Umbria Jazz 2023: arrivederci all’anno prossimo

Rosarita Crisafi ci accompagna per l'ultima giornata di Umbria Jazz 2023, sabato 15 luglio. Tiriamo le conclusioni di questa 50esima edizione.

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Umbria Jazz, giunto al giro di boa del mezzo secolo, volge al termine ed è già tempo di bilanci. Siamo in treno sulla via del ritorno che già iniziano ad arrivare i primi comunicati stampa: presenze record e festival in ottima salute, dicono, un’edizione caratterizzata dal tema della “forma canzone”, e “anche tanto jazz”. E forse, diciamo noi, in quel “tanto jazz” (mai abbastanza, visto che è un festival jazz), si è scattata una fotografia dello stato dell’arte del piano trio, interpretata in modo diverso ma ugualmente magistrale da tre formazioni: il trio di Brad Mehldau, quello di Pérez, Patitucci e Cruz e dal trio di Kenny Barron, che abbiamo ascoltato nel pomeriggio di sabato 15 luglio. In un torrido Teatro Morlacchi, il pianista di Filadelfia si è esibito nel suo primo concerto dopo essere stato nominato miglior pianista jazz nell’annuale referendum indetto fra i critici dalla rivista DownBeat, con il fedele contrabbassista Kiyoshi Kitagawa e, al posto di Johnathan Blake, storico componente del suo trio ma adesso impegnato con Bill Frisell, alla batteria c’è Savannah Harris, altra sorpresa del festival.

Barron è classicamente perfetto, impeccabile, magistrale, monumentale nella sua semplicità. In questo trio c’è tutto: swing assoluto, fraseggio, virtuosismo, giochi ritmici, citazioni, dinamiche, una spiccata sensibilità melodica e una fantastica costruzione narrativa degli assoli che, brano dopo brano, tengono tutti incollati alle poltroncine di velluto del Morlacchi, nonostante le temperature ormai fuori controllo e l’umidità tropicale. Un’ora e mezza di concerto in cui i musicisti, sia pur sofferenti per il caldo, non si sono risparmiati, ed è stata una meraviglia. Anche qui, a dirla tutta, domina la forma canzone, ma nel suo significato jazzistico. Apertura con How Deep Is the Ocean suonata a tempo medio, per poi transitare al tempo veloce di New York Attitude, con il contrabbasso pulsante di Kitagawa che rincorre le melodie di Barron anche nel registro più acuto, ne suggerisce di nuove e regala poi un fantastico assolo a bicordi, e la batteria della Harris che sottolinea ogni passaggio in modo sottile, perfette dinamiche e grande senso dello swing. Si passa poi a Aquele Frevo Axè di Caetano Veloso, al complicato Shuffle Boil di Thelonious Monk, compositore particolarmente caro a Barron che si ritaglia poi una magnifica parentesi in piano solo con l’originale Song for Abdullah, dedicata ad Abdullah Ibrahim. Si volge verso la fine con un ritmo di calypso per chiudere con la delicata composizione originale Cook’s Bay. Per il bis, acclamatissimo, Barron sceglie The Surrey with the Fringe on Top, tratta dal musical Oklahoma e accolta da un’ovazione finale.

In teatro, ci sono diversi musicisti: avvistiamo in particolare Rashaan Salaam, il batterista degli Shakes di Michael Mwenso, la folle resident band rivelazione di Umbria Jazz (di cui abbiamo scritto nei giorni scorsi), che in serata farà scatenare migliaia di persone in Corso Vannucci. Arrivato al Morlacchi con il collega trombonista Ahmad Johnson, capigliatura rasta e cappello in finta pelliccia stoicamente mantenuto in testa nonostante il clima tropicale della sala, ascolta il concerto con concentrazione ed esprime apprezzamento con convinti “yeah” di soddisfazione rivolti soprattutto alla batterista. “Kenny Barron è uno dei più profondi e intensi musicisti di jazz viventi. È la prima volta che lo ascolto dal vivo ed è stato un concerto magnifico” dice Salaam. Gli chiedo cosa ne pensi della batterista, “Savannah è fantastica, la conoscevo già, lei suonava nella band in cui suono io adesso ed è interessante la connessione”. Una connessione davvero inaspettata vista la distanza tra i due progetti, ma si tratta in ogni caso di “Black american music”, come mi suggerisce Salaam. Teniamola d’occhio.

Sabato 15 luglio è stata anche la giornata del chitarrista e sperimentatore di suoni Marc Ribot, protagonista di due avventurosi e interessantissimi set, a mezzogiorno e nel primo pomeriggio alla Sala Podiani della Galleria Nazionale dell’Umbria. In serata gli ha fatto da contraltare Bill Frisell, protagonista del concerto al Teatro Morlacchi, in quartetto con il sassofonista Greg Tardy, il pianista Gerald Clayton e Johnathan Blake alla batteria.

Gran finale e grande soirée all’Arena Santa Giuliana, gremita e con il palco vestito a festa con una grande tenda a balze come quelle dei tabarin, per il concerto di Paolo Conte. Lo chansonnier astigiano ha già più volte partecipato al festival: di lui, si ricorda l’esordio nel 1984, quando si esibì sul palco di piazza IV Novembre con la Doctor Dixie Jazz Band, tra i cui solisti c’erano anche Renzo Arbore e Pupi Avati. E anche quest’anno, dopo il successo del concerto evento alla Scala dello scorso febbraio, il ritorno di Conte a Umbria Jazz è stato accolto da una celebrazione collettiva. Al centro dello spettacolo ci sono il suo carisma e le sue canzoni vestite di jazz. L’orchestra (o forse l’orchestrina, come direbbe lui) che dirige per gran parte del concerto dietro a un paio di occhiali gialli alla Blues Brothers, assomiglia ai testi delle sue canzoni, un cabinet of curiosities da cui estrae differenti colori. Nell’ensemble non ci sono ottoni ma legni, sassofoni, clarinetti, fagotti, flauti, e poi violino, violoncello, fisarmonica, chitarre spagnoleggianti. Nel corso del concerto si ascoltano un sax soprano suonato alla maniera di Sidney Bechet, un sax tenore “con la sua parlata grassa” alla Ben Webster, un assolo di sax baritono suonato alla maniera di Harry Carney. E poi ci sono tante percussioni, dalla marimba ai bonghi al timpano che si susseguono come una sequenza di esotismi e creano atmosfere salgariane, quasi fossero souvenir di terre lontane. Lo spettacolo è in due parti (tra le due c’è un intervallo) ed è un crescendo di successi: Aguaplano, Sotto Le Stelle Del Jazz, Via con me, Alle Prese Con Una Verde Milonga, Come Di, Ratafià, Max, L’Uomo Camion, chiusura con una infuocata Diavolo Rosso per finire con Le chic et le charme. La ripresa, nel bis, di Via con Me, è una standing ovation.

Rosarita Crisafi