Ciao Antonio e benvenuto a Musica Jazz. Un periodo particolarmente intenso per te per quanto riguarda la produzione discografica. Partirei dal tuo album dedicato al Natale. E’ una tua prima assoluta trattare questo argomento? Perché questa scelta?
E un po’ di tempo in realtà che pensavo di fare un disco sul natale. Per me è sacro, è legato alla famiglia e alla mia infanzia. L’idea è nata mentre componevo un arrangiamento dell’iconico brano Jingle Bells qualche anno fa e si è concretizzata mentre ideavo il brano dalle sonorità gospel Christmas Time. Mettendo insieme i pezzi ho pensato di realizzare un disco interamente dedicato alla festa di fine dicembre. Ho voluto coinvolgere Mario Rosini che ha una bellissima voce e un approccio artistico da musicista. A parte questi due brani sono rimasto fedele a uno stile tradizionale senza agire in modo eccessivo sugli arrangiamenti.
Qual è il tuo rapporto con il Natale?
Per me il Natale è sacro. Rappresenta un momento speciale legato alla famiglia e ai ricordi felici della mia infanzia, fatti di calore, amore e tradizioni che porto ancora nel cuore.
Come hai scelto i brani presenti in «Christmas Time»?
Ho voluto diversificare il repertorio, mettendo anche dei brani più commerciali come quello di Stevie Wonder Someday at Christmas e il mio brano inedito Christmas Time, vista l’estensione di voce di Mario Rosini. Abbiamo aggiunto anche un brano napoletano Quanno nascette Ninno, me lo ha proposto Mario e lo abbiamo arrangiato.
Come è nata la tua collaborazione con Mario Rosini?
Con Mario ci conosciamo da diversi anni. Ci siamo poi persi di vista promettendoci però di fare qualcosa insieme prima o poi. L’occasione si è presentata adesso con Azzurra Music.
Antonio, invece come nasce l’idea di «Tributes»?
L’idea è nata circa due anni fa. Ho voluto fare una serie di tributi a musicisti con i quali ho avuto un rapporto umano e artistico intenso o che hanno segnato il mio percorso musicale come McCoy Tyner, Wayne Shorter, Didier Lockwood, Michel Petrucciani. La maggior parte sono brani miei originali. C’è per esempio Right One nel quale si sente l’influenza di Chick Corea piuttosto che MT che è dedicato a McCoy Tyner con influenze coltraniane che ricordano un po’ Transition.
Cosa o chi ha ispirato questo disco?
Sono stato ispirato dalla necessità di raccontare la mia esperienza personale e artistica avuta con alcuni artisti straordinari.
A tuo avviso il jazz a chi deve pagare il suo tributo?
Penso che il jazz debba il suo tributo a diversi generi musicali. E’ una musica molto contaminata.
E’ l’album del tuo debutto con la casa discografica Criss Cross. Come è nato questo connubio?
Intanto devo ringraziare Alex Sipiagin che mi ha messo in contatto con Criss Cross anche se conoscevo quest’etichetta da anni. Il mio produttore cercava una Label per realizzare il mio nuovo progetto il quale è stato accolto molto bene da Jerry Teekens (Criss Cross) e alla fine siamo riusciti a registrarlo l’anno scorso.
A proposito di trio, vorresti parlarci dei tuoi compagni di viaggio?
Conosco John Patitucci da ancora prima che suonasse con Chick Corea. Ci siamo incontrati a un mio concerto al Capolinea di Milano. L’anno dopo lo incontrai nuovamente con Chick Corea e la sua elektric band.
Con Jeff Ballard abbiamo fatto alcuni concerti negli ultimi anni mi piace molto il suo drumming.
In base a quale criterio hai scelto i brani presenti in questo disco?
Ho creato nuovi brani ispirandomi a diversi artisti che mi hanno segnato artisticamente e umanamente. Il brano Memories of Calvi ricorda Michel e Didier, che incontravo spesso al festival jazz di Calvi in Corsica negli anni Novanta. Quando ci vedevamo c’era sempre una bellissima atmosfera durante i concerti e le jam, quindi è nato proprio dal cuore, mi manca tantissimo quel periodo. Sono molto legato ed ispirato al passato e anche molto malinconico e questo mi porta a scrivere certe melodie.
I brani originali, invece, li hai composti appositamente per questo disco?
Alcuni li avevo già scritti prima e altri come MT li ho composto appositamente per l’album.
Quando componi segui una ritualità? Chi o cosa anima le tue composizioni?
Non c’è una regola in verità. A volte parte da un accordo o da una nota, altre volte da un ritmo o da un’ispirazione che viene dal passato. Io scrivo di cose che ho già vissuto.
Antonio, quanto ha contribuito nella tua formazione e nel tuo sviluppo artistico essere parte di una famiglia di musicisti?
Essere cresciuto in un ambiente così a contatto con la musica mi ha sicuramente aiutato, oltre a permettermi di assistere fin da piccolo a vari concerti tra cui quello del 1971 al teatro Lirico di Milano con la big band di Count Basie ed Ella Fitzgerald. Avevo sei anni me lo ricordo ancora oggi.
Antonio, come musicista ti sei mai posto dei limiti? Mi spiego: ci sono delle musiche che ti rifiuteresti di suonare?
Ho delle preferenze ma non mi pongo particolari limiti. Sono aperto a tutti i progetti autentici che abbiano comunque uno spessore. Spesso si tende ad etichettare i musicisti e questo è un limite che cerco sempre di evitare. Mi piace essere libero senza imposizioni, potrei anche accettare di suonare una musica che non mi rende subito entusiasta ma cercherei comunque di convertirla nel mio modo.
Quali sono i tuoi obiettivi come artista?
Vorrei essere riconosciuto per quello che sono, per la mia personalità e il mio stile. Vorrei integrarmi in progetti duraturi, cosa che oggi come oggi non è facile, avere progetti stabili su lungo termine da poter sviluppare.
Quali sono i tuoi prossimi impegni e i tuoi prossimi progetti?
Sto lavorando con McCoy Tyner Legends ed è un grande onore far parte di questo progetto che tra l’altro è stato messo in piedi dal figlio di McCoy Tyner Nurundeen Tyner. Sto anche lavorando su un prossimo album Eklektik e un mio primo piano per il quale prevedo nei prossimi mesi di entrare in studio.
Alceste Ayroldi