Umbria Jazz: 13 luglio 2023

Rosarita Crisafi ci racconta la giornata del 13 luglio, in un continuo su e giù per le scale mobili: dal trio Danilo Pérez-John Patitucci-Adam Cruz al Teatro Morlacchi fino a Ben Harper all'Arena Santa Giuliana, passando per i Ranky Tanky ai Giardini Carducci.

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L’Arena Santa Giuliana, palcoscenico principale di Umbria Jazz, è collegata al centro storico di Perugia da un percorso in saliscendi di scale mobili, efficace sistema di trasporto pubblico che funziona sin dagli anni Ottanta. Il meccanismo d’acciaio motorizzato di solito si incontra nei centri commerciali o negli accessi alle stazioni della metropolitana delle grandi città, qui compare come imprevisto elemento di modernità tra le antiche mura della città. Ormai nessuno ci fa più caso ma, se si presta attenzione, la sensazione è quella di una fusione a freddo. Ai lati del viale d’accesso all’Arena, sui lampioni della luce, sono appesi una serie di striscioni verticali alti un paio di metri accoppiati a due a due. Sono molto appariscenti, gialli e neri, i colori del brand Umbria Jazz, appesi in vista per mostrare a colpo d’occhio e in prospettiva i nomi degli artisti che quest’anno si esibiscono all’Arena. Anche qui gli accoppiamenti hanno tutta l’aria di una fusione a freddo. Sul primo lampione, Paolo Conte sta a fianco di Joe Bonamassa. L’accostamento del secondo fa ancora più impressione: Herbie Hancock assieme a Mika. E si potrebbe continuare.

La questione dei cartelloni promiscui dei festival jazz è cosa nota, anche se fa storcere il naso agli appassionati più inclini all’indignazione, soprattutto sui social. Ma la vitalità di un festival è cosa ben diversa. La bellezza di Umbria Jazz, che si rinnova ogni anno da mezzo secolo, è la possibilità di incontrare i grandi musicisti di jazz, di scoprirne di nuovi, di ascoltare musiche diverse, di uscire dalla propria bolla. Ma anche quella di far incontrare il jazz sulla propria strada, come un inciampo, a chi molto probabilmente non l’avrebbe mai ascoltato. In fondo, per tutti noi, l’inizio è stato così.

E poi, a Umbria Jazz, per i nerds del jazz ogni giorno c’è qualcosa di notevole. Ieri pomeriggio al Teatro Morlacchi è stato il turno di Danilo Pérez, John Patitucci e Adam Cruz, il classico piano trio in una delle sue più alte espressioni. Un trio di sommi leader in cui aleggia lo spirito di Wayne Shorter: Pérez e Patitucci hanno fatto a lungo parte del suo quartetto e proprio al grande sassofonista scomparso dedicano il concerto. Una performance magistrale, quasi astrale, caratterizzata da un suono unico e da una strabiliante vitalità. La disposizione dei tre musicisti sul palco è alla pari, in una linea orizzontale che congiunge gli sguardi dei tre, ognuno si inserisce nel flusso delle improvvisazioni, individuali o collettive, senza soluzione di continuità.

Difficile per il pubblico trovare spazio per gli applausi, molto graditi da Pérez al termine dei brani ma da cui è quasi infastidito se arrivano, nel flusso della musica, a mostrare l’apprezzamento di qualche assolo. Il pianista si indispettisce in particolare per l’utilizzo dei cellulari in sala e richiama un fotografo che, da un palco del teatro, deroga alla regola degli scatti solo durante il primo brano, tanto da essere sul punto di interrompere il concerto. Patitucci alterna basso elettrico e contrabbasso con pari virtuosismo e sensibilità, Cruz è il partner perfetto per dare le giuste dinamiche alla musica, astratta, fluttuante ma anche ricca di ostinati ritmici, su cui i tre costruiscono complesse architetture e sfumature dinamiche. Su tutto scorre una pulsante vitalità, dal flusso musicale emergono citazioni shorteriane più o meno riconoscibili, Footprints in particolare è nascosto da Pérez in quasi tutti i brani, ora al basso, ora alla melodia, ora tra le parti interne dell’armonia, ed è un gioco che il pianista ama fare per tutto il concerto, a cui Patitucci risponde da par suo cogliendo ogni stimolo.

In scaletta composizioni originali e standard, c’è un vecchio brano di Pérez, The Journey, Ultimate Realities in omaggio all’attivista Angela Davis, la delicata Beloved dedicata alla scrittrice premio Nobel Toni Morrison. I tre chiudono il concerto con Yes or No, omaggio diretto a Shorter “ma lui è qui, non lo sentite?” dice Pérez al pubblico mentre con la sinistra fa un cenno fluttuante verso il cielo e con la destra estrae da un synth suoni spaziali: “Certo, a lui piacerebbero”. Per il bis, acclamatissimo, Pérez chiede al pubblico di cantare qualche nota. Emergono alcuni intervalli musicali riconducibili a ‘Round Midnight, che prende corpo innestandosi ad altre melodie. Poi la musica sfuma, lasciando sensibili tracce di meraviglia.

All’Arena è il giorno di Ben Harper e i suoi Innocent Criminals. Il viavai dalle scale mobili del centro storico inizia a mostrare il cambio di pubblico. Le magliette delle diverse annate di Umbria Jazz qui sfoggiate dagli habitués, là dove chi ha la più antica è ammiratissimo (ne ho avvistata una del 1986), lasciano il posto a T-shirt più rockettare, da Springsteen a Bob Marley, ma ci sono anche camicie bianche e mocassini scamosciati che sarebbero perfetti a Saint Tropez o in Costa Smeralda. L’arena è gremita.

L’apertura, a sorpresa, è affidata ai bravissimi Ranky Tanky, protagonisti di diversi concerti gratuiti ai Giardini Carducci in questi giorni. Il quintetto, evoluzione di un classico quartetto jazz, è una recente formazione originaria di Charleston, nel South Carolina, e propone una rivisitazione contemporanea della musica delle comunità rurali Gullah, un mix tra soul, gospel, blues, jazz, folklore popolare. Il loro mini-set, quattro pezzi, è di grande impatto: formidabile la cantante Quiana Parler, che tiene alla grande il palcoscenico dell’Arena e di cui sentiremo parlare ancora.

Rosarita Crisafi