«Il dono dell’ubiquità». Intervista a Carolina Bubbico

La pianista, compositrice, cantante e direttore d’orchestra salentina parla del suo nuovo lavoro discografico in uscita il 2 ottobre.

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Carolina Bubbico foto di Lucia Oliviero

Inizierei dal titolo: perché «Il dono dell’ubiquità»?
Quando a cena con gli amici capita di fantasticare su quale potere magico vorresti avere ho sempre risposto: il dono dell’ubiquità, la possibilità di abbattere le distanze spazio-temporali. Il titolo fa riferimento alla mia tendenza nella vita quotidiana di voler stare in più posti contemporaneamente, alla mia incapacità di scegliere a cena davanti al menu. Così come nella vita anche nella musica ho preso atto, attraverso il mio vissuto artistico, di provare gioia ed essere incuriosita dall’esplorazione di diversi linguaggi musicali. In questo disco ho deciso di rendere questa tendenza evidente e dichiarata attraverso l’immagine simbolica dell’ubiquità in musica.

E’ un dono che tu hai?
Ovviamente no, essendo questo dono prerogativa di santi e divinità.

Il tuo ultimo lavoro è uscito cinque anni fa. Cosa è successo in questo lustro?
Apparentemente si potrebbe pensare che in questi cinque anni abbia sospeso la mia attività compositiva ma così non è stato. Per quanto riguarda l’attività discografica a mio nome, ho sentito il bisogno di creare del silenzio intorno a me per riscoprire la mia verità. Nel frattempo ho avuto diverse opportunità per tenere la mia creatività allenata attraverso progetti molto interessanti come il disco di mio fratello Filippo Bubbico «Sun Village», l’attività discografica e live al fianco del producer Nicola Conte, il collettivo pugliese Boom Collective guidato da Gaetano Partipilo, e altre collaborazioni discografiche. Tutte esperienze che mi hanno dato l’opportunità di vedermi in vesti musicali completamente inedite per me sia come compositrice che come performer. Poi ho composto una suite strumentale dal nome Caraluna e infine ho realizzato uno dei più grandi sogni della mia vita: scrivere un concerto per Orchestra Sinfonica intitolato Pangea dal sapore mediterraneo, dedicato alle contaminazioni dei popoli in musica (su youtube è disponibile un piccolo documentario sulla realizzazione del progetto).

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

Un album ricco: quindici brani. Ci stavi lavorando da molto tempo?
Ci lavoro da un paio di anni dal punto di vista della scrittura, ma nell’ultimo anno ho intensificato finendo di scrivere tutti i pezzi e creando le pre-produzioni per cominciare a dare una direzione ai mondi sonori di ciascuna canzone. Poi verso febbraio, al fianco di mio fratello Filippo Bubbico che ha prodotto interamente il disco insieme a me, siamo entrati nella fase operativa fino alla chiusura del master a giugno.

Le canzoni sono tutte, tranne una, in lingua italiana. Non pensi che questo aspetto possa penalizzarti sul mercato internazionale?
Molte volte mi sono chiesta che lingua avesse dovuto avere questo disco, quale fosse la strada giusta per me e poi ho deciso di immergermi nuovamente nella lingua italiana perché ricca di possibilità espressive e di suoni meraviglioso. Una sfida quella di scrivere in italiano una musica ricca di accenti e sfumature insoliti per questa lingua. Credo che se all’estero un’opera musicale risulta convincente e accattivante dal punta di vista musicale, ma soprattutto autentica, la lingua non sarà un ostacolo ma anzi un valore aggiunto perché specchio della realtà linguistica e culturale vissuta dall’artista.

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

E arriviamo «all’una» Voyage, che è in lingua francese. Come mai?
Voyage è un brano dedicato al continente africano e al suo mondo musicale, infatti vede come ospite il grande Baba Sissoko, ambasciatore della musica del Mali nel mondo (infatti canta nella sua lingua tradizionale, il Bambara) perciò ho scelto il francese perché è la lingua che avvicina l’Africa all’Europa. Il testo è stato scritto dalla mia amica e straordinaria cantante Rachele Andrioli.

Un disco con anche tanti ospiti. Chi sono e perché hai scelto proprio loro?
Oltre al prima citato Baba Sissoko, numerose collaborazioni che sono state dettate dalle necessità espressive delle canzoni e di quello che volevo restituissero agli ascoltatori. Nel brano Beverly Hills ho invitato Michael Mayo, attualmente uno dei miei cantanti preferiti, giovane americano che vive a New York con all’attivo numerose esperienze con artisti come Herbie Hancock, Jacob Collier, Becca Stevens. Amo il suo modo di intendere la voce come uno strumento, il suo approccio da musicista e meno da cantante, così come da sempre intendo anche io la mia vocalità. Sono felice di aver chiesto a Michael di cantare anche lui italiano e devo dire che se l’è cavata egregiamente. Nel brano Santa Croce Liberata troviamo come ospite il sapiente e sempre toccante violoncellista albanese Redi Hasa.

Colpisce anche – e molto – Italianità, brano scritto a tante mani: sembrerebbe un’improvvisazione collettiva. Come avete proceduto?
La gioia e il messaggio di questo brano che vorrei fossero condivisi è quello della potenza della collettività e coralità artistica che sempre di più stiamo perdendo. Nel mio piccolo vorrei abbattere gli individualismi, lo sguardo sempre troppo rivolto al proprio orticello, tendendo la mano verso gli artisti che ci circondano e che più stimiamo. Così è successo per “Italianità”, ho bussato alla porta di quattro straordinarie realtà del nostro paese, con un particolare sguardo verso il sud Italia, e ho ricevuto grande accoglienza ed entusiasmo. In questo brano, rappano e cantano con grande creatività Speaker Cenzou, i Sud Sound System, Serena Brancale e Davide Shorty. Tutti uniti per raccontare il vissuto dei nostri dialetti che custodiscono la nostra storia, sono il nostro biglietto da visita e vanno tramandati oralmente perché pian piano li stiamo perdendo. Perciò ognuno ha dato voce e luce ai suoni e i melismi del suo dialetto, invocando le nostre generazioni alla loro conservazione.

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

Un lavoro molto soulful, ricco di sfumature che attingono a sonorità diverse. C’è qualcosa che ti ha ispirato?
Ho aspettato il tempo necessario per poter azzerare e mettere da parte i modelli il più possibile, cercare la mia autenticità domandandomi chi è Carolina, cosa le piace, cosa la rende felice. Una domanda che vorrei diventasse il fil rouge del mio percorso creativo. Inevitabilmente saremo tutti sempre influenzati e ispirati da tutto ciò che ascoltiamo, osserviamo e viviamo, però tendere alla ricerca di sè stessi credo sia un approccio vincente. Come ho precedentemente detto, in questo disco ho voluto esasperare la mia attitudine a convivere in linguaggi differenti e cercare quali possono essere i punti di contatto tra diversi mondi sonori. Mi diverte e mi fa stare bene non limitarmi ad un unico linguaggio, perciò la mia ricerca è al momento tesa ad abbracciare e vivere la musica nella sua universalità. Inoltre in questo disco ho raccontato storie, personaggi e luoghi che hanno colpito la mia sensibilità umana, fino a toccare le figure genitoriali del padre e della madre attraverso le storie di Hey Mama e Amore infinito.

Forse hai trascurato le sonorità jazzistiche: che ne dici?
Non credo, il jazz nei suoi tratti caratterizzanti più essenziali, ovvero l’impeto e la tendenza a rimodellare e reinterpretare il materiale melodico e armonico, vive dentro di me da sempre e mi stimola a comporre e concepire la mia musica estemporaneamente e non. Sono cresciuta nelle braccia dell’improvvisazione che mi ha sempre abituato a saper reinventare la musica che esploro dentro e fuori dal palco.

Carolina, un album interamente realizzato secondo il metodo home studio. Vorresti spiegarci cosa hai fatto?
La produzione di base è stata realizzata a Sun Village Studio, luogo dove mio fratello e io lavoriamo abitualmente. Da qui tutto è partito e si è sviluppato, rendendo però necessaria la collaborazione a distanza con diversi artisti italiani e internazionali che hanno registrato nei loro home studio o studi di riferimento delle loro città, impreziosendo il disco con tracce grandiose nonostante la distanza. E’ stato un metodo nuovo ma molto funzionale, ognuno di loro si è potuto esprimere per la propria sensibilità ed espressività regalandoci interventi unici e davvero ricchi di bellezza.

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

Hai fatto tutto da sola?
Nei credits ci sono elencati tutti i musicisti coinvolti nelle registrazioni anche quelli che hanno registrato la maggior parte delle tracce, come per esempio la sezione ritmica registrata da Dario Congedo alla batteria, Abdissa Assefa alle percussioni, Luca Alemanno e Federico Pecoraro al basso. Tutti i musicisti coinvolti, sia gli ospiti di singoli brani che i musicisti più frequenti nelle tracce, sono stati inseriti nei credits allo stesso modo perché ognuno di loro è stato prezioso per il suo contributo piccolo o grande che sia.

Facciamo finta che il disco non sia tuo. Tra i quindici brani, c’è uno che indicheresti come un hit single? Perché?
Ne riesco ad individuare diverse: Voyage per il suo messaggio interculturale, di integrazione e di ricerca verso il «mondo nuovo», altro e diverso rispetto a quello che conosciamo. Italianità per la sua potenza collettiva e l’importanza dei suoni dialettali. Baby per il sound funky elettronico che trovo sia accattivante.

Alla fine dei conti, sei totalmente soddisfatta di questo lavoro? Avresti aggiunto o sottratto qualcosa?
Sono molto soddisfatta e felice di questo lavoro e contenta di non aver rinunciato a nessuna traccia per timore che il disco risultasse lungo. Dopo cinque anni avevo tanto da dire e ho scelto di lasciare ogni singola traccia perché ognuna aveva motivo di esistere e restare in quel mosaico.

Una domanda a Carolina Bubbico direttore d’orchestra: è facile dirigere la Bubbico, oppure è una musicista indisciplinata?
Credo che Carolina sia facile da gestire perché abbastanza disciplinata e rispettosa dell’altro o almeno si impegna perché risulti così.

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

Nella veste di direttore d’orchestra, chi ti piacerebbe dirigere?
Esperanza Spalding, Bobby McFerrin, Bjork, Jacob Collier…grandi artisti di cui amo l’operato artistico e la libertà espressiva.

Come è una giornata normale per te?
Ogni giornata è diversa dall’altra, in questo periodo ogni giorno è un input e una una scoperta. Al momento sono inevitabilmente molto presa dall’uscita di questo nuovo disco quindi il mio coinvolgimento nel quotidiano è molto canalizzato alla buona riuscita di tutto quello che sto seminando. Amo però cercare dei momenti di stacco, di pace e svago. Non sono mai stata una grande studiosa, rendo tantissimo quando sono sotto consegna di qualcosa o quando ho un obiettivo ben preciso. Cerco di osservare il mondo sotto diverse angolature per sorprendermi io stessa anche delle cose che spesso sono sotto il mio naso e do per scontate, cerco di amare ed essere grata a chi mi circonda e provo a migliorare me stessa.

Carolina Bubbico
foto di Lucia Oliviero

Carolina, il Covid-19 e le conseguenze, a tuo avviso, hanno cambiato il rapporto tra pubblico e arti dello spettacolo?
Credo che quello che stiamo vivendo sta cambiando il rapporto tra le persone in generale, una diffidenza fisica aleggia sopra di noi, un timore dell’altro e una certa «distanza». Questo si riversa su tutti i campi e gli aspetti della vita umana incluso il rapporto tra musicisti o tra pubblico e musicisti. Però io voglio essere speranzosa, fiduciosa che usciremo fuori da questa esperienza con la voglia di saper ricostruire qualcosa di nuovo, un nuovo modo di vivere l’altro. Sicuramente c’è una gran voglia da parte del pubblico che viene a vedere i concerti di vivere l’esperienza di ascolto sentendosi coinvolti anche emotivamente e spiritualmente.

Cosa è scritto nell’agenda di Carolina Bubbico?
Al momento sono al lavoro con la promozione del disco e con l’allestimento di uno spettacolo che sarà molto di più di un concerto, uno show dove io e i musicisti giocheremo sul palco mettendoci in comunicazione col pubblico che avremo davanti con tutti gli strumenti a nostra disposizione: suoni, colori, simboli, corpo, parole.
Alceste Ayroldi