«Insistent». Intervista a Stefania Arcieri

Nuovo, impegnativo e versatile disco per la cantante e compositrice barese, con due formazioni e tanti musicisti pugliesi che vi partecipano.

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Buongiorno Stefania e benvenuta a Musica Jazz. Parliamo di «Insistent» il tuo nuovo progetto musicale e discografico. Un progetto complicato che nasce, come racconti nelle note di copertina, in Gran Bretagna. Ci vorresti raccontare la genesi di questo lavoro?
Buongiorno a te Alceste ed a tutti gli appassionati di jazz. Certamente sono felice di raccontarvi del mio nuovo album «Insistent», prodotto da Dodicilune: si tratta di un progetto sì articolato, sviluppato con molta cura, tanta energia e sincera passione. Questo disco raccoglie composizioni scritte e arrangiate da me negli ultimi anni, tra la Gran Bretagna e l’Italia, caratterizzate da numerose parti scritte (cantate e strumentali) organizzate nel dettaglio ed anche parti dedicate all’interplay e all’improvvisazione degli artisti coinvolti. Questi brani racchiudono elementi musicali e stati d’animo legati a esperienze vissute in giro, attraverso molti viaggi. In particolare a Londra ho avuto l’enorme fortuna di immergermi per anni in un mondo musicale estremamente interessante e stimolante, ricco, multicolore, vivace, che mi ha offerto tante preziose occasioni. Inoltre mi è successo qualche volta di muovermi da Londra, fare un salto a Parigi e cantare anche lì con meravigliosi musicisti! In quegli anni sono nati dei brani, ovvero dei temi interi o frammenti che ho poi arrangiato successivamente; tra questi ad esempio proprio Insistent la title track. Alcune composizioni invece più recenti sono state scritte in Puglia, come Bells & Colours o Incontri Invernali. Altre sono nate nella complicata fase del lockdown, momento molto produttivo per i più creativi, come Everything Will Change Soon. E’ presente anche un tema che ho scritto moltissimi anni fa, Through the Meadows, che ho arrangiato più recentemente per quell’ensemble. Gli originali in tutto sono undici e mi piace descriverli come i miei «figlioletti».

Torni anche a comporre e arrangiare. Quali sono le linee direttive che ti sei data in questa doppia veste?
Diciamo che ogni idea è nata molto spontaneamente. Ogni elemento musicale è stato rielaborato e sviluppato attraverso l’immaginazione con naturalezza, dando vita al tutto senza forzature. Ho voluto evitare di creare brani a tutti costi contorti e artificiosi o al contrario banali e orecchiabili. Quello che desideravo era dar vita a composizioni che mi rappresentassero in maniera sincera attraverso forme, stili, ritmi, armonie e temi speciali, intriganti, entusiasmanti, sicuramente articolati ma senza esagerazioni. Senza dubbio ho anche desiderato una particolare varietà stilistica, oltre che timbrica; nell’album sono presenti sonorità jazz funk, contemporary, brazilian, swing e non solo; tutto questo sempre nel rispetto della musica jazz tradizionale e attuale.

Insistent è dedicato alla tua famiglia. Cosa racconta questo brano?
Sì, Insistent è dedicato alla family! Per me vuol significare tenace e determinato e fa riferimento a quella importante voglia di impegnarsi per un obiettivo con caparbietà. La mia famiglia mi ha aiutato a rafforzare la mia forza di volontà soprattutto nei momenti più impegnativi o delicati. Il tema è dato dal susseguirsi di cellule melodiche e ritmiche che vengono elaborate in maniera sempre più particolare, è cantato con i fonemi e non con le parole; la voce è usata come strumento, si lega ai timbri del sassofono e della tromba. Un brano un po’ pazzerello, per così dire.

Quanto è importante l’apporto della tua famiglia nella tua carriera artistica?
Assolutamente molto importante. La mia famiglia mi sostiene da sempre, hanno cominciato a stimolarmi da subito, sin da quando ero una piccolissima bimba. In casa o in macchina si ascoltava sempre buona musica, di diversi generi, ma sempre di qualità (da Pino DanieleStevie Wonder o Whitney Houston). Presto mi hanno trasmesso la voglia di approfondire e così ho cominciato lo studio del pianoforte all’età di 9 anni. Da allora i miei non si sono persi quasi nessuna esibizione tra saggi e poi successivamente concerti. Sono persino venuti a Londra ad ascoltarmi in diverse occasioni; ad esempio alla presentazione ufficiale del mio primo album «Views» in sestetto, loro erano presenti insieme a mia sorella Paola. Emozioni immense per tutti!

Un disco che vede diversi combos e impegnati tanti musicisti. Come hai articolato il lavoro dal punto di vista strutturale e organizzativo?
Il tutto si è svolto in 4 sessioni di registrazione: le prime due sono state pianificate nello studio di Tullio Ciriello con il primo ensemble ed abbiamo eseguito The Artist’s Aim, Hiding Sensations, The Noise Of My Thoughts, Through The Meadows, Indistinct e Everything Will Change Soon. Mentre ho pianificato la terza e la quarta sessione presso lo studio Mast di Massimo Stano; abbiamo registrato con la seconda line up Insistent, Incontri Invernali, 26 Luglio 2010 – Brave Women; infine Eli e Bells & Colours. Quest’ultima vivace composizione di carattere orchestrale è stata eseguita da una formazione di ben dieci musicisti che hanno suonato e registrato insieme in studio grazie alla disponibilità degli ampi spazi di Mast. È stato a dir poco eccezionale ed emozionante sentire «vivo» quell’arrangiamento così ricco di energia e gioiosità! Ma lo stesso vale per tutti i brani: è veramente splendido sentire ogni composizione viva, appassionante, travolgente, la prima volta che viene suonata e poi sempre.

Immagino che non sarà semplice eseguirlo dal vivo con le formazioni impegnate nel disco. Hai già in mente la soluzione alternativa?
Nella fase creativa di un compositore si rafforza il desiderio di vedere realizzate in concreto le proprie idee musicali, quelle molteplici combinazioni di timbri e colori immaginate; questa esigenza riguarda sia la realizzazione con i musicisti in studio che la condivisione con il pubblico.
Ovviamente non potrà essere sempre possibile tirar fuori nei live la sonorità degli ensemble del disco, per motivi legati agli spazi, alle disponibilità dei musicisti (spesso molto impegnati), ahimè al budget etc… In tal caso quando non si potranno coinvolgere tutti in mancanza di un ampio palco penserò a rielaborare gli arrangiamenti per formazioni più piccole che includano alcuni degli strumenti. Come ad esempio è accaduto il giorno della presentazione del disco al Duke Jazz Club di Bari: ci siamo esibiti in quintetto, abbiamo proposto alcune delle mie composizioni originali ed un paio di raffinate jazz songs con ospiti a sorpresa.. si è creata da subito un’atmosfera magica! Spero davvero possano presentarsi numerosissime occasioni per suonare queste musiche e questi arrangiamenti che stanno ricevendo molti apprezzamenti e naturalmente ne sono estremamente felice.

Stefania, cosa è successo il 26 luglio 2010?
(Ride, N.d.R.) Il 26 luglio 2010 nasceva appunto questa composizione dedicata alle Brave Women, cioè alle donne coraggiose, esattamente un giorno dopo aver ascoltato un concerto elettrizzante di Esperanza Spalding vicino Bari. Quindi rappresenta un omaggio alle donne curiose e audaci, ma anche gentili e sensibili. Un brano dedicato alle donne tenaci, piene di speranza e di energia.

Ho omesso di chiederti i motivi per cui sei andata, per lungo tempo, in Gran Bretagna…
Sono partita spinta da un forte desiderio di esplorare una nuova realtà, un nuovo ambiente musicale ma anche umano, per continuare delle ricerche o per iniziare nuovi percorsi. E naturalmente ho scoperto un mondo incredibilmente vivo, attivo, inspiring: moltissimi artisti, non solo bravi e abili musicisti ma persone creative, compositori, arrangiatori, anche molto molto giovani; inoltre tra questi moltissime donne. Un ambiente che offre spazi ad una moltitudine di jazzisti, non solo a pochi; includendo anche i più originali, i più estrosi, a volte stravaganti. C’è una certa apertura mentale e c’è molta curiosità. Tutte queste caratteristiche mi hanno convinta a rimanere a Londra per un bel po’, senza decidere nulla di preciso, ma lasciandomi trasportare dalle good vibes. E così ho avuto la fortuna di collaborare con moltissimi strepitosi artisti inglesi e non, creando progetti dal duo ad ensemble più ampi, esibendomi in numerosi splendidi luoghi presentando repertori di jazz moderno ma anche tradizionale e di musica bossa nova. Mi sono esibita ad esempio al Ronnie Scott’s e al Vortex. Ho anche cantato in locali prettamente brasiliani, in lingua originale. Mi sono state affidate delle residenze, ovvero delle serie di concerti in un posto ben preciso, da pianificare una volta alla settimana o una volta al mese; ho anche condotto delle jam session. In quegli anni mi sono dedicata alla realizzazione del primo album «Views – Shapes & Hues Of Some Impressions» registrato con un ensemble di artisti magnifici di origini varie: inglesi ma anche inglesi/giamaicani, maltesi/francesi, italiani.

Vivi in una famiglia di musicisti. C’è qualcuno di loro che ha maggiormente influenzato le tue scelte? O, viceversa, hai tu influenzato qualcuno di loro?
Bè credo che ci sia uno scambio continuo tra tutti noi! Sicuramente i miei genitori, grandi appassionati di musica, hanno influenzato le mie scelte suggerendomi di studiare pianoforte da bambina e poi canto; facendomi ascoltare tanti ottimi album; acquistando costantemente cd che andavano ad arricchire man mano la bellissima collezione; acquistando strumenti (nel soggiorno dei miei c’è un pianoforte a coda, una chitarra e una batteria). Quindi noi tre figli,  (gli Arcieri Bros) ci siamo da subito potuti immergere nelle meravigliose e indimenticabili songs dei grandi artisti della scena nazionale ed internazionale. Poi crescendo abbiamo cominciato a sviluppare i nostri personali gusti percorrendo direzioni anche diverse ma mai distanti. E così mio fratello Elio, più grande, mi ha influenzato per certi aspetti, e probabilmente io e lui abbiamo influenzato la più piccola, Paola. E viceversa! In un secondo momento o forse da sempre ci siamo stimolati a vicenda, respirando sfumature di colore molto varie, dal jazz al funk, al soul, al pop più elegante. Ognuno di noi ha una personalità ben definita ma siamo sempre aperti a nuove ricerche e nuovi incontri musicali. Adesso la più giovane di noi canta a Los Angeles!

Quali sono le tue principali influenze artistiche? (non solo musicali, intendo)
Allora, se penso alle influenze non musicali, sicuramente le opere d’arte, dipinti, monumenti. Infatti ho scelto come copertina un’opera del mio papà creata per me, per questo progetto, davvero splendida, ricca di energia, colori magnifici e bellissimi contrasti. Anche i miei fratelli dipingono e un mio caro zio, tutte le nostre pareti di casa hanno tanti quadri!! Dunque mi capita di osservare un’opera di una persona a me vicina o di un altro artista e di emozionarmi notevolmente, rimanendo felicemente sorpresa. Ad esempio quando vado nei musei, davanti ad un Dalì o ad un Kandinsky resto sempre sinceramente sbalordita e naturalmente mi sento ispirata. Lo stesso accade davanti a monumenti straordinari che ho avuto il piacere di visitare viaggiando: ricordo qualche mese fa ero a Parigi con il mio amore e mi sono commossa nel momento in cui ho guardato in soli due secondi una delle facciate della Basilica del Sacro Cuore. Credo moltissimo nel potere delle opere d’arte di qualunque tipo: quello di diffondere bellezza, facendo emozionare, sconvolgendo e nutrendo l’anima, facendo scoprire stati d’animo e pensieri più nascosti.
Se penso alle influenze musicali in pratica penso ai miei heroes che non smetterò mai di ascoltare, tra questi: Bob Mintzer, Kenny Wheeler,  Dave Holland, Norma Winstone, Esperanza Spalding, Gretchen Parlato, Bill Evans, Wayne Shorter, Pat Metheny, John Williams, Chopin,  Jobim, Tormè. Anche ascoltando ottima musica mi capita di  commuovermi; ad esempio è successo pochi giorni fa grazie ai primi secondi di un magnifico vinile di Williams, o l’anno scorso ad un concerto di musica classica a Vienna, o a Londra ogni volta che sono stata ad un concerto di Norma, etc… lacrime di inspiegabile felicità.

Stefania, chi o cosa ti ha condotto verso il jazz?
Io credo sia stata una combinazione di situazioni. Quando mi sono avvicinata al canto ascoltavo moltissima musica, di qualunque genere. Poi ho scoperto alcuni dischi jazz trovati nella collezione dei miei, da Frank Sinatra a Herbie Hancock… Nel frattempo adoravo Norah Jones che non è jazzista ma ha cantato brani piuttosto sofisticati in un modo assolutamente elegante. A tal proposito ci sarebbe un piccolo aneddoto da raccontare: nel primo album di «Norah» (2002) c’era una traccia per cui sono impazzita The Nearness Of You, me ne sono perdutamente innamorata! E così la mia prima insegnante, Paola Arnesano, mi ha suggerito di cantarla ad una jam session; da allora è diventato uno dei miei brani preferiti in assoluto. Mi sono così avvicinata alle jam jazz ed ai concerti ed ho cominciato quella full immersion infinita, cercando di essere presente ad ogni evento musicale e cercando anche di studiare in maniera super costante e con una sincera ed immensa passione. Insomma, in breve, ho seguito svariati corsi presso Il Pentagramma di Guido Di Leone, ho studiato Musica Jazz presso il Conservatorio Piccinni di Bari (con Gianna Montecalvo, Roberto Ottaviano, Davide Santorsola per citarne alcuni) e successivamente ho conseguito il II livello in Composizione Jazz nel Conservatorio di Matera, il Duni (con Luigi Giannatempo, Mario Rosini). Ho avuto la fortuna di incontrare numerose figure per me importanti lungo il mio cammino, li ringrazio tutti. Ho partecipato anche a tanti workshop in diverse città italiane; ho respirato il jazz britannico e non solo per alcuni anni. Ho avuto (ed ho ancora!) quella smisurata voglia di immergermi in questo mondo tanto da non poterne più fare a meno, davvero. Ascolto jazz in tutte le sue forme, quotidianamente, ed in questo modo appunto si rinnova quella voglia incredibile.

Foto di Rocco Crudele

Credi che alcune delle tue prime esperienze musicali abbiano gettato il seme del tuo interesse per la voce e il canto? Come e quando ha iniziato a cantare?
Ho iniziato a cantare da bambina, ricordo che verso i 9 o 10 anni ho ricevuto in regalo dai miei zii uno stereo lilla con registratore, microfono, lettore cd e audiocassetta etc… Ma in realtà prima ancora io e mio fratello Elio, da piccolini, giocavamo moltissimo con il registratore, divertendoci un sacco: cantavamo e raccontavamo storie, conducendo inventati programmi radiofonici simpatici e bizzarri! Credo lui abbia ancora queste preziose audiocassette.
Da quando ho cominciato a studiare musica, in particolare da quando mi sono avvicinata al pianoforte, ho provato sentimenti e stati d’animo veramente importanti, assolutamente piacevoli, veri, forti, difficili da descrivere. Ricordo un giorno a scuola (avevo circa 11/12 anni) eravamo in un’aula con un pianoforte ed i compagni mi chiesero ripetutamente di suonare qualcosa; io ero allora una ragazzina piuttosto timida e riservata ma grazie all’amore per la musica decisi di suonare davanti a loro, all’intera classe, senza pensarci troppo; scelsi Per Elisa e alla fine andò benissimo, fu un momento davvero emozionante, per diversi motivi, e ci fu uno scambio di energia positiva reale. Da allora non ho smesso di provare felicità concreta quando mi esibisco davanti a qualcuno che mostri un po’ la sua curiosità e sensibilità. Sono momenti indescrivibili, speciali, straordinari, che ti donano tanta luce. Dopo le prime esperienze di gioco, e dopo l’esperienza da pianista, nuove situazioni sono nate cominciando a studiare canto in maniera approfondita, dopo alcuni anni; da allora ho cominciato questa ricerca, questa esplorazione affascinante e senza fine. Si tratta dell’esigenza continua di dedicarmi alla musica di qualità, musica che possa diffondere bellezza, musica ricercata, musica che possa stimolarmi, che faccia aumentare il desiderio di esprimermi attraverso il canto, la scrittura, l’improvvisazione. Quando canto, scrivo e ascolto sto bene, sono in equilibrio.

Come vedi il rapporto tra armonia, ritmo e melodia? Ritieni che affinare il senso del ritmo e del groove abbia un effetto sulle sue capacità canore?
Sì, sì certo. Un cantante risulta per me interessante non solo se ha un buon timbro o una buona tecnica, anzi, sono molto colpita dai cantanti con un ottimo senso del ritmo, che trasmettono energia, che hanno la capacità di comunicare, ma anche la capacità di personalizzare e rielaborare, di creare sfumature del suono e dunque diverse dinamiche, evitando di urlare, che hanno l’abilità di interagire con la band, di improvvisare, creando e sviluppando situazioni nel corso di un brano o di un concerto. Per quanto riguarda il rapporto tra armonia, ritmo e melodia in una composizione e/o in un intero arrangiamento, ovviamente li considero strettamente collegati tra loro e di grandissima importanza. Ognuno di questi elementi permette di arricchire il brano, ma credo sia fondamentale non cadere nell’esagerazione costruendo un tema troppo complicato e innaturale nonché difficile da ascoltare. Non deve mancare secondo me l’autenticità. Si deve percepire attraverso quelle sequenze di note e quei collegamenti armonici l’essenza del compositore, la sua sensibilità, il suo gusto, l’estro, oltre che l’esperienza. E aggiungo, nella composizione così come nel canto, bisogna sempre cercare di essere se stessi, provando giorno dopo giorno a migliorarsi, perfezionarsi ed evolversi, ma in maniera appunto spontanea e mostrando personalità.

Quando componi hai degli schemi, dei riti che segui?
Generalmente parto da una cellula melodico/ritmica e la sviluppo nel corso delle battute, dando vita ad una melodia che sia il frutto di un pensiero sereno, logico, libero, naturale; in un secondo momento penso magari all’armonia creando collegamenti armonici sia meno prevedibili che consueti. Tuttavia mi capita anche di pensare prima ad un giro armonico, anche solo una breve sequenza di accordi e poi al tema; o ancora a volte immagino già melodia e armonia insieme. Non seguo meccanismi ben precisi e cerco in ogni caso di creare sempre qualcosa di diverso rispetto agli altri brani scritti. Mi piace pensare che ogni composizione possa avere il proprio carattere anche se ovviamente avranno forse qualcosa di simile nel sound o nello stile; in altre parole in ogni brano cerco di lasciare appunto qualche tratto speciale che riconduca a me, al mio modo di essere.
Alla fine di un processo creativo mi pongo delle domande e se sono soddisfatta del risultato finale comunque mi chiedo se ci sia calore in quelle note, emozione, entusiasmo. Quando mi rendo conto che l’arrangiamento mi coinvolge, mi sorprende, mi rende felice allora si passa agli step successivi: preparo tutte le parti per i vari musicisti e organizzo prove/sessioni/concerti.

Qual è il tuo rapporto con i social e con lo streaming?
Lo streaming sicuramente ha dei vantaggi perché permette di ascoltare musica in maniera semplice e comoda; in pochi attimi puoi fare più ricerche e trovare dischi dei tuoi heroes di cui non eri a conoscenza. Però amo i vinili ed i cd. Credo molto e credo ancora nell’importanza di una bella collezione in cui sono racchiuse innumerevoli emozioni. Il cd è davvero  meraviglioso, già nel momento in cui lo guardi per la prima volta, ne osservi la copertina, leggi i vari titoli, i musicisti, i fonici, il sound engineer, l’etichetta, ogni dettaglio fondamentale. Magari all’interno c’è un pensiero dell’artista o una presentazione, o delle ulteriori fotografie, che rendono quel lavoro unico e speciale. Il cd è il risultato finale di un lavoro immenso. Indescrivibile. Parla di un progetto, un sogno realizzato con tanto impegno. Acquistare un cd è un bellissimo gesto per supportare gli artisti, un modo per mostrare sostegno, vicinanza, rispetto.
Riguardo i social, cerco di utilizzarli come strumento di diffusione della musica principalmente, dunque per pubblicizzare eventi o progetti nuovi o anche meno recenti. In ogni caso, cerco di non dedicare troppo tempo ai social perchè ovviamente mi capita di notare anche una notizia superflua o l’ennesimo scatto degli egocentrici esibizionisti. Vorrei tanto che ci si concentrasse sulla musica senza necessariamente dover guardare qualcosa o qualcuno mentre si ascolta. Infatti trovo fantastico quel momento in cui riusciamo a chiudere gli occhi ascoltando un brano o un intero album, senza distrazioni, immergendoci realmente in quelle atmosfere, quelle mescolanze di timbri. Purtroppo, parlando in generale, sembra che il mondo attualmente stia spostando l’attenzione su aspetti secondari come l’immagine, l’apparenza. Inoltre non si fa che pensare ai numeri piuttosto che alla reale qualità della musica. Per fortuna non mancano anche gli appassionati delle belle songs, tante persone non superficiali ma profondamente sensibili, in grado di apprezzare la qualità, la raffinatezza, l’estro, l’ingegnosità, luce e colori degli album dei compositori contemporanei più interessanti.

Quali sono i tuoi obiettivi artistici e i tuoi prossimi impegni?
Sicuramente continuare a scrivere, continuare a esplorare, a cercare qualcosa che mi faccia sentire viva, stimolata, elettrizzata, emozionata, continuare a creare qualcosa di mio che rappresenti il mio modo di sentire in quel momento. Continuare a cantare, ad improvvisare, ad interagire con i musicisti che mi circondano trasmettendo quella buona energia che tanto ci fa stare bene. Fare concerti, girare tra i luoghi più interessanti e speciali. Cercare di creare momenti musicali magici.   Continuare ad insegnare e ad ascoltare chi sta crescendo settimana dopo settimana, tirando fuori il meglio di sé. Continuare a migliorarmi. Continuare a sognare.
Alceste Ayroldi

 

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