontrato persone, musicisti, sono andata a scoprire i locali e i luoghi dove ascoltare il loro jazz. E quello che ho visto mi è piaciuto molto e soprattutto l’ho sentito molto simile al mio modo di vivere la musica, di comporre e di suonare. Nel 2019 ho avuto la fortuna di esibirmi all’interno dello Stockholm Women International jazz Festival, organizzato da Semente, con il mio secondo disco, la Terza via, ed è stata un’esperienza bellissima con un grande successo di pubblico e di critica. Ho capito così definitivamente che volevo lavorare in quella direzione. Sfortunatamente il progetto doveva prendere il via ad aprile scorso, con un mio viaggio e le prime prove, ma ovviamente tutto è saltato e rimandato adesso a fine agosto. Insomma, come spesso accade quando si cerca fortemente qualcosa, ho indagato e tessuto una tela, costantemente, verso un’idea che è poi diventata realtà.

Anna Lundqvist

E la scelta dei tuoi compagni di viaggio come è avvenuta?
La scelta di quello che rappresenta il mio nuovo Cecilia Sanchietti Swedish Jazz Project e che presto sarà anche un disco, è avvenuta sia grazie ad alcuni incontri fatti in questi viaggi negli ultimi due anni, che in seguito ad alcune indicazioni datemi da musicisti svedesi e operatori locali. Ringrazio in particolare per questo Peter Danemo, grande batterista di Stoccolma e docente di composizione del Conservatorio, che mi ha aiutato molto nella ricerca dandomi suggerimenti su validi musicisti e Loredana Franza, amica e operatrice dello spettacolo, italiana, ma residente a Stoccolma, per il suo orientamento e supporto. Per la scelta avevo in mente un modo di suonare, jazz, ma non solo, contaminato, ricco di melodie, solido, ma allo stesso tempo pieno di sfumature. Non volevo musicisti esclusivamente jazz, come d’altronde nei miei precedenti cd, ma trasversali e con una capacità e voglia di entrare in feeling con gli altri, più che virtuosi. Volevo musicisti con un modo nordico di suonare, ma non solo, aperti ad altro e volenterosi di aprirsi. Per il suono, questa volta doveva essere più dolce, e meno malinconico del secondo disco. Mi sono appassionata al suono caldo e incisivo del clarinetto e ho sentito il desiderio di inserire la voce non come testo, ma come parte del quintetto strumentale. Ho iniziato quindi includendo Anna Lundqvist, vocal, che sono andata personalmente ad incontrare a Goteborg in un mio viaggio proprio per pianificare la sua presenza nel progetto, che ha accolto con grande gioia. L’avevo sentita cantare e mi aveva subito colpito per la sua bravura, ma anche per la sua peculiarità, molto conosciuta in Svezia, di usare la voce in modo strumentale, creando atmosfere, timbriche, sfumature particolari. Ho incontrato poi Adam Forkelid, il pianista, che mi era stato segnalato da più parti, sono andata a sentirlo suonare al Glenn Miller di Stoccolma. Abbiamo parlato della mia idea e lui si è subito mostrato entusiasta e soprattutto ha condiviso l’importanza dell’aspetto melodico nelle composizioni e nel modo di suonare stesso. Mi ha fatto sentire dei suoi lavori in questo senso proprio per consolidare la sua voglia e capacità di esserne parte. Ho incluso poi Josef Kallerdahl, contrabbassista, che in realtà avevo conosciuto durante il Festival del 2019, lui suonava con la band di Lina Nyberg, una delle più autorevoli cantanti svedesi. Mi era piaciuta molto la sua solidità, ma anche il suo aspetto umano e la sua personalità dolce e disponibile. In questi due anni ci siamo incontrati spesso, abbiamo supportato ognuno i progetti dell’altro e quindi non potevo che avere lui. Dovevo chiudere con il clarinetto e il tenore, in un unico musicista e ho trovato Linus Lindblom, molto conosciuto per le sue abilità, ma anche per le sue doti di compositore aperto e decisamente vicino ad un suono nordico. Oltre ad essere una persona molto dolce e disponibile. E il quintetto è fatto!

Adam Forkelid

Cecilia, perché proprio la Svezia? C’è un legame tra te e il jazz scandinavo?
Come dicevo prima il mio legame con la Svezia è legato inizialmente all’amore verso il jazz scandinavo e per alcuni suoi artisti, come gli E.S.T. e Lars Danielsson e ad una vicinanza rispetto al loro modo di intendere il drumming, molto melodico e parte integrante dell’aspetto compositivo. Batteristi come Öström e Christensen sono tra i miei più importanti punti di riferimento. Sia il modo di suonare la batteria che quello di comporre ho scoperto essere molto rappresentativi del mio essere artista. E la conferma l’ho avuta ascoltando musicisti residenti, ma anche esibendomi io da loro e recependo i ritorni di altri performer e attori del settore, oltre che del pubblico. Molti di loro mi hanno esplicitamente detto che “avevano sentito similitudini sia nei brani che nel mio modo di suonare, rispetto al loro contesto”. Questo mi ha fatto molto riflettere e convincere a rafforzare il mio lavoro con la Svezia: unire le atmosfere scandinave con l’aspetto melodico tipico italiano e sicuramente caratteristico anche del mio modo di comporre. Il mio legame con questo Paese si è poi rafforzato con i viaggi realizzati e anche grazie alla collaborazione con l’Istituto Italiano di cultura di Stoccolma, che aveva già precedentemente promosso la mia presenza in loco, ma per cui ho successivamente lavorato durante il lockdown curando la rubrica JazzHome. Diario di una musicista jazz durante la quarantena in Italia. L’IIC supporta ufficialmente questo mio nuovo quintetto e il prossimo disco e io non posso che ringraziarlo per il supporto, davvero importante.

Quindi ci sarà anche un seguito in Italia. Sono già state stabilite le date e i luoghi?Assolutamente sì, è mia intenzione realizzare concerti sia in Svezia che in Italia, proprio come sintesi di questa collaborazione tra Paesi. La band suonerà prima in Svezia, il 31 agosto al Glenn Miller a Stoccolma e a novembre a Goteborg, Unity Jazz. Verrà invece in Italia ad inizio 2021, per un primo concerto all’Alexander Platz, il 9 gennaio, dove porteremo un’anteprima del disco e un secondo concerto il 10 al teatro di Villa Pamphili, in via di definizione, oltre che per la registrazione che si svolgerà nello studio che mi ha seguito nei precedenti dischi, R&B recording studio, con la professionalità e bravura di Max Rosati.

Quale sarà il repertorio musicale che proporrete?
Il repertorio prevederà per ora solo in parte mie nuove composizioni, perché queste verranno registrate sul nuovo disco, per cui in questa prima fase non voglio farle uscire completamente. Sicuramente saranno proposti alcuni brani nuovi, rivisitazioni di brani dei miei precedenti album, composizioni originali dei membri della band e tributi a compositori.

Ci sarà anche un seguito discografico?
Assolutamente si, il disco è previsto per la primavera 2021 e un nuovo ritorno in Italia della band, compatibilmente con la situazione del Covid-19 e con i tempi dell’ensemble stessa. E’ importante definire un’agenda di massima, ma anche rispettare l’evoluzione di un progetto e la creazione di un feeling e i tempi di tutti. Com’è facile immaginare, non è semplice tenere insieme una band in due paesi diversi. Per cui, seppure le tappe sono fissate, mi piace pensare che saranno confermate in itinere. Il disco uscirà con l’etichetta svedese Do Music Records con cui ho già stretto rapporti e continuerò sicuramente anche la promozione negli USA grazie ai contatti che hanno promosso «La terza via».

Linus Lindblom

 Conosci la scena jazzistica svedese. Con sincerità, la trovi più vivace rispetto a quella di altri paesi?
La scena svedese ha alcuni aspetti molto positivi. Innanzitutto le proposte musicali, anche solo nel jazz, sono molto variegate, dalla musica originale, a standard di vari periodi storici, al jazz moderno, al free, ad orchestre…Insomma, tantissime forme di espressione e tutte con uguale pubblico. Per questo, quando si parla del jazz svedese, non è sempre facile connotarlo, anche se nell’immaginario gli E.S.T. ne rappresentano la maggiore essenza, in realtà è impossibile identificarlo con un unico suono. Le proposte sono tante e diverse. Il jazz è parte integrante della vita quotidiana, i concerti non sono solo nei locali, anzi i club jazz sono solo due a Stoccolma, ma nei luoghi culturali, nei musei, nei teatri, negli hotel, nelle associazioni, nei cortili, nei giardini, nelle proprie case. Quasi tutti i musicisti fanno parte di un collettivo autogestito, legato ad un luogo, dove si riuniscono per suonare tra loro e dove propongono concerti. Si realizzano anche più concerti al giorno e in ogni orario, soprattutto nei mesi estivi. Le possibilità di mercato sono quindi più ampie e la musica è lavoro. Il pubblico poi è molto attento, variegato e sempre presente. Ai concerti si trovano famiglie, bambini, anziani. La musica e il jazz sono parte fondante della loro vita e c’è un grande rispetto e stima, anche da parte del governo, verso gli artisti. Questi ricevono dei sussidi e, se si recano a suonare all’estero, hanno spesso un supporto per i viaggi, in quanto incentivo alla promozione delle eccellenze. Tra i musicisti, infine, c’è un maggiore rispetto del gender balance, ci sono molte musiciste strumentiste in band miste e un forte rispetto della donna, nella musica e nella vita. La società svedese è a misura di donne e di famiglia, con uguali opportunità. Ritengo, inoltre, che l’ambiente musicale svedese sia molto meno competitivo rispetto al nostro e “alla pari”, tutti suonano con tutti, senza comparare il livello e la bravura. Ognuno esprime quello che è.

Josef Kallerdahl

 A parte questo progetto, a cos’altro stai lavorando?
Far partire e guidare un progetto del genere, è una cosa molto faticosa, che richiede energia, tempo, denaro, concentrazione per i nuovi brani, lavoro sulla rete etc…, per cui per ora mi sto concentrando soprattutto su questo, in quanto rappresenta per me una tappa veramente importante. Continuo tuttavia a promuovere e far girare il mio trio in Italia e il disco «La terza via», con cui stiamo facendo anche diversi Festival (a settembre Il Jazz per l’Aquila). E’ mia intenzione, per ora, tenere aperti questi due filoni, il progetto estero nuovo e quello italiano con il mio trio. Aldilà delle mie collaborazioni musicali, ho aperto un’associazione che lavora sul gender balance nel jazz, a cui tengo molto. Insieme al comitato artistico in cui ci sono anche Ada Montellanico, Susanna Stivali, Michela Lombardi, Angelo Olivieri, PierLuigi Zanzi ed altri, abbiamo lanciato un’importante raccolta dati “Contiamoci” che sta girando in tutta Italia, un questionario diretto a musicisti e musiciste jazz, operatori e operatrici dello spettacolo, per raccogliere informazioni sulle opportunità per entrambi in questo settore ed evidenziare eventuali difficoltà o limitazioni in funzione del genere. Siamo a circa 150 questionari numerosi ed è un buon numero. Da anni lavoro su questo tema, perché purtroppo nel nostro Paese e anche all’estero, l’essere donna comporta un rallentamento nel proprio processo di crescita e professionale. Oltre il questionario stiamo programmando attività sul gender balance nelle scuole, in collaborazione con il Jazz a scuola e un lavoro mirato ai Conservatori, sia di sensibilizzazione che formativo per i docenti stessi. Per la compilazione www.jazzmine.eu/contiamoci.html

Come hai affrontato la situazione provocata dal Covid-19?
Una volta superato lo shock iniziale e dopo un primo periodo in cui tutti noi abbiamo cercato di organizzarci, soprattutto da un punto di vista economico per la riduzione delle lezioni e dei concerti, ho reagito e ho tirato fuori tutte le risorse che avevo per dare comunque senso al tempo a disposizione. Ritengo che questo sia la cosa più importante che abbiamo e vada sfruttato pienamente. Quindi, con il solito ottimismo e tanta voglia di reagire, ho studiato, approfondito le mie nuove composizioni, mi sono inventata una Radio in streaming on line, ContrARTack, una trasmissione quotidiana che è andata in onda su una pagina facebook di volontari molto attivi in ambito di solidarietà e cultura, nata proprio per tenere compagnia alle persone e sostenere chi era in difficoltà. La mia è stata una trasmissione per artisti emergenti soprattutto e per musica originale, non solo jazz. Ho ospitato musicisti compositori e cercato di dare priorità a chi aveva dischi da promuovere in questo periodo e che quindi aveva avuto meno spazio, in particolare artisti e artiste della Lombardia. E’ stata una bellissima esperienza che mi ha fatto conoscere tanti giovani e meno giovani, di qualità e ha tenuto compagnia anche a me. Per 14 giorni poi, da metà a fine aprile, mi sono occupata della rassegna JazzHome per l’Istituto di Cultura di Stoccolma di cui parlavo prima, che ha avuto un buon successo. Infine ho organizzato una registrazione a distanza con la band svedese, in uscita a breve…Insomma, neanche sotto lockdown sono riuscita a stare ferma e ho continuato, in qualche modo, a produrre, proporre, fare rete.

Quale ritieni possa essere lo scenario futuro?
Io sono una persona fondamentalmente ottimista, ma anche realista. Per cui credo che la situazione migliorerà, ma ognuno di noi deve sentirsi responsabile di se e degli altri e agire in sicurezza. Credo che, anche se con difficoltà, il nostro settore si riprenderà soprattutto grazie al nostro più grande pregio in quanto Italiani, la creatività e la capacità di rinascere e reinventarci. Ne parlavo anche in Svezia e anche li, la nostra reputazione in tal senso è ben riconosciuta e apprezzata. Tuttavia sono convinta che da parte degli operatori musicali ci debba essere la massima attenzione al supporto di artisti anche meno rinomati, commercialmente parlando e non far si che le poche opportunità di palchi ad oggi presenti, si trasformi in un boomerang tra noi. Dobbiamo essere tutti più forti e determinati nel dare spazio a tutti, consapevoli anche le maggiori difficoltà, anche economiche, sono proprio a carica di artisti “minori”. Auspico anche in un maggior supporto da parte delle autorità pubbliche, il mondo del jazz sta facendo tanto in questo periodo per essere maggiormente riconosciuti. Una battaglia legata al diritto al lavoro fondamentale per tutti noi.
Alceste Ayroldi