Benvenuto Alessandro a Musica Jazz. Sei arrivato al prestigioso traguardo di essere artist in focus al North Sea Round Town. Vorresti spiegarci, in primis, in cosa consiste essere artist in focus?
Grazie per l’invito. Certamente. Artist in focus significa ricevere la possibilità di curare e presentare diversi progetti durante il festival, esibendosi ed esplorando diversi luoghi della città di Rotterdam.
Cosa hai realizzato durante l’attività laboratoriale?
Il laboratorio di pre-apertura (circa un mese prima) del festival è una mini residenza di quattro giorni in una fattoria appena al di fuori di Rotterdam, nella quale si lavora da zero ad un programma da presentare al quarto giorno. Per l’occasione ho deciso di invitare Carmen van Mulier (attrice e musicista) e Jelle Roozenburg (chitarra e sintetizzatori modulari) per sperimentare combinando composizione, recitazione ed improvvisazione. È stata una bellissima esperienza che ci ha permesso di esplorare il concetto di narrazione attraverso l’incrocio di discipline diverse. Il punto di partenza è stata un’interessate chiacchierata tra noi tre che abbiamo registrato e poi riutilizzato in frammenti per tessere la trama del programma. Insieme abbiamo poi selezionato dei passaggi da testi di autori diversi ed in lingue diverse (Pavese, Dostoyevsky, Trevisan etc) e creato la musica. Il risultato è stato interessante ma soprattutto il processo è stato prezioso, nel senso che mi ha permesso di scoprire un modo di lavorare nuovo e stimolante.
Parliamo de I cacciatori nella neve di Pieter Bruegel e cosa rappresenta per te, anche in relazione, ovviamente, alla tua residenza artistica al North Sea Round Town.
Questo dipinto è stato un po’ il punto di partenza per la ricerca sulla quale si basa il progetto Hunters in the snow: l’esplorazione del «sentirsi a casa» e come per me questo concetto sia mutato negli anni attraverso una riscoperta dei luoghi nei quali sono cresciuto e come la mia percezione di questi sia cambiata anche in funzione della mia permanenza in Olanda. Questo dipinto mi incuriosisce perché presenta una sorta dualità nella quale mi riconosco: la coesistenza ed il contrasto tra i luoghi che l’autore ritrae ed i luoghi nei quali l’autore è cresciuto. Inoltre, il dipinto ritrae delle circostanze che sotto diversi aspetti richiamano determinati momenti della mia infanzia.
Nel contesto del festival, questo progetto viene generalmente chiamato Dream project e rappresenta il progetto più corposo di tutta la residenza. Il Dream project è un vero e proprio compito di composizione per il quale ho assemblato un nuovo gruppo e composto un nuovo programma. I musicisti che ho scelto sono: Nicolò Ricci (sassofono), Marta Warelis (sintetizzatori), Jim Black (batteria), George Dumitriu (violino), Pablo Rodriguez (violino), Yanna Pelser (viola) e Thomas van Geelen (violoncello). Il concerto di Hunters in the snow è inoltre affiancato ad un’esposizione di mie fotografie che sono collegate ai temi che compongono il programma.
Alessandro, perché hai lasciato l’Italia?
Più che lasciato volontariamente direi piuttosto che non ci sono più ritornato. Nel 2013 mi sono trasferito a Rotterdam per un progetto di scambio con il conservatorio. L’idea era di restare per un solo semestre ma alla fine del periodo mi si presentò la possibilità di rimanere e completare gli studi. Per me era la prima volta che mi confrontavo con una scena così rigogliosa e stimolante e quindi decisi di cogliere l’opportunità per esplorare l’ambiente più a fondo. L’unica volta nella quale avevo trovato qualcosa del genere in Italia era stata durante i seminari estivi di Siena Jazz; Rotterdam mi trasmise sin da subito lo stesso tipo di energia.
Allo stato dei fatti, in Italia non sei molto presente come artista. C’è qualcosa che non va nel sistema dell’industria musicale italiana in generale e, in particolare, jazzistica?
Non ne sono molto sicuro. Spesso fra colleghi si parla del fatto che in Italia sia tutto un po’ più complicato e che riuscire ad accedere alle programmazioni di clubs e festival richieda uno sforzo maggiore.
Nel mio caso specifico credo che la mia assenza ad oggi abbia molto a che fare con il fatto che come musicista mi sono «sviluppato» per lo più in Olanda, essendomi trasferito abbastanza presto. Sicuramente è un aspetto al quale sto lavorando e l’idea di poter finalmente portare la mia musica in Italia mi sta molto a cuore; il processo di riscoperta del sentirsi a casa in Hunters in the snow ne è la riprova.
Ci parleresti del quartetto Pietre?
Pietre è un quartetto con due sassofoni, contrabbasso e batteria (Nicolò Ricci, Jesse Schilderink e Sun-Mi Hong). Il progetto è nato qualche anno fa dall’esigenza di esplorare il concetto di vulnerabilità e fragilità intesi come forze motrici. I temi spesso descrivono emozioni e situazioni ben precise legate a storie d’amore o d’amicizia. Le melodie in qualche modo sono ispirate alla musica Italiana d’autore ma si accavallano ad un suono di gruppo crudo, a volte duro, molta improvvisazione e ritmi spezzati.
Qual è il tuo approccio alla composizione? Da quali elementi parti?
In genere cerco di partire dagli stessi elementi e qualità che mi legano alla musica che mi piace ascoltare. Più in particolare, la musica che mi colpisce solitamente contiene degli elementi melodici ed armonici che hanno un potere narrativo forte, capaci di rendermi protagonista di una storia. Quando scrivo provo anch’io a dare priorità a queste stesse qualità e cerco nel mio piccolo di raccontare delle sensazioni o delle piccole storie facendo scelte melodiche ed armoniche in funzione alla narrazione che ho in mente.
Alessandro, qual è la situazione della musica in Olanda?
La scena olandese è una scena ricca che offre molte possibilità anche ai musicisti più giovani. Il fatto che il paese sia così piccolo fa si che ci sia una buona connessione tra musicisti di città diverse e questo favorisce anche la nascita di molti progetti interessanti. In Olanda c’è inoltre un buon accesso a fondi per finanziare progetti culturali di diverso tipo e questo fa si che gli artisti riescano a creare con regolarità, il che è davvero prezioso. A volte però, a mio parere, questo può anche significare che i progetti che vengono prodotti siano frutto di un’intelligenza imprenditoriale più che di una vera urgenza artistica e questo in qualche modo ha un’influenza sui contenuti e di conseguenza sulla scena.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi e quali i tuoi prossimi impegni?
Durante la residenza per North Sea Round Town faremo uscire il nuovo disco di Pietre per Honolulu Records, quindi al momento stiamo lavorando ad un tour per presentare la musica in diverse parti d’Europa, Italia compresa si spera.
Allo stesso tempo spero anche di riuscire a portare in giro Hunters in the snow. Un altro progetto che mi sta molto a cuore e che attendo con gioia è il compito di composizione che Nicolò Ricci ha ricevuto dal Bimhuis, al quale prenderò parte come contrabbassista. Nicolò oltre ad essere un musicista incredibile è anche un fantastico compositore quindi non vedo l’ora di lavorare alla sua musica.
Alceste Ayroldi
*tutte le foto sono fornite dall’ufficio stampa dell’artista