Glenn Ferris ritorna a suonare live con una data al Barbizon di Parigi e per l’occasione lo siamo andati ad ascoltare. In agosto aveva partecipato ad una data a Vetulonia, in provincia di Grosseto, con il suo Italian Quintet, un gruppo molto interessante completato da Mirco Mariottini, Giulio Stracciati, Franco Fabbrini e Paolo Cordi. Insieme hanno inciso un disco per l’etichetta Improvvisatore Involontario (recensito sulle pagine della nostra rivista da Giuseppe Piacentino nel febbraio del 2019) e si apprestano a darne uno alle stampe per inizio 2024 per un’etichetta americana. Purtroppo l’attività concertistica del gruppo è stata molto penalizzata dalla pandemia e ci sono state poche occasioni per suonare in festival e club.
In quel periodo lo stesso Glenn Ferris ci ha raccontato di come si fosse concentrato sull’autoproduzione di tre dischi in solo, denominati “Home Made Sessions”, nei quali oltre a suonare e registrare la musica si è anche occupato della creazione del design e del packaging dei tre volumi usciti in cd. Questi lavori che raccolgono un insieme di brani che spaziano da Duke Ellington a John Lewis passando per Chris McGregor, possono essere richiesti direttamente al musicista tramite la sezione contatti del suo sito web.
Per la data parigina del Barbizon, un angusto ex cinema convertito in jazz club da circa tre anni, Ferris ha presentato la propria musica spalleggiato dal suo Newtet, un ensemble composto da lui medesimo al trombone, armonica e fischietti, l’italo americano Michael Felberbaum alla chitarra, Bruno Rousselet al basso elettrico e Jeff Boudreaux alla batteria.
Il concerto si è svolto in due set, nei quali Ferris ha avuto modo di esplorare tutta la storia del jazz pescando brani di qua e di là, con una disinvoltura e padronanza che pochi musicisti al giorno d’oggi possiedono. Infatti si è avuto modo di passare da Bix Beiderbeck ad Eric Dolphy, attraverso brani di Strayhorn e Ellington, fino ad arrivare a Monk ed perfino ad un’incursione nel reggae con War, resa celebre da Bob Marley. Intervistato dopo il concerto sulla sua capacità di poter suonare indifferentemente qualsiasi stile ad altissimo livello (una qualità che a dire il vero era già evidente nel suo disco d’esordio come leader “A Live in Paris With Collectif Planéte Carreée” uscito nel 1980), Ferris si è lasciato andare ad un sorriso sornione e commentando in tutta semplicità che non poteva essere in disaccordo con questa affermazione.
Non sono mancati anche brani originali, in particolare uno molto riuscito di Felberbaum, dove le atmosfere ricercate riportavo al migliore Abercrombie degli anni ECM, mentre altri brani vedevano una presenza preponderante del basso elettrico, un modo di suonare inventato da Jaco Pastorius
Insomma un vero e proprio tour de force, in grado di coinvolgere un ampio pubblico grazie ad una proposta musicale ampia e di ottima fattura. Un concerto lontano dal mainstream moderno ma mai troppo sbilanciato su atmosfere molto informali e per questo davvero piacevole da seguire nel suo svolgimento. Ci auguriamo che ci possano essere presto altre occasioni per assistere alle performance live di questo meraviglioso artista, propiziate anche dall’imminente pubblicazione del nuovo disco.
Francesco Spezia
Foto di Francesco Spezia