Julia, prima di parlare del tuo album «Imagination», vorremmo conoscerti meglio. Dalla tua biografia emerge che sei nata in Siberia, ma sei una globetrotter. Cosa ti ha spinto a vivere in così tante città?
Amo viaggiare, che è anche fonte di ispirazione per me. Quando ti sposti molto, non c’è un posto dove trovi conforto e ciò ti aiuta a crescere, a maturare. Abitualmente mi sposto verso altre città perché mi annoio nel vivere troppo a lungo in un solo posto. E, ovviamente, cerco sempre di vivere in città dove vi sono grandi musicisti che mi attraggono.
Ora dove vivi?
Vivo ad Amsterdam.
Sei mai stata in Italia?
Sono stata in Italia nel 2018. Ho suonato in alcuni concerti a Salerno e Battipaglia, organizzati dal alcuni miei amici musicisti: Pasquale Mandia e Gabriele Pagliano: li avevo incontrati in Romania, perché partecipammo a un contest. Ho trascorso dei giorni bellissimi in Italia! Il pubblico è così accogliente e amichevole e il cibo è veramente delizioso. Spero di tornarci presto.
Inizialmente hai studiato musica classica. Quando hai incontrato il jazz e perché hai deciso di cambiare direzione?
Ho iniziato a suonare jazz a quindici anni. Onestamente, questa musica mi sembrava parecchio complicate, ma allo stesso tempo mi dava una sensazione di profonda libertà. Ho una preparazione classica e di questo sono grata a tutti i miei insegnanti che mi hanno aiutata a imparare i requisiti fondamentali della musica, ma a un certo punto ho realizzato che la musica classica non mi dava l’opportunità di esprimermi pienamente. Ho suonato anche musica pop e mi sono divertita molto suonando anche il sintetizzatore. Così, ho deciso di esplorare il jazz, perché trovo che questi generi musicali abbiano molte cose in comune. Anche se all’inizio è stato difficile, ho sempre saputo ciò di cui avevo bisogno.
A un certo punto hai anche arrangiato le musiche per Taposhi, una pop star del Bangladesh.
Sì, ho avuto l’occasione di lavorare come arrangiatrice per il canale musicale più importante in Bangladesh Gaang Bangla. Sono andata a Dhaka un paio di volte invitata dal mio amico bassista Anton Davidyants per arrangiare le musiche di un progetto denominato Wind of Change. E’ stata un’esperienza interessante, perché la musica era un mix di fusion e quella tipica del Bangladesh e dell’India. Ogni anno Taposh invita alcuni grandi musicisti provenienti da diversi paesi a restare per tre settimane in Bangladesh per lavorare su un bel po’ di materiale musicale. Questo perché hanno bisogno di un musicista professionista che sia capace di arrangiare tutto il materiale che è stato prodotto. Io sono arrivata lì come arrangiatrice, ma in seguito mi sono trovata a suonare al fianco di alcuni straordinari musicisti. Mi auguro che questo progetto riprenda al più presto, non appena la situazione della pandemia migliori.
Quali sono i tuoi riferimenti stilistici?
Ascolto differenti stili di musica. Traggo ispirazione dalla musica classica romantic, come Debussy o Ravel. Mi piace la musica folk: irlandese, Africana, caraibica, orientale. Poi, ascolto alcune band pop e, naturalmente, tanto jazz dal quale traggo ispirazione.
E quali sono quelli concettuali? In pratica, chi è il musicista che ti ispira di più?
Ce ne sono moltissimi. Posso dirne qualcuno: Sergey Rachmaninov, Tigran Hamasyan, Kurt Rosenwinkel, Taylor Eigsti.
Parliamo di «Imagination». Innanzitutto, perché hai voluto questo titolo?
Ho iniziato a comporre le musiche per questo album circa tre anni fa. Poi, ho postato un video su Instagram dove suonavo un frammento di un brano e questo video è diventato molto popolare e amato dai miei follower, che hanno iniziato a scrivere tante e differenti storie che gli venivano in mente ascoltando la mia musica. Cosa che hanno fatto anche con le altre composizioni. Era così interessante leggere i loro commenti. Così, ho realizzato che la mia musica era immaginativa ed è venuto quasi spontaneo attribuire sia il titolo dell’album, che quelli dei singoli brani.
Perché hai voluto suonare da sola?
Ho volute intraprendere questa sfida. Quando suoni da sola il pianoforte, si crea sempre il suono di una band. Almeno per me è così.
C’è una cosa che colpisce, perché era d’uso nel passato: la vendita degli spartiti della tua musica. Hai preso questa decisione perché sai che esiste ancora un mercato?
In realtà, non ne so molto di marketing. L’ho fatto perché me lo hanno chiesto i miei follower. Molti di loro sono dei pianisti e volevano suonare la mia musica.
Quanto è importante l’improvvisazione nella tua musica?
E’ molto importante. Sono una pianist jazz e odio suonare tutto nella stessa maniera. In realtà, non saprei suonare se non potessi improvvisare. E’ come raccontare delle storie a persone differenti. Potrai ricordarti il tema, ma non dirai sempre le stesse cose nella stessa maniera.
Il tuo linguaggio jazzistico è marcatamente europeo e, in particolare, possiamo sentire le influenze euroasiatiche, con la sovrapposizione degli accordi e i registri medio-alti in evidenza. Secondo te, il linguaggio jazzistico europeo è differente rispetto a quello statunitense?
Assolutamente sì. Il linguaggio jazzistico americano è molto più blues e swing, perché sono le radici del jazz. Quello europeo, invece, si basa sulla musica classica, che è parte integrante delle radici musicali dell’Europa.
Qual è stato il processo compositivo che hai seguito per «Imagination»?
Niente di speciale. Probabilmente, ho bisogno del giusto ambiente e delle giuste motivazioni per farlo. In generale, ho un’idea musicale e, quindi, provo a inserire tutti gli elementi giusti per avere il suono che ritengo migliore.
Prima di «Imagination», c’è stato «Revival» con il tuo trio. Ci vorresti parlare di questa formazione?
«Revival» è stato registrato con dei musicisti moscoviti: Sergey Korchagin al contrabbasso e Alexander Kulkov alla batteria. Questi ragazzi sono i migliori musicisti della scena jazzistica di Mosca e sanno veramente suonare ciò che scrivo. Abbiamo suonato in alcuni concerti e festival e anche a Mosca. Ma, da quando mi sono trasferita in Europa, suono con altri musicisti in altre città. Potrebbe sembrare buffo ma, giusto per fare degli esempi, ho creato il Julia Perminova Paris trio e il Julia Perminova Amsterdam trio.
Pensi che la situazione generata dal COVID-19 abbia cambiato la percezione della musica da parte del pubblico?
Non completamente. La gente ha veramente bisogno dei concerti. E spero che la situazione determinato dal COVID-19 migliori presto. Noto che ci sono diversi concerti sui social e, in generale, su Internet che non sono diventati così popolari.
Qual è il tuo rapporto con le tecnologie?
Potrebbe essere migliore, ma cerco di essere aggiornata sulle nuove tecnologie sia nella musica e sia nel marketing
A proposito di ciò: sei una giovane musicista. Quali sono le tue tecniche di marketing?
Uso principalmente Instagram e Facebook. Ci sono molte strade per aumentare il proprio pubblico e promuovere la musica attraverso questi social. Anche se diventa sempre più difficile, giorno dopo giorno, perché molta gente vuole promuovere se stessa da quando la pandemia ha stabilito le restrizioni. Sono sempre attenta a conoscere le novità circa i metodi per potersi promuovere. Per adesso, so che gli hashtag possono portati nuovi follower e i reel su Tik Tok funzionano bene. Non avrei mai pensato di usare i social network così tanto, ma il COVID-19 mi ha spinto a farlo. Dobbiamo tenere a mente che, altrimenti, la gente che è addentro a queste tecnologie potrebbe prendersi la nostra vita. Non sono a mio agio quando le utilizzo, ma so che devo usarle. Anche l’aver pubblicato il mio nuovo album senza una casa discografica alle spalle, mi ha spinto a imparare un sacco di cose: scrivere email a varie riviste o emittenti radiofoniche e ha funzionato bene.
Cosa è scritto nell’agenda di Julia Perminova?
Ho alcuni concerti ad Amsterdam e a Mosca quest’estate. Sto terminando il master presso il Jazz Institute di Berlino, dove suonerò il concerto conclusive. Inoltre, sto pianificando il mio nuovo disco con il mio trio di Amsterdam e, dopo, spero di poter organizzare un tour in Russia, se la situazione migliora.
Alceste Ayroldi