Una voce potente, di quelle che non si dimenticano. Eccellente compositrice che mette insieme soul, funk, gospel, blues con estrema scioltezza. Di base in Inghilterra, ha iniziato la sua carriera da solista nel 2017.
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La tua musica racchiude molti stili e generi: blues, soul, ma anche funky, disco, tracce di jazz. Dove e come nasce il tuo sound?
Sono cresciuta ascoltando soul, Motown, tutti i grandi cantanti afroamericani degli Sessanta e Settanta e sono rimasta profondamente ispirata dal timbro delle loro voci, dalla potenza e dall’emotività pura che non avevo mai sentito da nessun’altra parte. Credo che la mia musica sia sempre basata sul soul, anche quando mi immergo in altri generi musicali.
Chi sono i tuoi artisti di riferimento?
Otis Redding, Aretha Franklin, Bill Withers, Donny Hathaway, George Harrison, Van Morrison.
I tuoi album hanno sempre un filo conduttore. «A Good Woman», il tuo ultimo disco, è del 2023. Quali temi esplori in questo lavoro?
«A Good Woman» è un album che nasce dalle mie esperienze personali e da quelle delle donne a me care, tra amiche e familiari. Racconta di come spesso le donne vengano etichettate nella società e nell’industria musicale, costrette a lottare ancora di più per essere riconosciute o per affermare la propria identità senza dipendere dall’attenzione degli uomini. Questo progetto è una vera e propria lettera d’amore rivolta alle donne sotto molteplici aspetti: a quelle che hanno rappresentato per me una fonte inesauribile di ispirazione e al profondo rispetto che ho imparato a coltivare per me stessa, soprattutto a trent’anni, quando finalmente ho trovato il mio posto nell’industria musicale.

(Credit James Hole)
Sarai presto in Italia, a Reggio Emilia, per il Mundus Festival. Qual è il tuo rapporto con il pubblico italiano?
Adoro l’Italia! Non ho avuto il piacere di fare molti concerti in Italia, ma il pubblico che ho incontrato è sempre stato appassionato e accogliente. Mia madre è napoletana, quindi un po’ del mio cuore appartiene all’Italia.
Parlando delle tue composizioni, per iniziare hai bisogno di idee concrete o di una visualizzazione dell’opera finita?
Scrivevo in quel modo, ma ora ho molta più fiducia nel processo creativo. Vedo le canzoni come creature speciali che scelgono di emergere quando vogliono, prendono forma davanti ai tuoi occhi e, se sei fortunato, riesci a fissarle. Più invecchio, più vedo la magia nel processo creativo e cerco di controllarlo il meno possibile.
Ho letto che uno dei tuoi brani preferiti è Hymn of Freedom di Oscar Peterson. Cosa ti colpisce di più di questo brano?
È una canzone straordinariamente potente, specialmente considerando il ruolo di sostegno che ha avuto durante il movimento per i diritti civili. La ascoltai per la prima volta intorno ai quattordici anni e rimasi colpita dal suo mix di malinconia e speranza, trasmesso dall’evolversi degli accordi. C’è una grandiosità in quella progressione, un senso di orgoglio che cresce e arriva a toccare profondamente l’anima.
Tuo nonno era un pianista jazz. Quanto ha influenzato la tua visione della musica?
Mio nonno era un uomo di grande gentilezza, e conservo ricordi teneri di lui seduto al pianoforte, intento a suonare brani di Fats Domino e Fats Waller, completamente immerso nella musica. Sono cresciuta in una famiglia molto vivace e adoravo vedere come, grazie al pianoforte, riuscisse a trovare un momento di pace. Credo che per me sia lo stesso: posso perdermi per ore intere mentre suono.
Quali criteri segui per scegliere i musicisti con cui collaborare?
Ottima domanda. Ho il privilegio di suonare con alcuni tra i migliori musicisti e cantanti del Regno Unito. Se devo rispondere, direi che la qualità più importante in una band è la generosità: generosità nel mettere a disposizione il proprio talento e la propria musicalità, nell’ascoltare davvero ciò di cui gli altri hanno bisogno e, soprattutto, nel mettere al primo posto ciò che serve alla canzone, anziché il proprio ego. I musicisti e i cantanti con cui collaboro sono anche persone di grande gentilezza, che si sostengono e si prendono cura l’uno dell’altro. Non conta solo la musica, ma anche il valore di condividere il tempo insieme.
Hai sempre voluto essere un musicista? Se non fossi stata un musicista, quale professione avresti voluto fare?
Ho sempre avuto una grande passione per la musica, anche se per un periodo ho dubitato che ne sarebbe mai diventata la mia strada. Nel frattempo, ho studiato per diventare dialect coach e ho avuto l’opportunità di lavorare con attori sia in televisione che a teatro. In un’altra vita, invece, mi sarebbe piaciuto dedicarmi alla cura degli animali “trovatelli”.

(Credit Kenny McKracken)
Il mondo è in fiamme a causa di tante guerre. Secondo te, qual è il ruolo dell’artista in questo momento storico?
Siamo in un momento cruciale della storia. Ogni parola e azione che usiamo come esseri umani e come artisti è importante. Gli artisti sono essenziali per continuare a farci sentire i nostri sentimenti più forti e non disconnetterci l’uno dall’altro. Connettersi l’uno con l’altro ed evidenziare l’empatia e la compassione contro ogni probabilità è tutto ciò che ci salverà dall’estinzione.
Quanto sono importanti i social media nella tua carriera di artista?
Non trascorro molto tempo sui social media, e spesso mi sento in lotta con essi! Tuttavia, rappresentano uno strumento fondamentale per entrare in contatto con i fan e condividere momenti della propria vita.
Immagino che tu sappia che sono già stati prodotti diversi brani creati dall’intelligenza artificiale. Cosa ne pensi?
Ieri ho visto un video di Rick Rubin in cui parlava di come le persone cerchino nelle canzoni degli artisti un modo per esprimere la propria visione del mondo. Nonostante il grande successo dell’intelligenza artificiale nella creazione musicale, essa non potrà mai cogliere appieno le sfumature dell’esperienza umana. Sono convinta che l’IA non riuscirà mai a spezzarti il cuore durante un concerto dal vivo.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Quest’anno ho scritto e ultimato il prossimo album, di cui sono davvero entusiasta, e entreremo in studio a settembre.
Alceste Ayroldi