Torino Jazz Festival 2025 – Prima Parte

Ecco il resoconto della prima parte del Torino Jazz Festival 2025

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Stando così le cose, questo potrebbe essere il mio ultimo pezzo scritto qui. E non a causa di ristrutturazioni editoriali e nemmeno di personali paturnie periodiche… Finirà tutto perché sarete stanchi, il testo sarà lunghissimo e allora prendetevela con il Diretur del Torino Jazz Festival Stefano Zenni e con il suo ottimo staff… Ché troppe meraviglie in un tempo tanto breve, e alcune pure in contemporanea, mi hanno fatta posare di qua e di là simile a gentil farfalletta, correndo (rischiosamente) per cercare di gustarmi tutto,  e va bene essere spesso obliqua: ma ubiqua ancora non posso.

Però abbiate fiducia, e proseguite. Sceglierò una parola chiave per ciascun evento.

 

DETERMINAZIONE

Bonadè Uneven 5tet “Jazz Borders”, 16 aprile

Il musicista di jazz ha sempre una gran voglia di suonare. Sceglie i comprimari più adatti al proprio suono e inizia un’avventura coinvolgente. In quest’Anteprima del festival la Bocciofila Rami Secchi di Torino ha ospitato un concerto davvero concreto e intenso, nel quale Claudio Bonadé ai sax e clarinetto si è misurato – è davvero il caso di dirlo –  con Luca Begonia al trombone, Emanuele Francesconi alle tastiere, Gualtiero Marangoni al piano elettrico e Fabrizio Fiore alla batteria in occasione della registrazione del nuovo lavoro dopo il bel “Blowing against the Wind” del 2023. Tra citazioni (Salt Peanuts su tutte)  e divertissement vari, il risultato è di grande coesione, un buon tiro e molto funky. I solo di Begonia sono sempre pertinenti e volano sino a divenire inafferrabili: lui sostiene sia perché ‘tratta il suo trombone come un pianoforte’ e iniziando il proprio percorso  non avrebbe mai pensato a quello strumento, e invece… Insieme alla potenza della sezione ritmica, al sapiente apporto di Francesconi e al piglio determinatissimo del leader Bonadé, il concerto infiamma il pubblico e si dilata nel bis in un pezzo nutriente, intrigante e piacevolmente rischioso come “Il Dio Robot”.

MALINCONIA

Inaugurazione della mostra “Scatti d’Autore”. In ricordo di Luciano Viotto, 22 aprile

Chet Baker è in concerto a Torino nel 1988. Lo studioso di jazz Luciano Viotto cristallizza quel momento incantevole con una serie d’immagini che ci narrano del personaggio attraverso le sue espressioni e il suo viso scavato, più di mille biografie. Viotto se ne andrà il 12 marzo del 2024 e i suoi colleghi della Città Metropolitana di Torino (tra tutti Diego Lopomo e Carla Gatti) lo festeggiano in questa vigilia di festival insieme al sax di Gianni Denitto, alla vera tromba appartenuta a Chet e suonata da Felice Reggio e al Direttore Stefano Zenni, appena arrivato in città, che proprio in quest’occasione pronuncia il suo primo discorso da edizione 2025.

Un momento davvero speciale e spontaneo. Necessario, direi.

 

ENERGIA CREATIVA

Enzo Zirilli & Zirobop “60th Birthday and 10th Anniversary Tour”, 22 aprile

Uno dei batteristi italiani maggiormente carismatici ha festeggiato proprio in questi giorni il compleanno, donando a se stesso la possibilità di realizzare all’Off Topic di Torino – sempre all’interno dell’Anteprima – due set molto diversi tra loro, ma talmente corroboranti da desiderare che al posto delle sedie ci potesse invece essere uno spazio per muoversi a quel ritmo. Servirebbe ben altro spazio per parlare di questo gruppo prodigioso e rigoroso a un tempo, formatosi a Londra una decina di anni fa, però mi limito ad annoverare qui gli strumentisti di cui Zirilli si avvale per portare a compimento un’esecuzione di tale portata:  Rob Luft e il nostro Alessandro Chiappetta alle chitarre elettriche,  Misha Mullov-Abbado al contrabbasso.

Enzo Zirilli & Zirobop Foto Fiorenza Gherardi De Candei

POETICA

Fabio Giachino Trio feat. Abril Saurì & Manel Fortià “Tribe Tales”, 23 aprile

Iniziano i ‘veri’ giorni di festival, e con essi anche il respiro corto a correre da una parte all’altra della città pur di non perdersi momenti preziosi. Arrivata trafelatissima con Ventolin a seguito, per poter almeno godermi il finale di questo concerto di Fabio Giachino all’Educatorio della Provvidenza, ho stramaledetto la pioggia e il traffico dopo aver potuto assistere a soli due pezzi: ma così raffinati, graffianti e colti da avere voglia di infinito. “Few Wolds” e “Old Dances” misurano l’esatta portata della grandezza di questo pianista, che io seguo sin dagli esordi (ma di cui non riesco mai a non sbalordirmi), insieme agli iberici Manel Fortà al contrabbasso e la bravissima Abril Saurì a batteria e voce. Anche nelle parti più spinose e dissonanti, questo trio stempera le asperità con una splendida intesa, mentre il bis con una “Almeno tu nell’universo” davvero inaspettata ed emozionante ripaga della fatica per raggiungere il luogo del concerto.

 

RICONOSCIMENTO

Enrico Rava “Fearless Five”, 23 aprile

A Enrico Rava, torinese d’origine, la città attribuisce la targa Torri Palatine al fine di premiare una persona che ha contribuito a diffondere la cultura nel mondo. Il riconoscimento è sicuramente prestigioso e la consegna del premio segue un rituale istituzionale, ma l’unico vero sorriso aperto Rava lo riserva alla presentazione dei suoi sul palco. Matteo Paggi al trombone, Francesco Diodati alla chitarra, Francesco Ponticelli al contrabbasso ed Evita Polidoro alla batteria accendono il Teatro Colosseo eseguendo i pezzi contenuti nel lavoro che prende il nome del gruppo. Li avevo ascoltati recentemente all’Open Jazz Festival di Ivrea e, conquistata dai suoni, ne avevo già scritto qui: ma una fluidità d’intenti e un profondità così rimarchevole – anche accentuata dal muoversi sciolto di Rava sulla scena, e dai suoi momenti di ‘note non suonate’ – mi hanno davvero turbata.

Enrico Rava
Enrico Rava Foto Colibrì Vision
Enrico Rava
Enrico Rava & Fearless Five Foto Colibrì Vision

PANNONICA, MY DEAR

Proiezione del film-documentario “The Baroness” al Cinema Massimo, 24 aprile

“La favolosa storia di Pannonica, la mecenate del jazz”, conferenza di e con Luca Bragalini, 25 aprile

Chi scrive, lo sapete, si occupa della figura di Pannonica Rothschild De Koenigswarter da tempi non sospetti, almeno vent’anni… In quegli anni chiedere, anche a un musicista, se sapesse qualcosa su Pannonica significava al massimo ottenere come risposta: “Eh, è un tema di Monk!” Nulla più.

Poi nel 2024 è accaduto tutto e Pannonica si è tramutata in patrimonio comune: traduzione del libro della nipote Hannah Rothschild “The Baroness” per Neri Pozza, edizione sontuosissima di EDT del libro di Nica “I musicisti di jazz e i loro tre desideri” intorno ai tre desideri che lei chiedeva a ogni musicista che passasse da casa sua, corredato anche dalle Polaroid che lei aveva scattato a ognuno di loro. E poi il film del 2008, sempre di Hannah Rothschild, regista alla BBC, intitolato ancora “The Baroness” che, attraverso la voce di Helen Mirren e un montaggio sapientissimo, ci parla di lei e dei musicisti jazz che le gravitavano accanto. Al Cinema Massimo ho avuto l’onore di presentarlo, mentre il giorno dopo alle Gallerie d’Italia – nella location più suggestiva che un relatore possa immaginare – il bravissimo Luca Bragalini ci ha accompagnati nel mondo di Nica con perizia e grande potere affabulatorio. Una giornata che mi porterò nel cuore a lungo.

 

ESALTAZIONE

Calibro 35 “Exploitation”, 24 aprile

Nei giorni dopo il concerto ho girato a lungo completamente afona, pensando obiettivamente che la colpa non fosse del virus gigante che in capo a qualche giorno mi avrebbe costretta a fermarmi, ma di questo concerto al Teatro Colosseo, dove tutti noi in platea e in galleria urlavamo il nostro personale entusiasmo senza alcun ritegno. Anche in questo caso, non è davvero possibile poter operare in poche righe un’analisi accurata di questi suoni sghembi e meravigliosi: ma la commistione di atmosfere sonore e grafica perfetta restituita dallo schermo dietro ai musicisti io la sentivo complice, era mia e abitava completamente quel mio piccolo momento di vita. Raramente mi sono sentita così totalmente ‘dentro’ la musica, e il merito è stato di questi splendenti pazzoidi ”rapinatori nella banca del jazz”, come amano definirsi:  Enrico Gabrielli a voce, tastiere, fiati e percussioni; Massimo Martellotta a chitarra e sintetizzatore; Roberto Dragonetti al basso e Fabio Rondanini (dal timing perfetto) alla batteria.

Torino Jazz Festival Calibro 35
Calibro 35 Foto Colibrì Vision
Calibro 35
Calibro 35 Foto Colibrì Vision

 

SORPRESA

Eic Eden Invertec Collective di Zoe Pia “Atlantidei”

In un progetto originale creato per il festival, la sorprendente clarinettista Zoe Pia al Teatro Vittoria unisce il proprio talento a clarinetto e launeddas  con una cospicua – ma non aleatoria – parte elettronica e soprattutto insieme alle percussioni di tre giovani musicisti, in qualche caso provenienti dal mondo dell’orchestra classica: Nicola Ciccarelli, Paolo Nocentini e Mattia Pia. Il risultato è di assoluto impatto, anche visivo – bacinelle d’acqua a creare sonorità, un set di percussioni infinite che crea una non indifferente teatralità alla performance –;  l’esecuzione spinge le dinamiche ed è tutto giocato al confine e sullo stesso senso del confine. Zoe Pia intervalla i brani con grande sapienza discorsiva, introducendo i concetti del proprio lavoro, tra cui il mito di Atlantide, l’America e l’Africa con le sensazioni che si portano dietro, le Metamorfosi intese sia in accezione ovidiana che come momento di passaggio e di tonalità.

Zoe Pia
Zoe Pia Foto Colibrì Vision

INTROSPEZIONE

Vijay Iyer “Piano Solo”, 25 aprile

In una Sala del Conservatorio completamente sold out (come quasi tutti i concerti della rassegna) sembra che, per un momento, anche le personalità maggiormente coinvolte nonché i giornalisti e i fotografi più attivi dal mattino sprofondino nelle poltrone per godersi il concerto in modalità rilassata. Ma è solo un desiderio: perché è pur vero che il piano solo si concilia con un’attitudine meditativa, ma qui siamo in presenza di uno dei pianisti meno lineari e pacati che abbia mai ascoltato. Ogni passaggio sottolinea un’asperità, una variazione d’intensità, un qualunque meraviglioso accidente a scuotere un’apparente placidità. E se poi verso la fine – e senza microfono, ma perché?! – Vijay Iyer accennasse un discorso verso il pubblico, si avvertisse un impercettibile rimando all’ottantesimo anniversario della Liberazione e il tutto convergesse dopo un istante in una “El Pueblo” trascinante, che si tramutasse poi in un’Imagine suonata come fosse implosa, tra crescendo e dolcezza, così come il bis “Darn That Dream”… Ecco: quello sarebbe un istante perfetto, e usciremmo dal Conservatorio un po’ storditi e un po’ sospesi.

È andata esattamente così.

Torino Jazz Festival Vijay Iyer
Vijay Iyer Foto Colibrì Vision

 

PUNTE DI HABANERO IN SAINT HONORÉ

Enrico Pieranunzi Trio & Orchestra Filarmonica Italiana    “Blues and Bach” , 26 aprile

Alla fine di questo mio personale palinsesto, percepisco ancor più forte la mancanza di spazio. Perché questo straordinario concerto avrebbe bisogno di un esame attento che possa restituirne tutto il senso, anche nelle sue parti meno percettibili: perché io ho sempre un po’ timore degli accostamenti tra il jazz e gli archi, e qui il palco era veramente scisso tra un trio sfavillante e una magnifica formazione orchestrale. A volte, qualche sapore molto forte prevaleva su un’atmosfera da dessert, e ancora non riesco a comprendere se tutto questo fosse meraviglioso o dicotomico.

Tant’è, ma i musicisti erano tutti veramente ottimi, e quindi chi se ne importa: importa invece il collante delle molte, giuste parole del pianista Enrico Pieranunzi, che in trio con Luca Bulgarelli al contrabbasso e Mauro Beggio alla batteria hanno veramente trascinato il pubblico a chiedere ulteriori uscite dopo addirittura un bis, un ter e un quater… Qui si trattava di omaggiare il piano e le composizioni di John Lewis ricordando il Modern Jazz Quartet con la sua poetica evocativa. Bach c’entra eccome, come sappiamo, e permette al Direttore dell’Orchestra Filarmonica Michele Corcella di adattare i brani a una dimensione ‘oltre’ il periodo storico e il genere. Pezzi come i famosi “Django” o “Place Vendôme e “Milano” si uniscono a “Spanish Steps” (che parte struggente e si apre in un ritmo cristallino e pieno di luce), “Concorde” e soprattutto “Under the Jasmine Tree” dove qualche sonorità orientale si dissolve in un tessuto blues e, per una volta, anche il sussiegoso pubblico – che non osa nemmeno applaudire dopo l’ultimo chorus di un assolo – si lascia andare ed esplode in un fragore di mani.

Torino Jazz Festival Enrico Pieranunzi
Enrico Pieranunzi Foto Colibrì Vision
Enrico Pieranunzi
Enrico Pieranunzi Foto Colibrì Vision

A voi la seconda parte, magnificamente raccontata da Francesco Spezia.

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