Xtc: il grande cocomero

di RIccardo Bertoncelli

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Anziché deliziarci con musica nuova all’altezza della sua fama, Andy Partridge cura l’orto dei vecchi nastri. Peccato, anche se poi vengono frutti dolci come questa nuova edizione remasterizzata di «Drums And Wires».

Uno dei più intelligenti e originali musicisti della nostra epoca abita in semipensionamento (il «semi» è un pietoso eufemismo) nella cittadina di provincia dove ha sempre vissuto – Swindon, Wiltshire, Gran Bretagna. Il (semi)pensionato si chiama Andy Partridge e dietro il suo profilo paffuto e gli occhialini da professore c’è il fondato sospetto che si nascondano a) un formidabile distratto, b) un bugiardo patentato, c) un efferato omicida. Le tre ipotesi sono strettamente connesse. Il signor P e la sua creatura musicale, gli Xtc, sono stati per un ventennio una delle band più apprezzate e di culto della scena britannica, con un’energia rock e una finezza pop che hanno spinto più d’uno a delirare il nome dei Beatles. Avrebbero vinto sicuramente uno dei più ricchi premi della lotteria discografica sempre in corso, se non fosse che il disattento Partridge a un certo punto smarrì il biglietto vincente e non si diede pena a ritrovarlo. Lui e i suoi amici (quanto «amici» vedremo subito) pubblicavano da sempre per la Virgin, l’etichetta di Richard Branson quando il miliardario era uno stravagante musicofilo e non l’astronauta di oggi; ma la soffrivano a tal punto che, dalle parti dell’estrazione che dicevamo, inscenarono un vero e proprio «sciopero discografico» per sciogliersi da quel vincolo. Liberi da quei tiranni rompiscatole, giuggiolava Partridge, gli Xtc avrebbero spaccato il mondo, con dischi a raffica e mirabolanti extra progetti. Il braccio di ferro durò sette anni, la Virgin lo perse ma in compenso gli Xtc persero il biglietto di cui prima e buona parte della notorietà; con l’aggravante che nella nuova vita finirono per pubblicare giusto un paio di nuovi cd palliducci e molta inutile chincaglieria, gettando i fans nel più cupo sconforto. Non contento, o forse sadicamente felicissimo, Partridge completò l’opera distruggendo la sua stessa creatura, ispirato da Agatha Christie e dal metodo di Dieci piccoli indiani; in origine gli Xtc erano in quattro, poi in tre, poi in due, alla fine è rimasto solo lui, cattivo come il Robert Mitchum di La morte corre sul fiume ma con il sorrisino candido di Peter Sellers in Oltre il giardino.

Come tutti i (semi)pensionati che si rispettino, Partridge passa le giornate curando l’orto. Nel suo non crescono fagiolini o rabarbari ma deperibili files, che il più delle volte il pensionato estirpa, e vecchi nastri magnetici, che vengono invece coltivati con amore. È il passato che ritorna, quando appunto gli Xtc erano in auge, aristocratici del rock più raffinato, sangue del sangue dei Lennon-McCartney o dei fratelli Davies. Questi nastri sono il trait d’union tra il pensionato e il mondo; non l’unico, perché ogni tanto Partridge lascia filtrare anche qualcosa delle sue nuove creazioni, ma certo il più importante, perché le novità non sono mai gran cosa, e svaniscono rispetto al passato, e sembrano fatte apposta per diradare la già decimata schiera degli estimatori.

Xtc «Drums nd Wires»
Xtc «Drums nd Wires»

Abbiamo parlato di fagiolini e rabarbari, ma non è il raccolto di oggi. Oggi l’orto del signor P offre piuttosto una cucurbitacea, un imponente cocomero che ben si può definire «storico»: «Drums And Wires», riproposizione in cd + dvd audio di un album cruciale degli Xtc, quello che nel 1979 diede fiato alla band, nata da poco ma già in debito di ossigeno. Come già per un altro cocomero monumentale, «Nonesuch», estratto dall’orto un paio d’anni addietro, il signor Andy si è appoggiato a Steven Wilson, il più grande e appassionato agronomo di musica Brit anni Settanta, che ha sottoposto l’ortaggio a un modernissimo trattamento in stereo e 5.1 surround sound, arricchendolo della solita fila di alternate takes che in casi del genere non mancano mai. Il pensionato è molto fiero del risultato e ne ha ben donde, e non solo per i nuovi concimi digitali. Sono le dodici canzoni dell’originale a spiccare ancora oggi, trentacinque anni dopo, con la loro forza maliziosa e il gusto acidulo di una musica non concepita per accarezzare i sensi ma per grattare i nervi, per scuotere, disturbare e spingere via con un calcio la seggiola di un ascolto rilassato.

«Drums And Wires» nacque nel 1979 sull’onda di uno choc, l’abbandono del tastierista Barry Andrews, che aveva condizionato il suono dei primi due lp con il petulante bla bla del suo organo – «that nutty baroque space music», per dirla come il signor P. Gli abbandonati la presero sportivamente («Quando se ne va un tastierista si dice sempre che lo ha fatto d’accordo con gli altri: sono i chitarristi che vengono licenziati. Comunque in tre stiamo benissimo») ma tremarono all’idea che la festa appena cominciata fosse già finita. La paura suggerì coraggio; anziché cercare un nuovo tastierista gli Xtc ingaggiarono un chitarrista, e molto bravo, molto serio, Dave Gregory, peraltro non il tipo ideale per una band che in tanti equivocavano per «punk». Il nuovo acquisto si rivelò subito prezioso, come trait d’union fra i due mercuriali leader, Andy Partidge e Colin Moulding, ma fu in studio soprattutto che offrì il contributo migliore, sveltendo il suono, rendendolo nel contempo elastico e leggero, senza più la crepitante graticola dell’organo. Il rock degli Xtc rifiorì nello splendore della sua malizia, disegnato dalla voce del leader e dai ricami stretti di Terry Chambers, il batterista, cui Partridge aveva riservato un ruolo fondamentale: cassa profonda, i piatti che scoppiavano a un dito dall’orecchio, il sogno era quello di un album esplosivo per cui Andy aveva escogitato il titolo di «Boom Dada Boom», ispirandosi all’immagine di un noto fumetto. Il noto fumetto aveva però pretese di copyright e si dovette ripiegare su altro; finendo per confessare già in copertina la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità – la materia di quella musica, stringi stringi, era «batteria e fili».

Steve Lillywhite, il produttore non ancora in odore di santità U2, tradusse bene quei desideri in suono, aiutato da un altro grande stilista di pop rock, Hugh Padgham. Ma non sarebbe giusto insistere più di tanto sulla produzione. Era il repertorio che valeva, e vale ancora: filastrocche impastigliate come Helicopter, Real By Reel, Scissor Man, brani di lunatica soavità come Millions, dove Gregory con naturalezza vira all’acustico, fino a una ballata selvaggia come Complicated Game, pezzo fra i più trascurati e pure affascinanti, che Partridge ferocemente affronta con tutto un catalogo di balbettii, parole soffocate, singhiozzi, fino alla masticazione del microfono, all’urlo primordiale che è il suo pezzo forte. Belle canzoni, e anche singoli di successo; e siccome il dio del rock è perfido, la maggior parte dei brani li scrisse Partridge ma i 45 da classifica li indovinò Moulding, prima Life Begins At The Hop e poi Making Plans For Nigel, nel cui testo si racconta dell’eterno conflitto fra le aspettative dei genitori e le scelte dei figli – una storia assolutamente vera per il giovane Colin. Making Plans fu il primo hit distintivo degli Xtc nonostante la sua andatura sbilenca, o forse proprio per quella. Vuole la leggenda che Partridge avesse in mente una certa sequenza e la suggerisse a Chambers, ma il batterista si confuse e fece giusto il contrario. Ne venne quel ritmo sospeso tanto intrigante che contribuì alla fortuna del pezzo.

«Drums And Wires» cambiò la vita agli Xtc, che da quel momento vennero riconosciuti come una delle band più originali della scena e seguitando anche meglio: «The Black Sea» e «English Settlement», ne consolidarono il culto. Ma godersi il successo non era destino per l’irrequieto tormentato Andy, che prima impose alla band il ritiro dalle scene (ultimo show a Genova, 1982) e poi rallentò il passo discografico incartandosi con i suoi malumori, fino ai silenziosi omicidi dell’età matura. Oggi ha sessantun anni e come abbiamo detto si è pensionato, chissà quanto felice di avere un grande avvenire dietro le spalle. Se qualcuno capita a Swindon vada a trovarlo e glielo dica, che i cocomeri sono buoni ma ci piacevano di più le friandises e la piccola pasticceria di cui un tempo era maestro. In qualche cassetto della sua complicata mente il signor P dovrebbe avere conservato le ricette, forse nello stesso ripiano dove un giorno depose il biglietto vincente della lotteria. Se mai gli verrà voglia di recuperarle, ne saremo solo contenti.

Riccardo Bertoncelli

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