Benvenuta a Musica Jazz Margherita. Come è nato il Flowing Chords e con quali finalità?
Siamo nati nel 2016, anno in cui abbiamo registrato Scarborough Fair Canticle di Paul Simon & Art Garfunkel, il mio primo arrangiamento per coro, che avrei dovuto portare alla mia tesi di laurea in Composizione di Musica da Film che ho preso al Saint Louis College of Music. In quegli anni incontrai nella classe di coro Pop di Diego Caravano alcuni dei cantanti con cui mettemmo su i Flowing Chords, cominciammo a registrare video e a lavorare sul repertorio. La finalità fin da subito è stata quella di voler sperimentare.
Immagino che in questi anni di attività ci siano stato un avvicendarsi dei cantanti che lo compongono. E immagino anche che tu abbia avuto dei feedback da parte di coloro i quali hanno lasciato il coro, nel bene e nel male. Quali sono stati i commenti a posteriori?
Ci sono stati tanti progetti a cui abbiamo partecipato durante questi anni: collaborazioni con artisti italiani e internazionali, produzioni nostre o interscambi culturali; tutte queste esperienze ci hanno arricchito pur necessitando di tanto sforzo e abnegazione, cosa che a lungo andare nel lavoro di gruppo può portare all’accumulo di insoddisfazioni e stanchezza nel singolo. Siamo organizzati in modo tale che ad alcuni di noi competano determinate responsabilità in modo tale da garantire chiarezza a tutti su cosa stiamo facendo, perché e in che modo. C’è però da tenere in considerazione che alle volte alcune tempistiche possono essere molto urgenti da gestire: c’è molto lavoro da fare in poco tempo e magari il numero di persone richieste è inferiore al nostro numero, quindi spesso è doloroso ma si deve fare una cernita tra le persone che possono più o meno partecipare ad un’iniziativa. Diciamo che i sacrifici sono tanti e spesso possono non portare ad una soddisfazione individuale, dunque è capitato che ci siano state persone che ad un certo punto hanno scelto di non continuare.

Francesca Pugliese
Elisa Tronti
Laura laccetti
Massimo Cantisani
Con quale criterio selezioni i componenti del coro?
A parte i fondatori, ovvero: Flaminia Lobianco, Francesco Sacchini, Elisa Benedetti, Alessandra Formica, Francesco Angiolini, Lisa Fiorani, con cui ormai siamo legati da stretta amicizia (e credo a questo punto che ci siamo scelti a vicenda), la versatilità e l’affidabilità sono importantissimi per poter continuare. Per chi entra di solito ho bisogno di un po’ di tempo per capire la velocità nella lettura e la musicalità che si riesce ad esprimere all’interno del coro. E’ necessario essere elastici, fantasiosi e preparati, ma tante cose si scoprono lavorando, cantando e condividendo insieme.
C’è un riferimento storico, in particolare, al quale il Flowing Chords si ispira?
Da piccola ero fan sfegatata dei Neri per Caso. Sono cresciuta a suon di «tichiti» e «watchamanna», incontrare Diego Caravano al Coro del Risuonare del Saint Louis fu un colpo al cuore all’epoca. Per il resto, la ricerca di nuove sonorità credo possa spaziare dallo strumento corale. Si può trarre ispirazione da qualsiasi cosa possa suscitare curiosità o un piccolo turbamento.

Flaminia Lobianco
Margherita Flore
Valeria Piccolo
Francesco Polucci
Parliamo dell’ultimo lavoro discografico «18-22». Con quale criterio hai/avete selezionato i brani che formano l’EP?
I brani selezionati sono la raccolta di alcuni degli arrangiamenti realizzati a partire dal 2018 al 2022. Una delle cose che ci caratterizza è che tutti i brani che cantiamo sono di mia rielaborazione, quindi diciamo che questo disco è un po’ un riassunto di questi ultimi anni insieme. Nel 2019 uscì «When We Fall Asleep» di Billie Eilish da cui abbiamo preso Bury a Friend. Quest’album per me è un passaggio verso una sonorità completamente inedita e com’è stato per Tourniquet brano dei Tesseract (Polaris, 2015), è stato il significato del testo a guidare la creazione dell’arrangiamento. Mi rendo conto che il disco non abbia alcuna coerenza dal punto di vista di genere: passa da un pop angosciante al folkloristico, al soul e l’ r&b. Il processo di riarrangiamento per coro per me è sempre una buona scusa per poter riordinare le cose, e ripensarle da un altro punto di vista.
La vostra versione di Bury a Friend di Billie Eilish colpisce per il fatto che mantiene la stessa, identica propulsione ritmica dell’originale. Quanto avete lavorato prima di arrivare alla «perfezione» dell’originale?
Il brano a detta dell’artista è ispirato alla storia di Babadook, film horror australiano sul tema della depressione. L’artista identifica se stessa come il mostro che vive sotto il letto, la parte più oscura che va nutrita e contenuta, mai ignorata, accolta ma tenuta a distanza. Quando ho arrangiato questo brano ho chiesto ai coristi di legarsi a delle emozioni negative nella ricerca di suoni che si associano a degli stati d’ansia, di panico, di sgomento. E’ stato più un lavoro teatrale che canoro. Questo brano è un’occasione per lasciare andare delle emozioni che siamo abituati per la maggior parte delle volte a reprimere: è giusto accoglierle invece, lasciarle scorrere e andare avanti. Su questo Billie Eilish è un’artista grandiosa che riesce ad andare veramente a fondo in tematiche spesso scomode come la salute mentale o le relazioni di potere.

Brian Riente
Nausicaa Costanzo
Valentina Pedron
Margherita Silvestrini
Ci sono alcune partecipazioni di solisti nell’album. Ritieni che sia fondamentale, oggigiorno, il c.d. featuring?
Sia il medley di Davide Shorty che Come ti pare di Serena Brancale sono state arrangiate perché mi e ci piacevano tantissimo i brani e gli artisti che le hanno scritte e cantate e che, poi, magicamente hanno cantato con noi. Conobbi Davide una volta (ero una sua fan), prima che uscisse «Straniero» (con la Straniero band) di cui avevo sentito qualche anteprima, poi andai ad una sua sessione dal vivo raccolsi il coraggio e gli proposi di fare una versione a cappella con noi di Se Solo ti lasciassi andare un po’, gli mandai il provino e gli piacque. Venne poi come ospite al release party del nostro EP «Flowing Chords» insieme ad Ainè, quindi poi dopo il concerto decidemmo di registrare il brano in studio. Con Serena accadde una cosa simile: cantammo al suo release party di Vita da Artista e per l’occasione arrangiai tre brani suoi per coro, poi registrammo in studio Come ti pare.
Come agisci dal punto di vista degli arrangiamenti?
Difficile a dirsi. Prendo quello che è necessario dall’originale per far sì che la canzone sia riconoscibile; quando incontro degli ostacoli o mi viene in mente qualcosa di diverso faccio qualcosa di nuovo, poi seguo quello che esce. Comunque è più la scelta della canzone la cosa difficile rispetto all’arrangiamento. Sicuramente nella scelta dei brani da eseguire davanti ad un pubblico c’è da capire dove sei e con chi vuoi parlare. Ci sono tante cose nel nostro repertorio che appartengono ad un periodo, una parte più spensierata, l’altra più impegnativa. Nel 2019 è uscita Euphoria della HBO, serie di Sam Levinson che tratta di relazioni disfunzionali, dipendenza da sostanze e relazioni, traumi e tentativi di felicità. Labyrinth in questa serie ha fatto un lavoro eccezionale nello scrivere delle canzoni che sono dei pugni nello stomaco. Ho riarrangiato per coro You Know I’m Tired e All for Us.

Elisa Benedetti
Adriano Meliffi
Lisa Fiorani
Rachele Biliotti
Nel coro Flowing Chords vige il principio democratico nelle scelte artistiche?
Diciamo che per ora ci siamo trovati sempre d’accordo con le proposte che sono arrivate da altri, e da quelle che faccio io al coro. Si creano diverse opzioni durante l’anno, eventi che vengono progettati. C’è un consiglio direttivo in cui ci occupiamo di prendere alcune decisioni gestionali, capisezione che raccolgono le adesioni. Però sì, ci siamo riuniti per scegliere insieme la scaletta dei brani da inserire nel disco. Decisioni così importanti le prendiamo insieme.
Perché nel vostro repertorio non ci sono ancora brani originali?
In Flowing Chords (il nostro primo EP) c’è La ragazza di vetro, scritto da Marta Iacoponi che è stata nostro soprano fino a tre anni fa. Diciamo che finora non è stato ancora il tempo giusto. Si vedrà.
Portare in giro un coro è particolarmente dispendioso, soprattutto per chi vorrebbe ospitarvi. Avete messo appunto qualche strategia in proposito?
Abbiamo un’APS da un paio d’anni con cui stiamo cercando di ottenere qualche incentivo statale.

Giorgio Balestra
Antonio Manzi
Alessandra formica
A tal proposito, pensi che lo Stato possa/debba fare qualcosa di più per i cori che non fanno parte delle fondazioni lirico-sinfoniche?
I finanziamenti ci sono e per gli spettacoli sono anche parecchi da quello che leggo sui portali, il problema come dici tu è come arrivare a certi finanziamenti quando si è una piccola realtà come la nostra. Per nostra fortuna siamo appoggiati dal Saint Louis College of Music che ci co-produce e ci ospita per le prove, ma siamo iscritti anche a Chorus Inside che è una rete nazionale corale che ci sostiene per essere aggiornati sul FUS e sulle gare annuali, ma come dire, è sempre tutto molto difficile.

Francesco Sacchini
Francesco Angiolini
Roberto Cataldi
Margherita, quali obiettivi vi siete dati ed entro quali tempi?
Di obiettivi a lungo termine non ne abbiamo parlato al momento. Dopo il covid sono cambiate molte cose per tutti. Siamo tutti musicisti all’interno del coro e lavoriamo con la musica. Il mio sogno sarebbe un tour europeo con i Flowing Chords entro questi 10 anni, ma so che dobbiamo lavorare parecchio per tutto ciò quindi, tempo al tempo, dai.
Melodia, armonia, ritmo. In proporzione, quale di questi tre elementi condiziona maggiormente il risultato del Flowing Chords?
Dovessi scegliere direi melodia, ma credo che la risposta giusta non sia fra queste tre ma sia «energia».
Avete numerose collaborazioni. In tali casi, il coro si adatta alle esigenze dei solisti, ritengo. Quali sono le difficoltà di compatibilità e come riesci a superarle?
L’ascolto è la base su cui si costruisce un coro. Su questo devo dire che sia per le esperienze che abbiamo in comune, sia per la loro bravura, i Flowing Chords in quanto coristi, e da questo me ne tiro fuori, sanno capire il contesto in cui si trovano e con chi stanno cantando. E poi, tralasciando la questione del nome, dell’importanza che magari l’ambiente da all’artista in questione con cui stiamo collaborando, si crea sempre una piccola dimensione ad ogni nuovo incontro, sempre diversa. L’ultima che abbiamo condiviso insieme è stata con Nuka Alice, un’artista groenlandese compositrice di Inuit Drum Song: è importante capire il contesto, come aiutarsi a cantare insieme e quali sono i limiti oltre i quali non puoi andare. La mia grande sicurezza sta nel fatto che c’è un tale livello di familiarità tra di noi per cui il “non detto” spesso è abbastanza per cantare meglio.
Margherita, dirigere un coro era un tuo obiettivo artistico della prima ora?
Assolutamente no, ho cominciato a dirigere perché ho cominciato ad arrangiare per loro. L’incontro con il coro è stata una casualità. Di questo devo ringraziare il Saint Louis e l’incontro con il Coro del Risuonare.
Quali sono i vostri prossimi obiettivi e impegni?
Il 21 ottobre canteremo al ventennale dei Nanowar all’Alcatraz di Milano, a dicembre abbiamo un paio di date natalizie e in inverno vorrei mettere su un tributo corale a Sting su If On a Winter Night.
Invece, quali sono i tuoi personali prossimi obiettivi e impegni?
Sto seguendo un Master ad Aalborg in Innovative Choir Direction, basato sulla tecnica del Vocal Painting di Jim Daus Hjernøe, di cui sono assolutamente entusiasta e non vedo l’ora di riportarla qui a Roma ai miei studenti e ai Flowing Chords. Nel frattempo siamo quasi in uscita con il disco di Sacchini (tra l’altro caposezione dei Flowing Chords) con cui ho scritto e di cui ho seguito la produzione. Stanno per ripartire i corsi al Saint Louis di Arrangiamento a cappella, di Coro Pop e Pratica di sala.
Alceste Ayroldi